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divieto bandiera pace: fax di PeaceLink Prefetto e Sindaco di Taranto



Al Prefetto di Taranto
e per conoscenza al Sindaco di Taranto


Egregio signor Prefetto di Taranto,
a Roma, mentre eravano in tre milioni alla manifestazione per la pace, si è 
subito diffusa una informazione che ci ha lasciati sbigottiti. Ci riferiamo 
alla diffida che Lei ha inviato affinché vengano rimosse le bandiere della 
pace dai municipi e dagli edifici pubblici che l'hanno esposta, minacciando 
sanzioni ai sensi degli articoli 292 (vilipendio della bandiera) e 329 
(rifiuto di obbedienza) del codice penale.

Sul piano strettamente legale vogliamo far presente che l'art. 12 del 
Decreto del Presidente della Repubblica n.121 del 7 aprile 2000, afferma 
che "l'esposizione delle bandiere all'esterno e all'interno delle sedi 
delle regioni e degli enti locali è oggetto dell'autonomia normativa e 
regolamentare delle rispettive amministrazioni". (1)

L'iniziativa del Governo e quindi della Prefettura di Taranto non è 
pertanto in applicazione del suddetto Decreto del Presidente della 
Repubblica ma è in applicazione di una direttiva della Presidenza del 
Consiglio pervenuta alle Prefetture in data 11 febbraio 2003. Pertanto Lei 
sta applicando una direttiva di questo governo e non il DPR 121/2000. In 
buona sostanza il governo si sente in obbligo di ubbidire a se stesso senza 
che vi sia una norma superiore che lo richiami a precisi obblighi.

In riferimento alla normativa vigente, Lei scrive che non possono essere 
esposti "simboli privati (es. insegne di partito, simboli di associazioni e 
organismi vari). L'esposizione sugli edifici pubblici di simboli privati di 
qualunque natura determina una violazione sanzionabile" ai sensi dei 
suddetti articoli del codice penale.

Le vogliamo far notare che anche attenendosi a questa direttiva del 
Governo, emanata una settimana fa, non ravvediamo reato alcuno nella 
esposizione della bandiera della pace.

Le facciamo esplicitamente presente che la bandiera della pace non è un 
simbolo privato e neppure un simbolo di associazioni o di coordinamenti di 
associazioni. Non è pertanto in alcun modo equiparabile ad un "simbolo 
privato". Il decreto a cui Lei fa riferimento fu emanato - di fronte ai 
rischi di secessione e di rottura dell'unità nazionale - per evitare che 
Bossi facesse sostituire la bandiera italiana con la bandiera padana dai 
municipi governati dalla Lega Nord.
E infatti l'articolo 12 del DPR 121/2000 richiama l'obbligo di esposizione 
e di priorità della bandiera nazionale: "In ogni caso la bandiera nazionale 
e quella europea sono esposte congiuntamente al vessillo o gonfalone 
proprio dell'ente ogni volta che è prescritta l'esposizione di 
quest'ultimo, osservata la prioritaria dignità della bandiera nazionale”.

In ogni caso - e qui emerge quanto non condividiamo dell'iniziativa 
governativa di cui Lei si fa attuatore - la bandiera della pace non è un 
vessillo di partito, di associazione o di ente. Occorre documentarsi in 
proposito altrimenti Lei corre il rischio di non conoscere la storia e la 
natura del vessillo oggetto della Sua diffida.

La bandiera della pace, la quale è dipinta con i colori dell'arcobaleno con 
riferimento alla Bibbia e specificamente a Noè, è universamente accettata 
come simbolo della riconciliazione dalle varie confessioni religiose. La 
parola "pace" inoltre non è sigla una "privata" di alcuno. La bandiera 
della pace fu "importata" nel nostro Paese dal filosofo italiano Aldo 
Capitini, il quale aveva contatti internazionali; oltre ad importare in 
Italia in pensiero di Gandhi, Capitini fece conoscere anche la bandiera 
della pace, particolarmente nota in Inghilterra.

La bandiera della pace non è la bandiera di alcuna associazione e non è 
tutelata da alcun copyright essendo un simbolo universale, patrimonio della 
cultura dell'intera umanità.
Questo differenzia completamente un simbolo di "pubblico dominio" ed 
universale da un "simbolo privato" (tutelato dalle leggi sulla proprietà 
privata del marchio) qual è ad esempio il simbolo di un partito, di 
un'associazione o di un ente, per rimanere alle definizioni di simbolo 
privato che Lei nella sua nota ufficiale cita.

La bandiera della pace, come ha giustamente rilevato il consigliere 
provinciale Alfendo Carducci - già sindaco di Taranto e provveditore agli 
Studi -  è un simbolo esplicitamente correlato all'articolo 1 dello Statuto 
Comunale che definisce Taranto città operatrice di pace.

La tesi che la bandiera della pace sia "simbolo privato" è smentita per di 
più dal fatto che essa è stata esposta non solo sui municipi governati dal 
centro-sinistra ma anche sui municipi di centrodestra, ad esempio quello 
della Regione Puglia e del Comune di Taranto. Ciò dimostra che la bandiera 
della pace è patrimonio universale e pubblico di una nazione che 
costituzionalmente "ripudia la guerra" (art.11 Costituzione).

La preghiamo di inviarci una specifica documentazione con cui Lei può 
legittimamente e oggettivamente dimostrare che la bandiera della pace è 
"simbolo privato" equiparabile a simbolo di partito o di associazione o ente.

Viceversa noi le possiamo dimostrare con un'infinita casistica di esempi 
che la bandiera della pace non è simbolo privato ma simbolo di "pubblico 
dominio", espressione di un'ideale fondante dell'interà comunità umana, la 
cui espressione attinge a valori condivisi dalla collettività nel suo 
insieme e quindi di inequivocabile universalità, prescindendo da ogni 
ideologia o faziosità.

Il Suo assillo circa la bandiera della pace - pur su impulso del Governo - 
ci sembra veramente esagerato.

Senza voler minimamente interferire o mancare di rispetto alla Sua carica, 
Le chiediamo che la Prefettura si adoperi - in questo momento di preguerra 
in cui si può verificare un aumento del transito di natanti a propulsione 
nucleare - per la piena attuazione della legge nel campo della pubblica 
incolumità.

Le chiediamo esplicitamente pertanto che Lei ci comunichi cosa la 
Prefettura di Taranto abbia fatto o stia facendo in merito all'attuazione 
del Decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (in Suppl. ordinario n. 74, 
alla Gazz. Uff. n. 136, del 13 giugno), in attuazione delle direttive
Euratom  80/836,  84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di 
radiazioni ionizzanti,  con particolare riferimento all'attuazione piena 
dell'articolo 129.
Tale norma - relativa all'informazione sul rischio nucleare - impone alla 
Prefettura un "obbligo di informazione" alle popolazioni "senza che le 
stesse ne debbano  fare richiesta. Le informazioni devono essere 
accessibili al pubblico,  sia  in condizioni normali, sia in fase di 
preallarme o di emergenza radiologica". In particolare non conosciamo come 
verrebbe somministrato - nell'arco dei trenta minuti in cui esso è efficace 
- l'apposito medicinale per proteggere la tiroide degli individui che 
dovessero entrare in contatto con lo Iodio 131 (radioattivo) in caso di 
incidente nucleare.

Per riassumere, Le chiediamo una risposta ufficiale e in termini rapidi:
1) sia sulla documentazione in suo possesso (asserita ma non dimostrata) 
circa la natura "privata" della bandiera della pace;
2) sia sulle misure di attuazione in particolare dell'articolo 129 del 
Decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 in ordine all'informazione sul 
rischio nucleare, nonché degli altri articoli del suddetto decreto in 
merito all'informazione alla popolazione la quale ha diritto di essere 
"regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria  ad essa 
applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché 
sul  comportamento  da adottare in caso di emergenza radiologica" (art.130).

Distinti saluti

Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink


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(1) Le iniziative per l'esposizione della bandiera della pace hanno sempre 
fatto riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica numero 121 (7 
Aprile 2000 - Regolamento recante disciplina dell'uso delle bandiere della 
Repubblica italiana e dell'Unione europea da parte delle amministrazioni 
dello Stato e degli enti pubblici) che all’articolo 12 recita: 
“L'esposizione delle bandiere all'esterno e all'interno delle sedi delle 
regioni e degli enti locali è oggetto dell'autonomia normativa e 
regolamentare delle rispettive amministrazioni. In ogni caso la bandiera 
nazionale e quella europea sono esposte congiuntamente al vessillo o 
gonfalone proprio dell'ente ogni volta che è prescritta l'esposizione di 
quest'ultimo, osservata la prioritaria dignità della bandiera nazionale”.
Riferendoci alle indicazioni provenienti dalla Presidenza del Consiglio dei 
Ministri, secondo la quale “Non possono essere esposte bandiere straniere 
(esposte esclusivamente in occasioni di incontri internazionali) e neppure 
simboli privati (es. insegne di partito, simboli di associazioni ed 
organismi vari)”, sottolineiamo che l'iniziativa del Governo entra in 
contrasto con quanto emerge dal testo del D.P.R. 121 del 7 Aprile 2000.