Paix sans limites
http://www.tuniculture.net/37963/366/179/islam-film-un-grand-film-sur-le-prophete-mohamed-sera-produit-par-l-organisation-peace-without-limits-pour-defendre-l-islam.html
“Islam , Film : Un grand film sur le Prophète Mohamed sera produit par l'organisation "Peace without limits" pour défendre l'islam ”
( tuniculture.net 21 settembre )
“''Je crois en trois principes nobles inscrits dans toutes les religions monothéistes et admis par les philosophes du monde, depuis le début de l'Histoire, à savoir: la liberté, la justice et la paix'', c’est en ces termes que le fondateur émirati de l’organisation internationale "Peace without limits"(Paix sans limites) Saif Mohamed Bin Hilal Al-Sehhi a, dans une conférence de presse tenue, jeudi à Tunis, expliqué les objectifs de son organisation créée le 20 décembre 2008 à des fins humanitaires. Il a indiqué, qu’à l’occasion de la journée internationale de la paix (le 21 septembre de chaque année), et en réponse à l’offense envers le Prophète, l’organisation Peace Without limits a décidé de produire un film d'envergure mondiale ayant pour titre ''Mohamed Rassoul Essalam''(Mohamed, Prophète de la paix) dont la réalisation sera confiée à un cinéaste tunisien, impliquant des comédiens de différentes nationalités. Cette œuvre, a-t-il ajouté, se veut un message destiné à tout un chacun qui ne considère pas l'islam et le Prophète à leur juste valeur. Il transmettra la véritable image de l’islam, religion fondée sur les valeurs du juste-milieu.”
“La préparation de ce film nécessitera une période d'un an et demi et le tournage aura lieu en Arabie Saoudite et dans d’autres pays arabes, a-t-il précisé. Outre ce projet cinématographique grandiose, un festival international baptisé ''Paix sans limites'' dédié au 7ème Art et aux chansons des films, se tiendra,pendant trois jours au Maroc, à partir du 13 décembre 2013, de manière à en faire le premier festival spécialisé dans l’industrie du cinéma et la diffusion de la culture de la paix, a-t-il affirmé. Par ailleurs, Saif Mohamed Bin Hilal Al-Sehhi a annoncé la création d’un bureau de l’organisation ''Paix sans limites'' à Tunis, faisant observer que des programmes de développement sont prévus au profit des jeunes et des personnes ayant des besoins spécifiques. Ces programmes seront réalisés, en coordination avec les différentes composantes de la société civile et les organisations internationales. Il a, dans ce contexte, insisté sur le fait que "la paix est le moteur du développement, lequel est capable de libérer les peuples de la pauvreté, de la dependance et de la marginalisation". A noter que l’organisation ''Paix sans limites''est une organisation internationale à vocation humanitaire, ayant des programmes et projets dans plusieurs pays du monde tels que le Soudan, la Jordanie, la Syrie, l’Egypte, l’Algérie, l’Irak et la Tunisie. Son siège principal est basé aux Philippines. Elle s’intéresse aux questions du développement dans les domaines de la femme, de l’enfance, de la paix sociale, du dialogue des religions et des civilisations, ainsi que de l’environnement.
http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2010/10/grandi-affari-armati-sulla-rotta-italia.html
Grandi affari armati sulla rotta Italia - Emirati Arabi ( antonio mazzeo 12 novembre 2009 )
[...]
L’infrastruttura più prestigiosa realizzata dal gruppo di costruzioni
italiano resta comunque la moschea di Abu Dhabi, 500 mila metri quadrati di
superficie, la più grande al mondo, dedicata allo sceicco Kalifa bin Zayed Al
Nahyan, padre dell’odierno capo di stato dell’emirato. Un personaggio
pericolosamente legato alle organizzazioni dell’estremismo religioso islamico,
lo sceicco Kalifa bin Zayed. Negli anni ’60 divenne grande amico e socio
dell’uomo d’affari pachistano Agha Hassan Abedi, il fondatore della BCCI, la
Bank of Credit and Commerce International che è stata il più importante centro
di “lavaggio” del denaro proveniente dal narcotraffico internazionale e
l’istituto più utilizzato dalla CIA per finanziare le operazioni clandestine
della Contra in Nicaragua e della resistenza islamica all’occupazione sovietica
dell’Afghanistan. Era da alcune società controllate direttamente dall’emiro che
il gruppo di faccendieri internazionali vicini al boss mafioso italo-canadese
Vito Rizzuto, sperava di recuperare un credito di un miliardo e 700 milioni di
dollari per alcuni lavori effettuati ad Abu Dhabi, da reinvestire poi per la
progettazione e l’esecuzione del Ponte sullo Stretto di Messina. L’operazione
naufragò proprio alla vigilia della gara d’appalto, quando finirono tutti agli
arresti su ordine della Procura di Roma per reati che andavano dal riciclaggio
di denaro alla turbativa d’asta. E il consorzio internazionale con capofila
l’onnipresente Impregilo ebbe il via libera per aggiudicarsi l’appalto
dell’opera più controversa della storia d’Italia.
È tuttavia il business delle armi da guerra il vero eldorado
dell’Italia-E.A.U. connection. E non potrebbe essere diversamente. Secondo
l’ultimo report del Servizio Ricerche della Library del Congresso USA,
nel 2008 gli Emirati Arabi si sono classificati al primo posto tra gli
acquirenti di armamenti a livello mondiale, spendendo più di 9,7 miliardi di
dollari e superando perfino i “cugini” dell’Arabia Saudita (8,7 miliardi). Il
secondo posto tra i mercanti di morte è stato occupato invece dall’Italia che ha
trasferito nello stesso anno sistemi di guerra per un importo totale di 3,7
miliardi di dollari, certamente molto meno degli Stati Uniti d’America
(37,8 miliardi), ma un po’ più di una superpotenza militare-industriale
come la Russia (3,5 miliardi). Il più recente luogo d’incontro tra
domanda e offerta l’International Defence Exhibition and Conference - IDEC,
tenutasi in febbraio ad Abu Dhabi. Qui il gruppo Finmeccanica ha operato come
grande star. Alla presenza di generali, ammiragli, ministri e sottosegretari di
Stato, la controllata Agusta Westland ha firmato un contratto di circa 26
milioni di dollari per la vendita alle forze aeree E.A.U. di due elicotteri
AW139, mentre la SELEX Sistemi Integrati, attraverso la joint venture “Abu Dhabi
System Integration (ADSI)”, si è aggiudicata la fornitura dei sistemi di
comando, controllo e sorveglianza che equipaggeranno i nuovi pattugliatori
veloci ordinati dalla Marina militare emiratina (valore 70 milioni di
euro).
Un altro gioiello di casa Finmeccanica, Alenia Aermacchi, si è accaparrata
una commessa di 2 miliardi di dollari per 48 bimotori M-346 “Master” che saranno
utilizzati per l’addestramento avanzato dei piloti degli emirati, in vista
dell’arrivo dei cacciabombardieri di nuova generazione Eurofighter, Rafale,
F-16, F-22 ed F-35 “Joint Strike Fighter”. Nel programma M-346 sono pure
coinvolte altre aziende del gruppo Finmeccanica come Selex Galileo, Alenia SIA,
Sirio Panel e Selex Communications.
“La selezione degli M-346 di Alenia Aermacchi da parte del Governo degli
Emirati Arabi Uniti - ha dichiarato Pier Francesco Guarguaglini, presidente e
amministratore delegato di Finmeccanica - si inserisce nell’ambito di un più
ampio accordo di collaborazione industriale recentemente siglato da Finmeccanica
e Mubadala Development Company che prevede, tra l’altro, la realizzazione di
aerostrutture in materiali compositi per il settore civile presso lo
stabilimento che verrà costruito entro il 2010 ad Abu Dhabi”. Mubadala è la
società di investimento e sviluppo commerciale con sede ad Abu Dhabi,
interamente controllata dalle autorità dell’emirato. Nota per aver acquistato
nel 2005 il 5% del pacchetto azionario della casa automobilistica Ferrari,
Mubadala è oggi uno dei maggiori partner internazioni del colosso dell’industria
bellica statunitense Lockheed Martin; inoltre controlla il 35% del capitale
della Piaggio Aereo Industry, altro storico gruppo italiano
produttore di mezzi civili e militari, produttore di parti del motore del nuovo
caccia strategico F-35.
Da parte sua, il responsabile operativo della company araba, Waleed Al
Mokarrab Al Muhairi, ha spiegato che “la strategia commerciale di Mubadala è
finalizzata a far crescere l’industria aerospaziale dell’emirato per farne uno
dei principali attori a livello globale e Finmeccanica contribuisce a questo
progetto con le proprie capacità tecnologiche altamente innovative”. Una
partnership che potrebbe trasformarsi in un vero e proprio matrimonio: i manager
di Finmeccanica hanno infatti prospettato la possibilità dell’ingresso degli
investitori di Abu Dhabi direttamente nel capitale Finmeccanica attraverso il
fondo nazionale “Adia”.
Il Parlamento italiano, con voto unanime di centrodestra e centrosinistra,
ha assicurato un idoneo quadro normativo per facilitare e blindare tutti i
presenti e futuri accordi di cooperazione militare con gli Emirati Arabi Uniti.
Dopo il voto al Senato del 24 giugno 2009, il 28 ottobre la Camera ha approvato
nel più assoluto disinteresse dei mass media il disegno di legge che ratifica
l’accordo di “cooperazione nel settore della sicurezza” firmato sei anni fa
dall’allora ministro della difesa Antonio Martino e dal principe ereditario di
Dubai e ministro della difesa degli E.A.U., sceicco Mohamed Bin Rashid Al
Maktoum. Un accordo di portata storica, non fosse altro per le aberrazioni
giuridiche che compaiono nel suo testo. I due paesi affidano ad un “comitato
misto” la gestione di tutte le questioni inerenti alle politiche di difesa
comuni come ad esempio “le attività addestrative e le manovre militari,
l’esportazione e l’importazione di armamenti, l’industria della difesa, la
ricerca scientifica, la sanità e lo sport militare, le operazioni umanitarie e
di peace-keeping, gli scambi di visite a navi, aerei e unità militari delle due
Parti, ecc.”. L’obiettivo chiave dell’accordo resta però l’“esemplificazione
delle procedure di trasferimento di armamenti”, la cui dettagliata lista
comprende aerei, elicotteri, carri armati e altre componenti terrestri,
munizionamenti, bombe, mine, missili, esplosivi e propellenti, satelliti,
sistemi tecnologici di comunicazione e per la guerra elettronica. “Tali scambi –
si legge in particolare - potranno avvenire per opera delle due Amministrazioni
statuali, o anche di aziende private debitamente autorizzate” e, in deroga alla
legge che regolamenta l’export di armi italiane, sulla base “di intese tra le
parti” sarà possibile il trasferimento dei materiali acquisiti “a Paesi terzi
senza il preventivo benestare del Paese cedente”.
Nell’ordine del giorno approvato da 488 deputati sui 502 presenti al voto
(14 astenuti) si legge che l’accordo Italia-E.A.U. è “uno strumento fondamentale
per rafforzare la cooperazione con un Paese che ha acquisito una crescente
importanza per il mantenimento degli equilibri geo-strategici nell’area del
Golfo... Gli Emirati Arabi Uniti costituiscono un partner di primaria importanza
per le missioni di pace che vedono impegnata l’Italia nelle aree circonvicine; a
tal fine hanno concesso l’uso della base aerea di Al Bateen, da cui partono i
voli italiani indispensabili per approvvigionare le nostre missioni in
Afghanistan”. Nessuno, però, se l’è sentita di ricordare le gravi violazioni dei
diritti umani e le discriminazioni di genere, politiche, sociali e razziali che
caratterizzano le società emirocratiche. Eppure nel maggio 2009 i cittadini USA
erano rimasti profondamente indignati per le immagini trasmesse dalla rete
televisiva Abc che mostravano il fratello del presidente degli Emirati Arabi
Uniti, Issa bin Zayed al-Nahyan, torturare un uomo per circa 45 minuti. Un
crimine ignobile che ha costretto il Dipartimento di giustizia di Abu Dhabi ad
aprire un’inchiesta di cui sino ad oggi sono ignoti i risultati.
Questione tutt’altro che secondaria, poi, la permanenza della pena di morte
nel sistema giuridico penale degli emirati. Eppure l’articolo 7 dell’accordo di
cooperazione Italia-E.A.U., relativamente alle competenze giurisdizionali sul
personale, prevede che per le violazioni della disciplina militare, “previo
esame congiunto dei vari casi, le infrazioni commesse da personale della Parte
inviante verranno punite da quest’ultimo Paese, in base alla propria
legislazione”. Ossia, nel caso dei militari arabi, anche con la pena
capitale.
Come rilevato dall’on. Matteo Mecacci (Pd) nel corso del dibattito
parlamentare di ratifica del Trattato, “il nostro Paese rinuncia alla
giurisdizione nei confronti del personale militare degli Emirati Arabi Uniti,
secondo delle modalità che non hanno precedenti nell’ambito della nostra
legislazione, se non quelli previsti nel Trattato istitutivo della NATO... Non
si comprende perché nelle relazioni con questo Paese si prevedano dei privilegi
che non sono previsti per tanti altri Paesi nell’ambito dei rapporti bilaterali
e nella collaborazione in materia di difesa”. Con grande dote di cinismo i
deputati hanno pensato di metterci una pezza, votando un odg che “impegna il
Governo a porre in essere, una volta espletate le procedure di ratifica ed
entrato in vigore il presente Accordo, l’avvio di un’azione negoziale nei
confronti della parte emiratina, protesa ad adattare il testo in materia di
applicabilità delle rispettive legislazioni nel panorama giuridico nazionale e
internazionale”. I principi sono principi, certo, ma gli affari, si sa, sono
affari…