[Pace] Scheda sugli accordi di Minsk del 2015. Cosa sono e perché potrebbero essere la base per una soluzione pacifica della crisi in Ucraina



Ucraina, cosa sono gli accordi di Minsk e possono essere la soluzione della crisi?

di Marta Serafini

Nel 2015 Mosca e Kiev firmarono un cessate il fuoco che prevedeva anche le elezioni nelle regioni separatiste e il ritiro delle forze filo russe. Ma il protocollo non è mai stato del tutto implementato


Mentre i leader mondiali si affannano per trovare una soluzione diplomatica alle tensioni tra Russia e Ucraina, si torna a parlare degli accordi di Minsk del 2015 come possibile via d’uscita dalla crisi. Il protocollo, noto anche come Minsk II (il primo era stato firmato l’anno precedente ma era fallito), è stato messo a punto nella capitale bielorussa nel tentativo di porre fine al sanguinoso conflitto nell’Ucraina orientale durato 10 mesi. Ma Minsk II non è mai stata completamente implementato e molte sono le questioni che restano irrisolte.


Chi l’ha firmato e cosa dice l’accordo?
In un raro incontro tra leader russi, ucraini, tedeschi e francesi nel febbraio 2015 si giunse alla fine dei combattimenti nelle aree dell’Ucraina che erano state conquistate dai separatisti filo-russi l’anno prima. Quelle aree, nella regione ucraina del Donbass , divennero note come Repubblica popolare di Luhansk (Lpr) e Repubblica popolare di Donetsk (Dpr). Minsk II, è stato firmato da rappresentanti di Russia, Ucraina, i leader separatisti e l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Successivamente è stato approvato da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La condizione era il cessate il fuoco. Nel febbraio 2015 c’erano stati ancora combattimenti in alcune aree tra le forze ucraine e i ribelli sostenuti dalla Russia, con gli ucraini che avevano subito pesanti perdite. Altro punto era il ritiro delle armi pesanti dal fronte, che sarebbe stato monitorato dall’Osce. Poi, la ripresa del dialogo per le elezioni locali nelle zone occupate dai ribelli filorussi. Il ripristino dei pieni legami economici e sociali tra le due parti, il ripristino del controllo da parte del governo ucraino sul confine con la Russia, il ritiro di tutte le forze straniere e mercenari e una riforma costituzionale per conferire una certa autonomia alle regioni della regione orientale del Donbass, in Ucraina, che non sarebbe stato più totalmente sotto il controllo del governo centrale di Kiev.


Come è andata a finire?
I combattimenti si sono effettivamente interrotti e gli osservatori dell’Osce sono intervenuti. Ancora oggi, l’Osce pattuglia le linee del fronte e segnala violazioni del cessate il fuoco lungo il confine. Risultato, ci sono molti meno combattimenti e meno vittime rispetto al 2014-15. Da questo punto di vista, l’accordo è stato, almeno, in parte rispettato. Tuttavia, ci sono 1,5 milioni di sfollati interni in Ucraina e quasi 14.000 persone sono morte nel conflitto.


Qual è il problema?
L’accordo di Minsk è stato concepito molto frettolosamente. La Russia, pur essendo un firmatario non ha mai riconosciuto il proprio ruolo nel conflitto. In effetti, la parola “Russia” non compare da nessuna parte nel testo. Da allora, questo ha permesso al Cremlino di sostenere di essere solo un osservatore e che l’accordo riguardi il governo ucraino e i ribelli nell’est del paese, nonostante le prove dimostrino che la Russia sostiene i separatisti. Kiev, nel frattempo, si rifiuta di parlare direttamente con i ribelli. Inoltre, il linguaggio dell’accordo è impreciso, con il risultato che Russia e Ucraina lo interpretano a seconda della convenienza. Kiev vuole riprendere il controllo del suo confine internazionale prima che si tengano le elezioni locali nelle aree controllate dai ribelli. Vuole anche che le forze russe se ne vadano. La Russia, ovviamente, d’altro canto sostiene di non avere forze nelle aree controllate dai ribelli. Inoltre Mosca vuole le elezioni mentre la regione è ancora sotto il controllo dei separatisti e prima che le autorità ucraine riprendano il controllo del confine. Gli sforzi dei diplomatici occidentali per trovare la quadratura del cerchio non sono mai giunti a un dunque. Inoltre lo status delle aree del Donbass in mano ai ribelli non è mai stato definito. Il punto di vista di Kiev è che la regione abbia lo stesso tipo di autonomia delle altre regioni ucraine, all’interno di una struttura federale. Mosca indica il riferimento allo «status speciale di alcune aree delle regioni di Donetsk e Luhansk» e lo interpreta come un permesso a queste regioni di avere le proprie forze di polizia e il proprio sistema giudiziario. D’altro canto qualsiasi governo ucraino accetti di concedere al Donbass lo statuto speciale non sopravviverebbe alla propria opinione pubblica. Nel 2015, l’allora presidente ucraino Petro Poroshenko ha presentato emendamenti costituzionali sul decentramento che sono stati aspramente contrastati dai gruppi nazionalisti ucraini. I disordini a Kiev hanno provocato la morte di tre agenti delle forze dell’ordine.


Come può tornare in vita l’accordo?
A distanza di otto anni, Mosca e Kiev perseguono due interpretazioni opposte del documento e la divergenza riguarda soprattutto la timeline: per il Cremlino vanno prima attuate le disposizioni politiche e poi quelle militari, per l’Ucraina il contrario. Kiev vuole che la Russia e quelle che ritiene le sue «forze per procura» si ritirino dall’Est in modo da riprendere il controllo del confine, solo allora è disposta a svolgere elezioni locali secondo standard internazionali e nel rispetto della legge ucraina; invece di concedere alle regioni separatiste uno status speciale come chiede Mosca, Kiev riconoscerebbe loro dei poteri extra, nell’ambito di un più ampio programma di decentramento. Questa interpretazione negherebbe al Cremlino la capacità di continuare a controllare i territori dell’Est e avere così voce in capitolo negli affari ucraini, con rappresentanti delle regioni filo-russe seduti al Parlamento nazionale e autorità regionali pronte a contrastare le politiche non gradite a Mosca, per esempio l’adesione alla Nato. La sequenza degli obblighi da adempiere, nell’interpretazione russa, prevede invece prima le elezioni locali e il riconoscimento dello status speciale del Donbass. Scenario inaccettabile per Kiev che rifiuta di trattare in modo diretto con le autoproclamate autorità separatiste, ritenute al pari di terroristi, e non accetta quello che sarebbe un voto sotto occupazione. Per ora, sulla sequenzialità degli obblighi, non si registrano ufficialmente ammorbidimenti. Da Mosca è arrivato diretto il monito all’Ucraina e agli Usa: qualunque revisione della sequenzialità degli accordi di Minsk, «rischia di far deragliare il processo di pace», ha avvertito il ministero degli Esteri russo. D’altro canto il presidente francese Emmanuel Macron vede l’accordo di Minsk come una rampa d’uscita e ha invitato Kiev e Mosca a rispettarlo. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato lunedì che gli Stati Uniti e l’Ucraina sono “uniti” nel sostenere gli accordi di Minsk come via da seguire per risolvere il conflitto. Ma ha anche accennato al fatto che l’accordo da solo non è una soluzione unica, evidenziando le sfide che l’accordo presenta. «Minsk non specifica alcuni problemi di sequenza quando si tratta dei passi che le parti devono intraprendere», ha detto Blinken, aggiungendo: «L’Ucraina si è avvicinata a questo in buona fede. Finora non abbiamo visto la Russia fare lo stesso».

Duncan Allan, membro associato del programma Russia ed Eurasia presso il think tank Chatham House di Londra, ha sintetizzato così il dilemma di Minsk: «L’Ucraina è sovrana, come insistono gli ucraini, o la sua sovranità dovrebbe essere limitata, come richiede la Russia?».


Corriere della Sera 10/2/2022

https://www.corriere.it/esteri/22_febbraio_10/ucraina-cosa-sono-accordi-minsk-possono-essere-soluzione-crisi-8516a350-8a5c-11ec-afd5-bce3c64c5293.shtml?refresh_ce



Approfondimenti


Altre informazioni su https://it.wikipedia.org/wiki/Minsk_II

e su https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/12/ucraina-dal-15-cessate-fuoco-i-13-punti-dellaccordo-minsk/1420251/


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