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distinguere tra violenza e forza per una politica di pace
- Subject: distinguere tra violenza e forza per una politica di pace
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it>
- Date: Mon, 11 Feb 2013 17:46:34 +0100 (CET)
da parte di Alfonso Navarra - del coordinamento politico Campagna OSM-DPN
Una politica estera di pace è la naturale proiezione di una conformazione interna del Paese strutturalmente pacifica.
Questo comporta muoversi da subito, dal basso e con leve istituzionali, in tre direzioni:
1- il transarmo, ossia il passaggio da una difesa armata ad una difesa nonviolenta a partire dall'immediata attuazione dell'art. 11 della Costituzione: la forza militare è predisposta solo per rispondere ad una aggressione militare in atto che violi i confini nazionali;
2- un modello energetico autosufficiente, risparmioso, decentrato, 100% rinnovabile (base oltretutto, di una nuova economia al servizio delle persone): non bisognerebbe nemmeno porsi il problema di dipendere da importazioni estere di petrolio e gas per semplicemente sopravvivere, come oggi succede.
I conflitti in cui oggi è coinvolta l'Italia per lo più nascono non a caso da tre grandi partite energetiche in corso: 1- la partita del Medio Oriente allargato; 2- la partita Caspio-caucasica; 3- la partita africana.
3- E' essenziale, nel mondo contemporaneo, impegnarsi internazionalmente per costruire comunità politiche ampie, che lavorino ad un "ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni" (sempre art. 11 Cost.)
L'"Unione Europea" va profondamente trasformata e, se - come purtroppo è più che probabile - non ci si riesce, sarà necessario ripiegare, responsabilmente, su un nuovo progetto di "Unione Mediterranea": è in corso la "guerra di classe" globale del 10% contro il 90% e bisogna perciò dotarsi di strumenti pubblici per tagliare gli artigli della speculazione finanziaria che sta imponendo la sua dittatura.
L'art.11 della Costituzione italiana va esteso a livello europeo, tanto più se l'Europa deve nei fatti diventare artefice di una politica internazionale all'insegna del disarmo, del co-sviluppo, del rispetto della legalità e della giustizia internazionale.
All'interno di questo quadro strategico, che unisce la pace con l'ambiente e la giustizia sociale, vanno collocate le misure da perseguire ed intraprendere immediatamente:
1- revocare tutte le missioni militari all'estero che segnano la compartecipazione dell'Italia, con spirito neo-coloniale, alle guerre sugli "interessi vitali energetici";
2- cancellazione delle spese per armamenti con incostituzionale proiezione offensiva e conversione ecologica dell'industria bellica (qui si inserisce la necessità di valorizzare l'obiezione alle spese ed alle produzioni militari e nucleari);
3- esigere l'attuazione della denuclearizzazione euro-mediterranea già approvata dagli organismi internazionali, ed in tale ambito, per stimolarlo ed attuarlo, rimuovere e bonificare (per quanto tecnicamente oggi possibile) tutto il nucleare civile e militare presente sul nostro suolo;
4- uscire dalla NATO come organizzazione militare integrata e chiudere le basi militari straniere: da qui anche la necessaria cancellazione del riordino "montiano" della Forze Armate;
5- rilancio del servizio civile finalizzato alla difesa nonviolenta ed istituzionalizzazione dei corpi civili di pace per missioni internazionali "legittime" dal punto di vista della difesa pacifica dei diritti umani fondamentali.
Una piattaforma di pace potrà essere creduta ed adottata dal popolo, di cui abbiamo da sentirci parte e lievito, se coloro che la promuovono, donne e uomini, sono portatori di nuove culture di pace: siamo cittadine e cittadini del mondo che guardano innanzitutto alla comune umanità, custodi e non padroni dei territori e della Terra in nome e per conto di tutta la Vita e delle generazioni future, costruttrici e costruttori di futuro nella libertà e nella giustizia con mezzi omogenei ai fini.
Non siamo "vecchi pacifisti" settorializzati, preoccupati innanzitutto della "intangibilità dei confini statali" di questo o quel regime sedicente "anti-imperialista", ma nuovi "internazionalisti" della pace impegnati con logica complessiva per i diritti umani fondamentali" di tutte e di tutti: in primo luogo il diritto a portare avanti la fiaccola della Vita, messa in discussione da dinamiche sistemiche globali che ci stanno trascinando da un mondo violento ad un mondo estinto.
Questo ci spinge a maggior ragione ad opporci contro chiunque, grande o piccolo piromane, pretende ipocritamente di spegnere i conflitti gettando ulteriore benzina sul fuoco (l'ultimo esempio è l'intervento della Francia in Mali).
Post scriptum: ritengo comunque apprezzabile che alcuni abbiano cominciato ad imparare "da Mandela" che "la violenza non si combatte con la violenza bensì con i mezzi pacifici".
Mi permetto di suggerire loro ora, già che ci sono quasi arrivati, di appuntare l'attenzione sul distinguere tra violenza e forza: la violenza organizzata ed istituzionalizzata si combatte con la forza dell'unità popolare guidata consensualmente da una strategia intelligente elaborata con processo democratico ...
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