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Credenti "scandalizzati dal silenzio dei Vescovi" sui problemidella pace e delle ingiustizie: lettera aperta alla Cei dei partecipantialla Via Crucis Pordenone-Aviano



"Invio con preghiera di pubblicazione il testo sottoscritto dai quasi mille
partecipanti alla Via-Crucis per la pace Pordenone-Aviano, tenutasi
domenica 17 marzo.
Resto a disposizione per ogni informazione in merito.


Mariagrazia Bonollo - ufficio stampa Beati i Costruttori di Pace
via Barbieri 55 - 36100 Vicenza
0444/508288
348/2202662


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Al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
S. Em. Card. Camillo Ruini

E p.c. Mons. Giancarlo Bregantini
          Vescovi del Triveneto

LETTERA APERTA ALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Sono desolato di dovermi ricordare e ricordare a ciascuno di voi che, con
la croce, Gesù fa riferimento al mezzo con cui l'Impero romano condannava
coloro che considerava rivoluzionari. Il primo appello di Gesù nel Vangelo
è quello dell'amore di Dio e del prossimo. Ma quando chiarisce questo
comandamento richiamandosi specificamente alla croce, ho paura di
preferire, come la maggior parte di voi, di pensare in termini astratti e
non nel contesto storico in cui il Cristo è vissuto ed è morto. Il
riferimento di Gesù alla croce era un appello ad amare Dio e il prossimo in
un modo così diretto che le autorità potevano vederlo solo come sovversivo
e rivoluzionario. "Prendere la propria croce", "perdere la propria vita",
significa essere pronti a morire nelle mani dell'autorità politica per la
verità del Vangelo, per quell'amore di Dio in cui noi siamo uno.


Cari fratelli Vescovi,
Queste parole, pronunciate dal vostro confratello Raymond Hunthousen e
risuonate ancora nel 1981 nelle comunità ecclesiali della diocesi di
Seattle, mantengono per noi intatta la forza della profezia e il richiamo
alla concretezza storica della nostra responsabilità, proprio in rapporto a
Cristo e Cristo crocifisso.

Siamo al termine anche quest'anno di un'esperienza che con il percorso
della Via Crucis abbiamo vissuto, non ripetuto.
E siamo qui davanti a questa base militare di Aviano non solo a riflettere,
ma anche a impegnarci. Sentiamo forte in noi lo stridore nei fatti tra il
progetto del Signore - che si ostina a sollecitarci a costruire la grande
famiglia umana con il dialogo, affrontando i conflitti con la nonviolenza
attiva, proponendo la felicità come stile di vita e realizzando la
giustizia con il perdono e la piena solidarietà - e la realtà che questa
base rappresenta. Non stiamo riferendoci solo agli strumenti di terrore e
di morte presenti in questa base, che anche logisticamente continua ad
allargarsi invece che diminuire, ma anche agli eventi collegati ad essa.
Il Crocifisso ci richiama a un amore senza limiti e senza confini e per
questo ci aiuta a fare verità.
Saremmo tentati di chiedere con forza, maggiore coerenza e trasparenza ai
responsabili politici e di rivolgerci a voi con maggiore attenzione e
delicatezza. Ma sono proprio questo atteggiamento e questo linguaggio
diplomatico che inquinano i rapporti nella Chiesa (ci sono tanti mugugni e
mormorazioni alla base) e impediscono una vera comunione.

Altre volte ci siamo rivolti a voi con grande fiducia e confidenza perché
sui grandi problemi della pace aveste da illuminare e incoraggiare tutta la
comunità ecclesiale, ma ancora non abbiamo ricevuto risposta.
In questo momento abbiamo molti motivi in più per riproporre la richiesta,
sempre con grande fiducia e attesa, grande amore per le vostre persone e
per le comunità cristiane, ma proprio per questo con grande sincerità.
Siamo disposti anche ad accogliere ogni vostro richiamo, anche disciplinare
se necessario, ma dopo una verifica se quanto esprimiamo costituisca vero
problema per tutta la Chiesa.
Stiamo avvertendo che il fermento che sta scuotendo l'intera società
riguarda pure la Chiesa e le modalità con cui si pone anche come struttura.
Qualcuno all'interno della Chiesa ha perso la fiducia in voi e preferisce
parlare della "politica" della Conferenza Episcopale. Noi non rinunciamo ad
essere "in comunione" con voi.
Non facciamo problema di singoli vescovi (anche se a volte alcuni, che
fanno opinione pubblica, mettono in difficoltà e portano divisione nelle
comunità ecclesiali), ma proprio di collegialità.
Con sincerità dobbiamo dirvi che siamo scandalizzati dal vostro silenzio
sui problemi che oggi sono alla base delle ingiustizie e delle sofferenze
della maggior parte dell'umanità.

In particolare dopo l'11 settembre 2001:
- abbiamo sofferto l'isolamento in cui è stato messo il Papa nelle sue
parole e nei suoi gesti;
- non abbiamo trovato nelle parole e nelle indicazioni autorevoli di alcuni
di voi il riferimento alla fede nel Crocifisso, né abbiamo sentito
pronunciare le parole "riconciliazione" e "perdono";
- ora, dopo che altre migliaia di persone innocenti, con il pretesto della
giustizia internazionale, sono state soppresse in Afghanistan con la
guerra, non sentiamo la stessa denuncia, né la stessa sofferenza e
solidarietà come per le vittime delle due torri;
- in questi mesi abbiamo assistito a un massiccio attacco e allo
smantellamento delle istituzioni sia internazionali che nazionali in favore
dell'arbitrio e della prepotenza dei più forti con la creazione di vere e
proprie mostruosità giuridiche (tribunale militare statunitense); sono
sempre più minacciati i diritti dei più deboli;
- per affrontare il terrorismo internazionale l'unico mezzo usato fino ad
oggi è stata la guerra, che tende a perpetuarsi, sempre a discrezione di
chi la decide, senza alcun rapporto né con la giustizia né con il diritto
internazionale;
- è di questi giorni la scoperta che l'uso dell'atomica sarà all'occorrenza
anche di "primo colpo" e che la ricerca di nuovi sistemi della cosiddetta
"sicurezza totale" prevede l'uso del nucleare, in dispregio a convenzioni e
trattati già sottoscritti e ritenuti patrimonio acquisito dell'umanità
- le innumerevoli vittime dell'umanità più povera non esistono; per loro
nemmeno un cenno di cronaca.

Come tante altre persone, anche non credenti, preoccupate delle conseguenze
politiche, sociali e culturali dell'uso istituzionalizzato della violenza,
noi desideriamo che emerga lo specifico cristiano come seme e lievito di
una storia fondata sulla fede nel Risorto, che ha posto la pace a
fondamento della nuova comunità dei discepoli. Siamo convinti, come
cristiani, di avere molto da condividere con quanti cercano sinceramente la
pace con la nonviolenza, il dialogo, la fraternità e il perdono.
Per questo sentiamo che il nostro silenzio come Chiesa in questo momento
"cruciale" oscura la Croce di Cristo e chiediamo anche a voi:
- di aiutarci ad approfondire la centralità della pace, anche nella
concretezza storica della traduzione pastorale. Come strumento specifico vi
chiediamo di rimettere in onore e rendere operativa, sia a livello
nazionale che locale, la commissione "Giustizia e Pace";
- di darci orientamenti e pronunciamenti di magistero sulle scelte che
riguardano le sfide più grandi umanità, che aiutino a mettere a fuoco
obiettivi e percorsi contro le strutture di morte, per un'economia a
servizio dell'uomo, per la salvaguardia del creato, per il rispetto dei
diritti umani; scelte che impegnino le comunità e non soltanto i singoli,
senza accettare una relativizzazione tale che permetta anche nella Chiesa
di scegliere tutto e il contrario di tutto, con grande confusione e
delusione specialmente da parte dei più giovani. Anche a Voi chiediamo di
prendere posizione con coraggio nei confronti del potere costituito con
scelte concrete, anche a costo di entrare con esso in conflitto, come di
fatto è successo a Gesù.

I partecipanti alla Via Crucis Pordenone - Base USAF Aviano
17 marzo 2002

Promossa da: Beati i Costruttori di Pace del Friuli e Nazionale, Centro di
Accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano, Pax Christi Italia, Giovani delle
ACLI Nazionali e Regionali.

Aviano, 17 marzo 2002









Segreteria: c/o Associazione Nazionale Beati i Costruttori di Pace
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