[Pace] Disfatta di Avdiivka. Le vite dei soldati dopo la propaganda | il manifesto



«Slava Ukraini?» urla una voce alle nostre spalle, ma non si alza il coro guerriero di risposta. Sembra quasi una domanda nella desolazione di Ocheretyne, circa 30 km da Avdiivka, poche case tra due cave e una lunga distesa di campi verso est che ora fa paura.

QUALCUNO già la definisce «la Caporetto ucraina» ma il paragone non è appropriato per ora. I soldati non abbandonano le posizioni, la linea del fronte non si è spezzata e la catena di comando ancora funziona. Qualcosa tuttavia si è rotto. Lo percepisci nella cupezza del morale dei soldati, nei loro sguardi stanchi e nelle frasi amare.

La sconfitta di Avdiivka è stata dura come è duro l’impatto con la realtà quando un progetto sul quale avevamo puntato tutto fallisce. Nel caso dell’Ucraina quel progetto si chiamava controffensiva e ci sono voluti mesi ai vertici politici per riconoscere che fosse naufragato. Il conseguente cambio al vertice nelle forze armate è stato troppo improvviso per imprimere una vera svolta alla strategia bellica dei difensori. Zaluzhny diceva: «Prepariamoci a dover contenere la spinta del nemico e fortifichiamo le nostre posizioni il più possibile». Zelensky a quanto pare non era d’accordo – «ci vuole qualcuno al vertice dell’esercito che creda nella vittoria» – e imputava a Zaluzhny un atteggiamento controproducente per la causa.

Il nuovo capo, Oleksander Syrskyi, si è trovato tra le mani una miccia che l’ha bruciato quasi subito. L’ordine di ritirata è stato dato tardi, la vita dei soldati ancora una volta è stata valutata all’ultimo posto e il tentativo di invertire la rotta non ha fatto che accentuare la disfatta.

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