caro Alfonso, non so se ti riferisci a questo articolo, ma non mi
pare sia caratterizzabile come "antimperialista"
mi pare ponga un importante problema, quello che la rivolta nelle
primavere arabe ha il tema della povertà e del reddito.
Sto leggendo un interessante libro di Annamaria Rivera, "il
fuoco della rivolta"; anche lei analizza come il disagio
sociale ed economico sia forte e si saldi alla richiesta di maggiori
diritti, specie per le donne.
Insomma mi pare che "pane e libertà" sia un interessante richiesta
contro questi "fratelli" che somigliano sempre di più alla destra
della nostra vecchia DC.
TC
Per alcuni - anche, mi pare, su questa lista - le
Primavere arabe andrebbero messe tutte nello stesso mazzo e
rubricate sotto la voce: "complotto dell'Imperialismo".
I giovani delle piazze dovrebbero imparare ad "auto-sintetizzarsi"
politicamente e a non delegare alle forze politiche già
organizzate.
Questi sono tempi nuovi e già le idee nuove (con radici antiche
come le montagne) circolano ampiamente: è sbagliato, a mio parere,
cercare di farle entrare nelle botti ideologiche vecchie, pur con
qualche "neo" messo a prefisso per velleità di rinnovamento
presunto...
----Messaggio originale----
Da: tiziano.cardosi at gmail.com
Data: 25-gen-2013 22.23
A: "pace at peacelink.it"<pace at peacelink.it>
Ogg: [pace] Nena News Agency | Egitto, due anni di rivoluzione non
bastano
un articolo che spiega molto più di tante chiacchiere cosa succede
nei paesi dove c'è (o c'è stata) una vera primavera
http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=48868
Egitto, due anni di rivoluzione non bastano
Oggi scontri in tutto l'Egitto. I
Fratelli Musulmani hanno anche liberalizzato l'economia
egiziana: il Paese e' piu' povero e le proteste dei lavoratori
non si fermano.
Piazza Tahrir il 25
gennaio 2011
di Francesca La Bella
Roma, 25 gennaio 2013, Nena News - Sono passati esattamente
due anni dall'inizio della Primavera araba egiziana, ma L'Egitto
non è pacificato. Molto più di qualsiasi altro Paese attraversato
dai venti della Primavera Araba, la terra delle piramidi è oggi
percorsa da fratture di difficile ricomposizione. A prima vista si
potrebbe dire che il principale contrasto sia quello che divide
la componente islamica e conservatrice da quella laica e
liberale in merito al sistema di governo del Paese: una
scissione tra tradizione e modernità e tra religione e laicità che
avrebbe indotto il protrarsi delle proteste anche dopo la caduta
del vecchio regime e la salita al potere dei Fratelli Musulmani e
di Mohamed Morsi.
Quest'analisi è, però, parziale quando non errata. L'Egitto è,
secondo la definizione della Banca Mondiale, un Paese a
medio-basso reddito, il tasso di disoccupazione si attesta
attorno al 13% e viene stimato che circa un quinto della
popolazione si trovi sotto la soglia di povertà. Alla luce
di questo contesto non stupisce che, durante le proteste degli
ultimi due anni, sia stata forte, tra i manifestanti, la richiesta
di un cambiamento delle politiche economiche in senso
redistributivo. La vittoria dei Fratelli Musulmani, però, non ha
significato una modifica dello stato delle cose in questa
direzione.
Ristrutturazione del sistema economico per aumentare la propria
credibilità agli occhi degli investitori stranieri e del Fondo
Monetario Internazionale (FMI), tagli ai sussidi pubblici e
incentivi all'imprenditoria privata per diventare maggiormente
competitivi a livello prima d'area e poi mondiale, svalutazione
della lira egiziana per rendere i prodotti egiziani
maggiormente convenienti sul mercato mondiale sono solo alcuni dei
provvedimenti che il partito Libertà e Giustizia ha messo in atto
durante questi mesi al governo.
Se questo tipo di azioni hanno dimostrato ai detrattori dell'Islam
politico che non esiste una pregiudiziale contrarietà dei Fratelli
Musulmani al libero mercato, le misure messe in atto hanno
significato, in molti casi, un peggioramento delle condizioni
economiche e lavorative della popolazione e, in certi frangenti,
l'adesione al modello neo-liberale della Fratellanza è stata tale
da indurre alcuni commentatori a definire il progetto economico
del governo come un esempio di capitalismo islamico: un
capitalismo che chiederebbe rinunce e sacrifici in nome della
fedeltà religiosa.
Se a questo si aggiungono l'aumento delle tasse sui beni primari e
il collegamento dei salari alla produttività, appare chiaro che il
terreno di scontro sia ora maggiormente spostato sul terreno dei
bisogni piuttosto che sul terreno della religione. In questo senso
vanno, dunque, lette le proteste dei medici al Cairo contro i
tagli alla sanità, dei portuali a Ain Sokhna per migliori
condizioni salariali, degli operai tessili a Mahalla contro la
nuova Costituzione e dei tanti che hanno occupato le piazze
delle maggiori città egiziane per chiedere un reale
cambiamento dello status quo.
In questo contesto la risposta del governo non è stata di
revisione delle politiche, ma di restringimento degli spazi di
contestazione. In questa direzione vanno le nuove norme sul
diritto di sciopero, limitato dalla natura dello stesso in
quanto consentito solo se dichiaratamente "pacifico", l'arresto
di manifestanti ed attivisti e la modifica alla disciplina sui
sindacati. Occupando le posizioni chiave all'interno
dell'Egyptian Trade Union Federation (ETUF) attraverso un
contraddittorio decreto 97 del 25 novembre 2012 e prevedendo la
possibilità di sciogliere qualsiasi sindacato indipendente con una
semplice sentenza di un giudice grazie alle disposizioni
dell'articolo 52 della Costituzione, il governo avrebbe,
infatti, avviato quello che è stato definito un processo di
"Fratellizzazione" del sindacato atto a limitare la capacità di
mobilitazione delle rappresentanze dei lavoratori.
Le contestazioni si susseguono e si moltiplicano dando continuità
alla lotta per il cambiamento iniziata durante la Primavera, ma il
futuro è incerto. Ad oggi non è dato sapere se il Governo riuscirà
a porre fine alle proteste attraverso nuovi cambiamenti di rotta o
se le diverse componenti sociali riusciranno ad ottenere quei
diritti e quella rivoluzione per cui occupano strade e piazze
ormai da due anni. Nena News
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