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11 settembre
La mattina dopo in metropolitana c'era un insolito silenzio. Anche gli
angeli custodi tacevano. E ci fu del panico negli occhi di tanti quando il
vagone si fermò per una ventina di secondi in galleria. Per la prima volta
anche la nostra generazione, risparmiata dalla morte che nei decenni
scorsi ha mietuto così allegramente in mille luoghi lontani, aveva paura.
Dopo l'11 settembre siamo tutti sotto tiro. Ormai può succedere pure a noi
di andare al lavoro, di alzare gli occhi dalla scrivania e morire con la
visione impressa nella retina del muso di un Boeing 767 che entra sparato
dalla finestra.
Nel corso di quest'anno, anche se in apparenza ci siamo lavati i capelli,
mangiato i cioccolatini, tifato la squadra del cuore come se le cose
girassero per il solito verso, nel nostro profondo è aumentato il disagio
nei confronti del mondo. Abbiamo provato più forte il desiderio di
nasconderci, di mettere la testa sotto le coperte. Sono rifioriti i sogni
dell'isola remota in cui rifugiarsi dalle grinfie della storia, dell'arca
di Noé in cui salvarsi dal diluvio.
Ma è inutile sospirare, un altro mondo non c'è. Quest'unico che abbiamo a
disposizione rimane pur sempre la nostra casa. E ora, caduto insieme alle
due torri l'invisibile burqua culturale che avevamo calato sugli occhi e
che ci impediva di vedere cosa stesse realmente succedendo, diventa almeno
più nitida la direzione da prendere. Non più solo il bene della famiglia,
del partito, del clan, della tribù, della razza, dell'etnia, della
nazione, della chiesa, ma il bene dell'umanità intera: questa è la pace.
Giovanni Colombo
Presidente nazionale della Rosa Bianca
Consigliere comunale di Milano - indipendente Ds