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Di-Paola-a-Tripoli: l'Ialia-aiutera-la-nuova-Libia-consegnati-20-blindati-puma

Tripoli, 6 feb - ([I]dell'inviato Massimo Nesticò[/I]) La nuova Libia stenta a ripartire, tra tensioni, violenze ed incertezze. L'Italia è pronta a sostenerne gli sforzi rilanciandola con la collaborazione già avviata ai tempi di Gheddafi: mezzi militari, addestramento per le forze di sicurezzae - soprattutto - un sistema integrato per il controllo delle enormi frontiere meridionali del paese; un progetto, quest'ultimo, promosso da Finmeccanica e dal valore di ben 2 miliardi di euro.
Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, è volato oggi a Tripoli dove ha incontrato il premier Ali Zidan ed il ministro della Difesa, Al Barghani, per dare un colpo di acceleratore alla collaborazione tra i due paesi. Nell'occasione, Di Paola, ha presenziato alla cerimonia di consegna di 20 blindati Puma italiani all'esercito libico. Dal governo del paese africano, insediatasi solo nel novembre scorso, è arrivata una pressante richiesta di aiuto: la sicurezza in Libia è ancora fragile, gli attentati - soprattutto in Cirenaica - sono all'ordine del giorno. Lo scorso 12 gennaio il console italiano a Bengasi è scampato miracolosamente ai colpi di un cecchino. Tripoli vuole quindi riorganizzare le sue forze armate e di polizia per rafforzare il controllo del territorio. E l'Italia contribuirà a questo processo. ''Abbiamo rapporti economici in tutti i campi con la Libia - ha ricordato Di Paola in una conferenza stampa congiunta con Al Barghani - ed una adeguata cornice di sicurezza è la condizione fondamentale per svilupparli. Noi vogliamo aiutare il governo libico in questo. Oggi abbiamo consegnato i Puma e stiamo investendo nella formazione delle forze di sicurezza e militari. Qualunque sia il governo che uscirà dalle nostre imminenti elezioni - ha assicurato il ministro - la Libia continuerà a rappresentare un interesse strategico per l'Italia. La Libia è dei libici, non dei francesi, degli inglesi o degli americani e deve distiguere gli amici di sempre da quelli che vanno e vengono. Col premier Mario Monti - ha aggiunto - siamo venuti qui tra i primi subito dopo la liberazione e siamo pronti a rafforzare e a rendere concreta la collaborazione tra i nostri paesi''.

Il sostegno di Roma è stato apprezzato da Tripoli che ha intrapreso il difficile percorso di riorganizzazione delle proprie forze armate integrandovi i ribelli. ''Abbiamo avviato - ha osservato Al Barghani - oltre tremila nostri allievi militari in vari paesi del mondo, soprattutto in Italia, per formarsi e quando torneranno qui diventeranno i nostri ufficiali''. Ma la Libia chiede supporto anche nel contrasto all'immigrazione clandestina che spinge sulle vaste frontiere del sud. ''Il nostro paese - ha sottolineato il ministro libico - è grande, abbiamo difficoltà a controllare questo fenomeno di cui soffriamo più dell'Italia e gli stati confinanti non ci stanno aiutando come vorremmo''. In proposito, Di Paola ha rilanciato il progetto avviato da Selex (società di Finmeccanica) per un sistema integrato di controllo delle frontiere. ''C'era - ha detto - un'attività in corso e vogliamo riprenderla. Ci aspettiamo passi concreti a breve''. Preoccupa, infine, quanto avviene nel vicino Mali, in cui imperversano gruppi jihadisti. ''Ciò che accade in Mali - ha ammonito il titolare della Difesa - riguarda tutta la regione sahariana. E' uno spazio aperto difficile da controllare. Sappiamo la complessità del problema che la Libia deve affrontare e siamo venuti qui per aiutarli''. (ANSA)



http://www.contropiano.org/it/esteri/item/14485-a-tripoli-di-paola-e-20-puma


A Tripoli Di Paola e 20 puma
12 febbraio 2013

Mentre promette nel suo spot elettorale «riforme radicali contro gli sprechi e la corruzione», Mario Monti invia a Tripoli il ministro della difesa Di Paola con un pacco dono da circa 100 milioni di euro: 20 veicoli blindati da combattimento Puma, consegnati «a titolo gratuito» (ossia pagati con denaro pubblico dai contribuenti italiani) ai governanti libici, il cui impegno anti-corruzione è ben noto. Un gruppo di potere, al cui interno sono in corso feroci faide, chiamato in causa dallo stesso Consiglio di sicurezza dell’Onu per «le continue detenzioni illegali, torture ed esecuzioni extragiudiziarie».
Tutto perfettamente legale, però. La legge sulle missioni internazionali delle Forze armate per «il consolidamento dei processi di pace e stabilizzazione», approvata tre settimane fa dal senato con voto bipartisan quasi unanime, autorizza la spesa per prorogare l’impiego di personale militare italiano in attività di «assistenza, supporto e formazione in Libia» allo scopo di «ripristinare la sicurezza pubblica». L’Italia si accoda così agli Stati uniti, che stanno formando una forza d’élite libica con il compito ufficiale di «contrastare e sconfiggere le organizzazioni terroriste ed estremiste violente».
Le stesse usate nel 2011 dalle potenze occidentali per seminare il caos in Libia, mentre la Nato la attaccava con i suoi cacciabombardieri e forze speciali (comprese quelle qatariane) infiltrate. Le stesse organizzazioni terroriste che vengono oggi armate e addestrate dalla Nato, anche in campi militari in Libia, per seminare il caos in Siria.
Il segretario alla difesa Leon Panetta ha dichiarato al Congresso che, sin dall’anno scorso, il Pentagono arma i
«ribelli» in Siria. La maggior parte non è costituita da siriani, ma da gruppi e militanti di altre nazionalità, tra cui turchi e ceceni. Da fonti attendibili risulta che vi siano anche criminali sauditi, reclutati nelle carceri, cui viene promessa l’impunità se vanno a combattere in Siria.
Compito di questa raccogliticcia armata è quello di seminare il terrore all’interno del paese: con autobombe cariche di esplosivi ad alto potenziale, con rapimenti, violenze di ogni tipo soprattutto sulle donne, assassini in massa di civili. Chi non è debole di stomaco può trovare su Internet video girati dagli stessi «ribelli»: come quello di un ragazzino che viene spinto a tagliare la testa, con una spada, a un civile con le mani legate dietro la schiena.
Sempre più, in Siria come altrove, la strategia Usa/Nato punta sulla «guerra segreta». Non a caso Obama ha scelto quale futuro capo della Cia John Brennan, consigliere «antiterrorismo» alla Casa bianca, specialista degli assassini a distanza con i droni armati, responsabile della «kill list» autorizzata dal presidente. Dove non è escluso che ci fosse anche il nome di
Chokri Belaid, il dirigente tunisino ucciso da killer professionisti con tecnica tipicamente terrorista.

da
il manifesto, 12 febbraio 2013