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Fw: L'APPELLO DEL FRATE DALLA CHIESA ASSEDIATA




PREGATE CON NOI
PER LA PACE E LA GIUSTIZIA


Vorrei ragionare un po' con voi, anche se trasmetto queste righe al giornale
mentre fuori sento le raffiche e poco fa hanno anche lanciato una granata,
da qualche parte qui vicino. Non tutti sanno come è fatta la basilica della
Natività. All'esterno la chiesa ha l'aspetto di una fortezza e sulla
facciata c'è un'unica, minuscola porta.

Molti si stupiscono di questo quando arrivano sulla piazza della Mangiatoia.
Si aspettano grandi colonne, rosoni, portali imponenti. Invece no. Per
entrare, i più alti devono perfino abbassarsi. Sapete perché? L'ingresso
venne rimpicciolito nel corso dei secoli per impedire l'entrata di soldati a
cavallo, e anche le finestre della facciata furono murate.

Non è mai stato facile vivere a Betlemme per i cristiani e neppure per i
frati francescani. Molti, da che abbiamo in custodia i luoghi della Terra
Santa, cioè dal 1342, sono stati uccisi. Da sei giorni viviamo chiusi dentro
il convento e nella chiesa, che è considerata una delle più antiche
dell'umanità. Si parla di essa 135 anni dopo Cristo, perché l'imperatore
romano Adriano a quell'epoca si preoccupò di cancellare le tracce di un
luogo di culto dove si riunivano a pregare genti di una nuova religione.
Così abbiamo trovato scritto.

Nei secoli successivi questa chiesa ha resistito per ben quattro volte alla
distruzione: nel 614 all'esercito persiano di Cosroe, nel 638 agli arabi,
nel 1099 quando fu salvata da Tancredi, nel 1187 quando Betlemme fu presa da
Saladino. Penso a queste date, che noi ricordiamo come altrettanti miracoli,
e spero che accada per la quinta volta.

Ci sono 240 persone qui, adesso. Alcune sono entrate armate, altre si sono
rifugiate come hanno fatto i giornalisti italiani. Io non voglio fare
differenze: ci sono bambini e anziani. Ci sono militanti di Hamas,
poliziotti palestinesi regolari, funzionari politici dell'amministrazione di
Betlemme. Tutti uomini, nessuna donna. Il più giovane ha 15 anni.

Per noi frati sono solo creature di Dio, tutti, senza distinzioni, e la
giustizia di Dio chiede che a tutti sia salva la vita. Nessuno ci tiene in
ostaggio, perché noi siamo a casa nostra, e la propria casa non si
abbandona.

Oggi, per la prima volta nella storia, nessuno ha celebrato la messa nella
basilica della Natività. I nostri ospiti da sei giorni vivono qui da noi,
nella vicina chiesa di Santa Caterina e nel nostro convento. Molte porte
sono sfondate, tutte le finestre sono a pezzi.

Ci sono cecchini israeliani che tirano attraverso le finestre. Nessuno
tuttavia è mai sceso né nella Grotta della Natività, né nelle Grotte di San
Gerolamo. Lì sotto, nella Grotta della Natività, da giorni noi frati e le
suore ci alterniamo a pregare con il rosario. Abbiamo cucinato tutto il cibo
che avevamo, stamattina hanno interrotto l'erogazione dell'acqua e l'energia
elettrica va e viene.

Ma siamo riusciti ad ascoltare la parola del Papa da Roma all'Angelus e ho
dato ordine a quell'ora di suonare con tutte le forze le campane della
chiesa. Da sei giorni quella delle campane è stata l'unica voce che si è
sentita a Betlemme, oltre a quella degli spari.

La nostra chiesa non è la più bella del mondo, altre lo sono. Ma credo di
poter dire che è la più importante. Da qui non ho altre richieste da fare,
se non quella, a tutti voi, di pregare ogni giorno un poco, qualche minuto,
per la Terra Santa, per la giustizia, per la verità, per la pace per tutti i
popoli che qui vi abitano. Grazie. E pace e bene a tutti.

Basilica della Natività
Domenica 7 aprile, ore 21.30



padre Ibrahim Faltas