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Contro la guerra. Intervento di Bertinotti alla Camera



da www.prcpalata.org



Il nostro no alla guerra è senza se e senza ma. Il discorso in aula del
segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti.

Signori Presidenti, deputate e deputati, mi rivolgo ad ognuno di loro
perché penso che il fatto che questa seduta non si concluda con un voto
costituisca una menomazione della sovranità del Parlamento, un Parlamento
oggi ammutolito di fronte al rischio grave del precipitare della guerra.
Resta nel paese un vuoto cupo, inammissibile, secondo noi, colpevole. Forse
questa stessa aula risente di questa lesione.
La maggioranza porta una responsabilità grave di questa manomissione, ma
vorrei dire agli esponenti del centrosinistra, che spesso hanno
sottolineato l'esigenza di una maggiore autorevolezza del Parlamento contro
un arbitrario primato dell'esecutivo, che per nascondere le proprie
divisioni interne non vale la pena pregiudicare le prerogative del
Parlamento.

Tace il Parlamento, parla il Governo. E il Governo stesso sa che non
rappresenta l'opinione prevalente nel paese, un paese avverso alla guerra,
come l'Europa è avversa alla guerra. Basterebbe contro questa guerra una
ragione etica.

E' stato detto autorevolmente, nei giorni scorsi, che la sola guerra
ammissibile nel mondo di oggi è quella alla fame. Luis Ignacio da Silva, il
popolare Lula, che guida il Brasile ha detto, a Porto Alegre come a Davos:
verrà il giorno in cui tutti avranno un piatto in cui cibarsi ogni giorno.
Vi chiedo: di quanti giorni, di quanti mesi, di quanti anni si allungherà
l'attesa di questo giorno attraverso l'avventura della guerra?


***

Il Pontefice, citando un profeta come Geremia, ha parlato di un Dio che si
ritrae nei cieli, come spaventato da questo mondo. Noi laici saremmo
ugualmente disperati se non sapessimo guardare al popolo di porto Alegre,
portatore oggi di un'altra ragione etica, la ragione etica che basterebbe a
dire di no alla guerra. Ma le ragioni politiche sono pesanti come macigni.
Il re - bisognerebbe dire l'imperatore - è nudo. E il suo discorso, signor
Presidente del Consiglio, non è riuscito a nasconderlo.

Gli Usa hanno usato sostanzialmente per questa guerra due argomenti già
falsificati dalla realtà. Non c'è nulla che leghi l'Iraq in maniera provata
al terrorismo, come ha riconosciuto l'intelligence del principale alleato
degli Stati Uniti d'America e sul piano delle armi micidiali le
argomentazioni nordamericane sfiorano, anzi precipitano nel grottesco. Non
si sa dove si trovino queste armi, l'unica cosa che si sa, signor
Presidente del Consiglio, è da dove vengono: vengono dal Governo di Reagan
e poi da quello di Bush padre, che negli anni ottanta hanno alimentato
l'Iraq con i materiali per le armi batteriologiche e chimiche, compresa
quell'antrace che arriva all'Iraq direttamente dal Pentagono degli Stati
Uniti d'America.

Oggi Colin Powell dice una cosa su cui dovreste riflettere. Dice che è
difficilmente comprensibile, per le persone normali, capire le ragioni per
cui si può accedere a questa guerra. Signori del Governo, la democrazia è
l'esercizio delle persone normali. Se le persone normali non possono capire
le ragioni della guerra, la democrazia chiederebbe che non venisse fatta.
In realtà, questa guerra gli Stati Uniti d'America l'avevano decisa da
tempo, per ragioni inconfessabili: per le ragioni del controllo di una
risorsa come il petrolio; di più, per il controllo di un'area
geopoliticamente strategica come il Medio Oriente; in realtà, ancora più
profondamente, per un potere imperiale che, in un mondo caratterizzato
dall'ingiustizia e dall'instabilità, da una globalizzazione che non produce
sviluppo, ma crisi, chiede, per impedire il cambiamento, una guerra
imperiale. La strategia della guerra preventiva ne esprime la ratio, ma
dovete pur riconoscere che quella strategia è incompatibile con la carta
dell'Onu, come è incompatibile con l'articolo 11 della Costituzione
italiana. In realtà, voi chiedete il ricorso all'Onu. Ma attenzione: il
Consiglio di sicurezza non ha come materia disponibile la strategia della
guerra preventiva, perché questa è incompatibile con la sua carta.


***

Se il Consiglio di sicurezza dell'Onu desse via libera a questa guerra, la
guerra, per ciò stesso, non diventerebbe più accettabile: sarebbe l'Onu che
diventerebbe più lontana dai popoli, dai bisogni di questo mondo, e
diventerebbe, sostanzialmente, prigioniera della potenza nordamericana e
screditata.

Il no alla guerra è necessario per ricostruire un nuovo ordine mondiale,
per combattere un sistema che è un sistema di guerra; per guadagnare
quell'altro mondo possibile nel quale c'è bisogno non di un pacifismo
assoluto, ma di un pacifismo relativo, quello attinente al nostro tempo.

E se non bastano le ragioni etiche e quelle politiche, allora - lo dico a
voi, che tante volte avete usato questo argomento -, c'è il tema della
sicurezza. Avete spesso usato questo argomento per una costruzione di legge
e di ordine, per negare e limitare dei diritti, ed oggi sembrate non vedere
cosa mette a rischio questa guerra. Non c'è nel mondo un conflitto di
civiltà, ma questa guerra può costringere il mondo nella strettoia di un
conflitto che può diventare di civiltà. Il terrorismo è nemico
dell'umanità, ma voi, con questa guerra, invece che contrastarlo e
combatterlo, lo alimentate. L'esperienza dell'Afghanistan è lì a dirvelo:
Bin Laden e i terroristi non sono stati colpiti, e quel paese è stato in
realtà devastato. E persino le parole che, sembravano generose, del
Presidente Consiglio, che diceva: sì, c'è questa guerra in Afghanistan, ma
almeno compensiamola (se si può dire così) con la soluzione della questione
palestinese, è di fronte ad uno scacco: la questione palestinese è
risultata aggravata, non risolta, e neppure sulla via di una soluzione.

La guerra genera guerra, la guerra chiama il terrorismo, la guerra ed il
terrorismo diventano le coppie che guardano a un mondo impossibile: questo
sì, può costruire una vera e propria crisi di civiltà. Ed è per questo che
noi diciamo con fermezza, pur consapevoli delle nostre modeste forze, ma
consapevoli anche che queste nostre modeste forze stanno dentro un grande
movimento: né un uomo, né un soldo per questa guerra; né un uomo, né una
parte di questo nostro paese, né di terra, né di mare, né di cielo.
Dobbiamo essere indisponibili a quella che è solo un'avventura di guerra
infinita e indefinita.

Voi oggi ci impedite il voto come elemento di trasparenza democratica, in
cui, di fronte ad una prospettiva di guerra, ognuno si assuma fino in fondo
le sue responsabilità nell'unica forma decente e rigorosa, quella
evangelica del «sia il tutto sì sì, il tuo no no»: non ci sono terze vie
sulla guerra. Noi pronunciamo il nostro no di oggi e di domani, un no
incondizionato: non aspettiamo il Consiglio di sicurezza dell'Onu, e
temiamo la scivolata ulteriore di un organismo internazionale già purtroppo
fagocitato dalle forze dell'impero.

Non in nostro nome, anche se non c'è il voto, si potrà portare l'Italia in
questa guerra, e vorrei che voi avvertiste che la disobbedienza a questa
guerra è l'unico linguaggio che noi possiamo opporvi in nome di un'altra
civiltà. Questo linguaggio animerà questa Europa: il 15 febbraio, in tutte
le capitali europee, il popolo della pace farà sentire la sua voce. E
questo Parlamento muto sarà ancora più cupo di fronte a quelle voci, che
interpreteranno anche la politica ammutolita, contro chi oggi tradisce la
vocazione dell'Europa della pace, e persino di un voto del Parlamento
europeo, e contro chi vuole oggi, in nome di una subalternità agli Usa,
precipitare in una avventura pericolosa. E diversamente anche da chi
capisce, ma non ha la forza per opporsi, il nostro è un no resoluto,
irrevocabile ed incondizionato a questa guerra.