[Pace] Enrico Peyretti: "Il discorso di Draghi alla Camera offende i sentimenti di chi si oppone alla guerra"
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- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Thu, 23 Jun 2022 16:42:49 +0200
Il Presidente Draghi è
una persona seria. Perciò sono tanto più gravi e preoccupanti le
sue parole in Parlamento, ieri, 22 giugno.
Draghi ha detto (sintetizzo, ma il senso è esatto): <Cosa dovevamo fare? C'erano due idee. Una - che è anche la mia - aiutare l'Ucraina a difendersi dall'aggressione. L'altra che diceva: "Lasciamo che si sottomettano! Cosa vogliono questi ucraini da noi?">.
Nel dire questo,
Draghi sbaglia molto. Egli offende profondamente i sentimenti di
chi è contro la guerra e non ne vuole l'ampliamento, ma
l'interruzione immediata, per una soluzione ragionata e giusta
del conflitto politico tra due parti. I nonviolenti non vogliono
qualunque pace, non vogliono la sottomissione di nessuno, non
vogliono la pace imposta dal più forte in armi omicide, ma
vogliono la pace giusta, che non viene mai dalla vittoria
militare, pagata con vittime innocenti da tutte le parti in
guerra. La vittoria militare afferma solo la violenza delle
armi, non la ragione e il diritto. Non sono le armi, ma il
dialogo umano ragionevole, che affermano diritto e ragione.
In quelle parole
infelici ed errate, Draghi dimostra la prigionia mentale che non
è solo sua, purtroppo, ma di molti dediti alla politica senza un
concetto di politica umana. Prigioniero mentale dell'aggressore
è chi pensa che non ci siano altri modi per respingerlo che i
modi dall'aggressore usati per aggredire. Prigioniero mentale
della guerra è chi non sa pensare altro che la guerra contro la
guerra. Chi vede solo armi contro le armi ha la mente
prigioniera delle armi. Chi sa solo opporre armi alle armi
aggressive e omicide, dà ragione alla logica dell'aggressore,
per il quale è la forza omicida che risolve problemi e realizza
aspirazioni, non il dialogo e la trattativa ragionevoli e
giusti, sulla base dei diritti umani universali.
Cosa si poteva fare?
Non dare le armi. Come non abbiamo mai dato armi alla Palestina
occupata, che non le ha neppure chieste, e ad altri popoli
(Yemen, ecc. ), violentati anche con armi da noi italiani
vendute ai loro violentatori. Si poteva parlare di persona con
l'aggressore, anche se all'inizio può risultare inutile. Si
poteva andare in presenza personale, figure rappresentative,
significative, artisti, ambasciatori, e responsabili della
comunità internazionale, anche i capi di governo come Draghi,
davanti all'esercito aggressore, con lo stesso rischio di
morire, che viene imposto al più semplice soldato dagli stati
implicati. Ciò sarebbe smascherare l'offesa che l'aggressore
compie contro la legalità universale umana: nessuno deve
aggredire un altro, nessun popolo deve offendere l'altro. Chi fa
questo offende tutta l'umanità, non una parte.
Il volontariato civile
di pace ha provato più volte e in più casi a interporsi con
forza umana vitale e mediatrice, tra le opposte forze di morte.
La politica degli stati deve sostenere queste iniziative di pace
attiva e coraggiosa, di vita contro la morte.
La responsabilità dei
rappresentanti politici è grande, nei momenti acuti: non possono
solo mandare soldati obbligati, ma devono assumersi
responsabilità e rischio personale. L'aggressore farà guerra
all'umanità intera? Il suo popolo lo sosterrà in questo maggiore
crimine?
Sappiamo che fin
dall'inizio, all'interno dello stato aggressore, ci sono
obiettori, renitenti, disertori, movimenti organizzati per la
nonviolenza attiva (cfr Azione Nonviolenta, n. 2/2022.
<redazione at nonviolenti.org>) . Gli altri stati, se sono
per l'umanità prima che per una fazione aggressiva, devono
sostenere attivamente le forze di pace che smontano le forze di
guerra. Questa è vera politica: ogni stato è cellula della unica
umanità, non è "sovrano" (superiorem non recognoscens),
cioè non è insubordinato alla unica famiglia umana, non è al di
fuori e al di sopra, non abita da solo sulla terra, non ha
confini chiusi all'umanità. Questa nuova concezione dei rapporti
familiari, consorziali e non armati, tra i popoli organizzati in
stati si impone nell'era planetaria, in cui la sorte di tutti è
unica, inseparabile. Nessuno ormai può vincere. La vittoria non
c'è più.
Tutto vale, meno la
guerra. Tutto va tentato, meno la guerra. La guerra, e la
risposta alla guerra con la guerra, è fallimento rovina e
dolore, anche per chi crede, con pensiero arretrato e chiuso,
che sia suo dovere opporre guerra alla guerra. Al popolo
aggredito diamo tutta la vicinanza umana, l'accoglienza quando
fugge, ma non le armi per cadere nella trappola morte più morte.
Oggi l'umanità è per
fortuna costretta, per sopravvivere, a sperimentare, come in già
tante esperienze storiche (che la cultura ufficiale degli stati
armati non vuole ricordare), la difesa popolare nonviolenta.
L'aggressore vuole obbedienza e sottomissione. Un popolo
cosciente della propria dignità gliele rifiuta coraggiosamente.
La forza umana è superiore alle armi disumane. Si tratta
semplicemente, al più presto, di abolire le armi, la logica e la
struttura delle armi, gli eserciti (come già chiedeva la
sapienza di pace, vedi Kant per tutti). Soli il disarmo è
razionale e sicuro; la pace armata è già guerra.
Caro Presidente
Draghi, è questo l'appoggio che dovevamo all'Ucraina. Ma la
politica che anche lei pratica ignora il progresso vitale, è
prigionera della guerra, pensa come Putin, che ha la religione
fanatica e ossessiva dell'impero forte, dominante: quella stessa
auto-religione nefasta che è anche di altre potenze imperiali.
Le quali sono solo capaci di replicare, ma non di uscire, dalla
logica imperiale, che minaccia allo stesso modo tutti i popoli e
tutti i diritti umani.
Ma noi speriamo e
vogliamo che l'umanità, come ha superato altri costumi e
istituzioni disumane, viva ora l'evoluzione storica della uscita
dalla indegna istituzione della guerra, mai più giustificabile.
L'attuale avversità può essere una opportunità. Tutte le persone
serie e responsabili, di sentimento umano, possono collaborare
in questo. Speriamo, con speranza attiva.
Enrico Peyretti
«Non sono un medico, non sono un politico, sono un giornalista. Il mio pezzettino, la mia gocciolina, è provare a raccontare la guerra per quello che è: merda, sangue, morte e dolore.» Mentre l’Ucraina brucia, Nico Piro, inviato di guerra per il Tg3, ragiona e scrive in queste pagine, con penna affilata, della vendita del “prodotto-guerra” da parte dei politici e del loro apparato mediatico, disperatamente impegnati a piazzare il conflitto a un’opinione pubblica che non ne vuole sapere nulla ed è schierata – lo dicono i sondaggi – con la pace. Di fronte alla violenza verbale degli opinionisti con l’elmetto, al sorgere di un pensiero unico bellicista, lo scopo di questo pamphlet è smontare la narrazione della guerra che ci stanno spacciando come male necessario dall’alto valore morale.
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