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interpellanza e int. in aula di E. Deiana



Legislatura: XIV Ramo: Camera Tipo Atto: INTERPELLANZA Numero atto: 2/00172
Data presentazione: 10-12-2001
Presentatore: DEIANA Elettra	RIF.COMUMINSTA
Cofirmatari:
MANTOVANI Ramon RIF. COMUNISTA - GIORDANO Francesco RIF.COMUNISTA
Destinatari MINISTERO DELLA DIFESA
INTERPELLANZA URGENTE A RISPOSTA ORALE
Premesso che:

*	dalle dichiarazioni rese dal Ministro è noto che i contingenti italiani
impiegati nella guerra contro l'Afghanistan risultano essere sotto la
direzione del comando degli Stati Uniti d'America;
*	il nostro Paese ha sottoscritto tutti i trattati internazionali
riguardanti il diritto internazionale umanitario;
*	la più completa raccolta delle norme che governano la condotta delle
ostilità nei conflitti armati internazionali è contenuta nel Primo
Protocollo Addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1949 relativo alla
protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali;
*	questo protocollo, adottato nel 1997, è stato ratificato da oltre 150
Stati, compresa l'Italia, ma non è stato sottoscritto dagli Stati Uniti,
Francia e Turchia;
*	il Protocollo tra l'altro prevede la proibizione di attacchi diretti
contro i civili e di attacchi indiscriminati e misure per la protezione
della popolazione civile, dei beni di carattere civile, gli attacchi
mediante bombardamento che trattino come obiettivo miliare una zona ad alta
concentrazione di civili e di beni di carattere civile;
*	sono considerati crimini di guerra le violazioni a detto protocollo
quando
esse sono commesse volontariamente o causano morti o feriti gravi (art. 85);
*
*	Per sapere:
*
*	-    quale sarà il comportamento del contingente militare italiano
in caso
di disposizioni che violino i  trattati internazionali sottoscritti, come è
avvenuto a Mazar-i-Sharif;
*	se non ritenga necessario impartire precise disposizioni al nostro
contingente affinché questo non sia coinvolto in azioni di guerra che
prevedano la violazione dei trattati e convenzioni sottoscritti dall'Italia.


Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 72 di lunedì 10 dicembre 2001
Disegni di legge: Legge finanziaria 2002 (approvato dal Senato) (A.C. 1984);
Bilancio di previsione dello Stato per il 2002 e bilancio pluriennale
2002-2004 (approvato dal Senato) (A.C. 1985); Note di variazioni (A.C.
1985-bis e 1985-ter)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signori rappresentanti del Governo, la vostra finanziaria fa
il paio degnamente con le micidiali scelte antisociali, antidemocratiche e
anticivili che la vostra maggioranza parlamentare ha adottato in questi mesi
e con i collegati alla finanziaria già pronti, come quello sull'articolo 18
dello Statuto dei lavoratori, relativo alla giusta causa nei licenziamenti.
Si tratta di un articolo che intendete togliere di mezzo, in quanto fa da
residuo ingombro allo strapotere dell'impresa.
La vostra finanziaria fa il paio, degnamente, con gli altri collegati da voi
annunciati sullo stato sociale e sulla riforma fiscale, con i quali volete
definitivamente ridurre il problema del welfare ad una dimensione puramente
caritatevole, enfatizzando, conseguentemente, il ruolo sussidiario, privato
e domestico della famiglia nell'assicurare cura e servizi alla persona: gli
esiti saranno pesantissimi per la parte femminile della società. Tuttavia,
nella vostra cultura, famiglia e donna sono la stessa cosa ed è per voi del
tutto naturale che le donne si occupino della famiglia e dei compiti
domestici. Pertanto, è prevedibile che la parte femminile della società, che
ancora subisce il peso e le discriminazioni del doppio lavoro, sempre più lo
subirà, nell'assenza di un sistema di Stato sociale degno di questo nome e
nella dismissione di tutto ciò che è dello Stato e dell'apparato pubblico.
Il nostro dissenso, per tutti questi motivi, non potrebbe essere più netto e
radicale. Ma non è soltanto su questi aspetti, per noi pure così importanti,
che vogliamo concentrare la nostra critica e la nostra opposizione in
Parlamento e nel paese. Vogliamo dire, innanzitutto, che la vostra è proprio
una finanziaria di guerra: e non parlo soltanto di guerra fredda, ma di
guerra vera, come hanno detto innumerevoli voci di pacifisti, di donne e di
uomini che in questi mesi di guerra hanno speso una parte del loro tempo a
suscitare clamori di popolo ed azioni di pace contro i bombardamenti e
contro l'inaudita violenza militare che gli Stati Uniti ed i loro alleati -
e il nostro paese, purtroppo, è tra questi - hanno scatenato contro
l'Afghanistan.
La vostra è una finanziaria di guerra non soltanto perché prevede un
incremento delle spese militari - e trattandosi di uno dei pochi incrementi
di spesa, ciò rappresenta un indicatore estremamente importante della logica
che sottende le vostre scelte -, ma anche perché è segnata da un contesto di
legittimazione della guerra, da una dinamica, prodotta ad arte, di
assuefazione alla guerra. La vostra finanziaria, perciò, fa il paio con la
sciagurata adesione alla guerra, approvata da questo Parlamento l'8
novembre; fa il paio con il finanziamento della missione bellica in
Afghanistan e con l'avventura della squadra navale italiana spedita a
partecipare alle operazioni di guerra contro il terrorismo o contro il
regime dei taliban o contro gli amici sostenitori di Osama Bin Laden in giro
per il mondo: scegliete un po' voi. Oltretutto, la squadra navale italiana è
stata inopinatamente trasferita sotto il comando americano. Lo ripeto: sotto
il comando americano. C'è da restare interdetti per il risvolto preso dalla
vicenda militare e per l'improvvisa dismissione di sovranità nazionale da
parte del nostro paese: ciò sarebbe grottesco, se già non fosse tragico,
perché così intrinsecamente connesso alla guerra. Siamo in attesa di sapere
come stiano effettivamente le cose. Siamo in attesa di sapere come e perché
le navi siano passate sotto il comando americano: si tratta di una
portaerei, di una nave appoggio e di due fregate, il fior fiore della flotta
militare italiana. E ci chiediamo per quanto tempo ciò debba avvenire, con
quali regole, a quali condizioni e con quali spese aggiuntive per il
bilancio del nostro paese.
Stiamo perseguendo un Risiko made in USA a mappa variabile che individua il
nemico, di volta in volta, secondo il calcolo del comando strategico del
Pentagono e che, dopo l'Afghanistan, punta le armi contro un paese
dissanguato come la Somalia e contro un paese massacrato da dieci anni di
embargo come l'Iraq. Ci chiediamo quali altre spese aggiuntive tutto questo
comporterà. Oltretutto, le spese militari sicuramente sono già superiori
rispetto a quanto risulta dai dati ufficiali della manovra finanziaria: una
volta di più, sono escluse numerose voci, come le missioni militari
all'estero che, soltanto in minima parte, sono previste a carico del
bilancio del Ministero della difesa e che vengono finanziate con leggi
speciali o con fondi tratti da altri ministeri. E ancora, sappiamo che il
bilancio del Ministero della difesa non include neanche tutti i costi
sostenuti per l'acquisto di armamenti che, spesso, sono finanziati
attraverso il bilancio del Ministero dell'industria.
La fluidità degli obiettivi che sono in gioco in questa guerra non è senza
ragione. Essa permette di mantenere in vigore quella logica di guerra
costituente che si è affermata nel mondo dopo la guerra nei Balcani, che
continua a riscrivere le Costituzioni europee, a modificare in itinere il
diritto internazionale, a partire dai superiori interessi strategici degli
Stati Uniti, e può convertirsi in ogni momento nell'arbitrio di una nuova
guerra contro il paese che gli Stati Uniti decidano di colpire. La vostra
finanziaria di guerra è perciò rivelatrice di una più generale idea della
società e del mondo contro cui noi ci opponiamo e ci opporremo strenuamente.
Essa ci parla di quella catastrofe dell'intelligenza sociale e del
linguaggio del diritto internazionale, che rendono oggi possibile accettare
in questo Parlamento l'idea che le controversie internazionali possono
essere risolte con le cannoniere, i diritti umani difesi con i
bombardamenti, il terrorismo snidato con la guerra globale: enduring
freedom, ovvero guerra infinita come Bush ogni giorno ripete; la libertà e
la guerra sono ormai la stessa cosa.
Dunque, come si fa a parlare di spese per la difesa? Comincia anche da qui
quella catastrofe del linguaggio che legittima la guerra. Difesa è una
parola nobile, iscritta in una grande Costituzione democratica, come quella
italiana del 1948, che quando parlava di difesa intendeva proprio questo e
non invece invasioni di campo, protettorato o guerra contro altri paesi,
come fate voi quando parlate di nuovo concetto di difesa e invece dovreste
avere il coraggio di dire «rinnovata idea della guerra». Ma non siete
soltanto voi, signori della maggioranza, responsabili della guerra. Il voto
è stato quasi unanime, lo sappiamo bene, ma alla pattuglia di parlamentari
del «no» alla guerra fa riscontro una grande parte dell'opinione pubblica
del nostro paese contraria o fortemente dubbiosa sulla validità della scelta
bellica per gli obiettivi che si dice di voler perseguire, cioè la lotta al
terrorismo.
Allora, la critica alla finanziaria è anche l'occasione che vogliamo
cogliere per un richiamo all'opposizione di centrosinistra affinché ripensi
al suo voto di guerra e rimetta seriamente in discussione quella vocazione
bipartisan su un terreno, come quello bellico, che rischia di vanificare
ogni possibilità di costruire una reale opposizione alternativa alla
maggioranza di centrodestra: chiediamo al centrosinistra di smetterla di
competere con voi su chi è più bravo a immaginare scenari militari che
abbiano al centro l'Europa e il modello europeo di nuova difesa e di un
nuovo esercito. La guerra oggi è soltanto quella made in USA, violenta,
sanguinosa, foriera di altri disastri, fuori da ogni legittimità assicurata
dal diritto internazionale, da ogni trattato, convenzione o regolazione
minimamente decente dei conflitti. Cosa vi dice l'eccidio di Mazar-i-Sharif?
Non parla alla vostra coscienza di occidentali? Bisognerà chiamarlo un
disastro infinito, che rischia di alimentare e legittimare all'infinito il
terrorismo: non ci stancheremo di ripeterlo.
Dire «no» all'aumento delle spese destinate alla difesa nel disegno di legge
finanziaria è dunque per noi il primo segnale che possiamo lanciare per
obbligare tutti noi a ridiscutere seriamente del malefico vaso di Pandora
che il voto dell'8 novembre ha scoperchiato.





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