[Pace] "Ho gridato in ogni modo che non mi avrebbero mandato al fronte a morire". La storia di Roman in Ucraina



Su una panchina sotto a un tiglio davanti alla sua casa è seduto un tale di nome Roman, trent’anni compiuti da poco, capelli corti, calzoni corti, una lattina da mezzo litro di bibita energetica che passa da una mano all’altra. Il giorno prima lo ha fermato una pattuglia del Tzk, l’organismo del ministero della difesa a cui spetta il compito di reclutare gli uomini per l’esercito.

A GIUDICARE dallo sguardo si direbbe che questo Roman abbia visto i fantasmi. Mentre fuma racconta: «Ho mostrato loro i documenti, li hanno controllati, hanno detto che c’era una irregolarità e che avrei dovuto seguirli in caserma per risolverla. Sarà questione di mezz’ora, così hanno detto. La mia grande fortuna è stata capire subito che cosa stava accadendo. Ho chiamato la mia compagna, lei ha sentito l’avvocato e in pochi minuti mi hanno fatto sapere tutto quel che avrei dovuto dire per evitare di essere arruolato. Dico che è stata la mia fortuna perché, una volta in caserma, mi hanno portato via i documenti e il telefono, mi hanno fatto visitare da un medico e da uno psicologo, e poi hanno cominciato con le pressioni: perché non hai ancora risposto alla mobilitazione? Tu non vuoi difendere il tuo paese? Non sei forse un uomo, tu? Ho tenuto duro, ho citato gli articoli di legge che l’avvocato aveva suggerito, ho gridato in ogni modo che non mi avrebbero mandato al fronte a morire. Stamattina mi hanno messo in mano una multa e mi hanno detto di andare via, ma la notte l’ho passata con settanta uomini, tutti nella mia stessa condizione, e non so quanti di loro oggi siano liberi».

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