Come richiesto da Enrico De Angelis, riporto al sua risposta. Nei prossimi messaggi leggerete anche la prosecuzione.
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From: Enrico De Angelis <edeangelis at gmail.com>
Date: Tue, 5 Jun 2012 15:45:13 +0200 To: Alessandro Marescotti<a.marescotti at peacelink.it> Cc: Lista pace Peacelink<pace at peacelink.it>; Lista Redazione Peacelink<redazione at peacelink.it> Subject: Re: Sgradevole attacco a Marinella Correggia
Caro Alessandro,
spero di essere stato sgradevole, non volevo essere gradevole.
Ma il mio non è un attacco personale. Certo faccio il nome di Marinella Correggia, ma mi riferisco solo a quello che scrive. Non la conosco e penso che su altri contesti possa aver fatto un ottimo lavoro o che personalmente sia simpaticissima e una bravissima persona. Io la attacco come attacco "personalmente" un giornalista filo-israeliano, prendiamo Fiamma Nirenstein, che racconta Gaza mostrando fotografie di mercati pieni di frutta per dire che non muoiono di fame e che stanno benissimo. Non ho niente contro di lei se non il fatto che fa un pessimo giornalismo sulla questione siriana, e il mio attacco si riferisce unicamente a questo, perché questa è l'unica cosa che so. è chiaro che poi una volta chiarita questa cosa il suo background conta: se uno non sa niente della questione e fa cattivo giornalismo, le due cose possono essere messe in relazione. Ma in realtà non è necessariamente importante: si può anche avere il coraggio e l'abilità di raccontare certi aspetti pur non essendo esperti o non conoscendo bene il contesto. Ma evidentemente non è questo il suo caso.
Quanto alla sua ultima frase, mi fa cadere le braccia. L'appello non parla di Marinella, ma si riferisce a un ben più ampio insieme di attori che vanno dalla sinistra estrema fino alla destra estrema. Sono io che l'ho attaccata perché qualcuno faceva riferimento ai suoi report come possibili risposte al nostro appello. Di questo quindi sono io unicamente responsabile.
Secondo, dietro l'appello non ci sono giornalisti con appartenenze politiche o politici o non so chi altro, ma ricercatori indipendenti che, come ripeto, hanno posizioni assolutamente chiare contro le politiche occidentali nella regione (questo vale anche per me). Se quello che loro dicono le conferma che Marinella sulla Siria fa un buon lavoro, beh, di nuovo, mi cadono le braccia ed è davvero inutile che parliamo.
C'è uno storico belga, Piccinin, che la pensava come la pensate voi. è stato in Siria, probabilmente per raccogliere prove a favore del complotto contro il regime. è stato per errore imprigionato una settimana. Ora vuole l'intervento armato (contro cui io mi schiero con tutto me stesso, giusto per ripetere). Chissà, forse una settimana in prigione in Siria servirebbe a molta gente....facile fare il reporter pro-regime con i minders a spasso...
cordiali saluti
Enrico De Angelis Researcher at CEDEJ, Cairo 0039-3393250983
Il giorno 05/giu/2012, alle ore 14.36, Alessandro Marescotti ha scritto: Messaggio per Enrico De Angelis Trovo sgradevole questo intervento finalizzato a screditare Marinella Correggia. Espressioni del tipo "un personaggio come Marinella Correggia" le avverto come assolutamente fuori luogo, specie qui. C'e' il pieno diritto di criticarci ma e' inopportuno scendere sul piano personale. Per quanto mi riguarda ho apprezzato e apprezzo Marinella. La conosco dal 1991. I suoi contributi parlano sufficientemente. Il fatto che un intero stuolo di studiosi si sia mosso per attaccarla come "bersaglio" con un apposito appello non fa che evidenziarne le indubbie qualita'. Alessandro Marescotti
Date: Tue, 5 Jun 2012 13:03:46 +0200 Subject: Fwd: [pace] Fwd: Risposta al commento su Appello Siria
Ciao,
Enrico De Angelis mi ha chiesto di mandarvi il suo contributo (vedi sotto) perchè, non essendo in lista, era stato rigettato. Spero che ora funzioni. Grazie Loretta
Ciao a tutti,
vi rispondo solo a nome mio e non a nome dei firmatari dell'appello (semmai potreste mettere la mail dell'appello in cc così anche gli altri sono al corrente del dibattito).
Sono d'accordissimo con Alberto che il dibattito non è sterile, anzi. L'intento dell'appello era proprio questo e pensiamoci di esserci riusciti. Non ho ancora avuto tempo di leggere le risposte sul blog di Alberto.
Non so perché Alberto ritenga la firma di Paolo dell'Oglio incomprensibile, dato che noi e lui abbiamo esattamente le stesse opinioni. Paolo (che ho conosciuto nel lontano 2006, ma Lorenzo lo conosce meglio di me) è impegnato fin dall'inizio nel tentativo del dialogo, e per questo il regime voleva allontanarlo. è anche convinto tuttavia che la rivolta in Siria sia autentica e che il risultato finale debba essere una Siria pluralista e democratica, e l'ultimo appello è indirizzato anche al regime chiedendogli di fare un passo indietro, mentre la lettera a Kofi Annan è appunto il riconoscimento del possibile ruolo dell'ONU in questa situazione. Non vedo dove siano i punti che contrastano con il nostro appello, che va esattamente in questa direzione. Paolo dell'Oglio sa che la rivolta è autentica e la vede, come noi, nella sua complessità. Comunque scrivetegli, vi risponderà lui.
Ma per esempio tra lui e un personaggio come Marinella Correggia, che voi citate, c'è un abisso. Mi fa strano che decidiate di usare dei post di Marinella, i cui scritti rappresentano esattamente il bersaglio del nostro appello e di cui penso tutto il male possibile. Una persona che non conosce niente di Siria, usa qualsiasi pretesto per sostenere la natura fabbricata della rivolta, e che è andata a Damasco come giornalista embedded (con tanto di visa) come un giornalista della Fox al seguito delle truppe americane in Iraq. Lo so perché ho molti amici giornalisti che mi chiedono contatti quando vanno in Siria e mi raccontano esattamente come funziona quando ci vai con il visa del governo, seguito dai minders del regime. Questo lei dovrebbe dirlo ma non lo fa, vorrei vedere se volesse avere accesso a differenti fonti di informazione: veri oppositori. Quando contatto per conto di giornalisti i molti attivisti siriani dentro e fuori la Siria, la prima domanda che mi fanno è "entra con il visa o no?" perché a seconda della risposta cambiano i contatti che sono disposti a darmi....Questo per dirvi quanto possa essere limitata la visione di un reporter che va a lavorare in queste condizioni. I reportage di Marinella Correggia dalla Siria sono per quanto mi riguarda quanto di peggio c'è in circolazione, lo dico senza problemi. E sono tra quelli che ci hanno spinto, dopo mesi di mal di pancia a leggere le falsità che contengono, a decidere di unirci in questo appello.
Con queste persone qua, che non parlano l'arabo, non hanno reali contatti con la gente di là prima della rivolta, non conoscono la storia della Siria, e che decidono sulla base delle poche e spesso falsissime informazioni che hanno che si tratti di un complotto, onestamente non vorrei sprecare il mio tempo a parlare. Perché so che è completamente inutile. è una scelta ideologica e frutto di pregiudizi, che non c'entra nulla con quello che realmente accade.
Detto questo, il dialogo con chi vuole ascoltare continuerà e sono contento di questo. Quando Loretta afferma: "Noi, penso, dobbiamo cercare i modi per svelare di più questo disegno e batterci contro di esso, supportando le forze che vogliono realmente un cambiamento", ecco, questo è esattamente il nostro punto. Ma il disegno, cara Loretta, non è occidentale. Ci sono tanti disegni in corso, perché in una zona come la SIria è chiaro che ognuno vuole dire il suo. Quindi si, il vostro compito sarebbe di individuare questi attori, e puntare su questi. Io li conosco già e già lo faccio. Non è che sono con USA ed Europa, che se parlano lo fanno perché costretti dalla pressione mediatica o per i propri interessi, né con Qatar e Arabia Saudita, di cui penso anche tutto il male possibile. Ma certo sono anche e ancora di più contro il regime, Russia e Iran, che giocano in questa situazione il ruolo che Stati Uniti giocavano e giocano in America Latina.
Quindi ripartire da questo e non certo dalle idee di Marinella Correggia, che queste forze spontanee, popolari e autentiche sembra non conoscerle proprio e di rifiutarne la legittimità (come il regime siriano, vedi ultimo discorso di Bashar).
Dato che mi avete coinvolto in questo dialogo, ne approfitto per raccontarvi perché sono divenuto così coinvolto in questa situazione, così ci capiamo meglio. La Siria per me è una seconda patria e per tutti gli anni che ci ho passato non ho mai avuto problemi con il regime. Ci conoscevamo bene, mi lasciavano libertà di azione e di organizzazione di attività anche su temi delicati, perché sapevano che non andavano oltre circoli di elite culturali e accademiche nel paese. Il ministero dell'informazione per me era una seconda casa, ho diversi amici là (alcuni ora sono stati in prigione perché hanno aderito alla rivolta).
Non sono un interventista, e per me la Siria era un paradiso: paese povero ma sicuro, economico, bellissimo. Il paradiso del ricercatore credetemi. Non ho nessun vantaggio dalla rivoluzione, che non mi consente più di andarci (ora sanno da che parte sto) e che anche se la svolta democratica avvenisse presenterà problemi per molti anni, dato che ormai le infiltrazioni di al-qaeda sono divenute una realtà.
E tuttavia la mia opposizione al regime nasce, prima ancora che dalla mia conoscenza diretta e accademica di quello che avviene nel paese e fuori di esso, da questioni personali. Mi spiego. Quando la rivolta è cominciata (ero tornato in Italia dalla Siria da appena un mese) i miei amici, perfino i più insospettabili e apolitici, hanno aderito alla rivolta, a volte sinceramente sorprendendomi (inutile dirvi quante persone conosca in Siria: tantissime con tantissime idee diverse e discuto ancora con molti pro-regime, anche se più difficilmente di prima). Queste persone sono state immediatamente arrestate, torturate e così via (alcuni di loro sono morti, di altri non ho più notizie da mesi). Inutile dire che i pro-regime stanno tutti benissimo.
La rivolta è nata autentica. I miei carissimi amici del giornale Qasiun, un giornale comunista semi-legale, tutti anti-americani e anti-israeliani fino al midollo, ne fanno parte. Sono più anti-americani e anti-israeliani di chiunque di noi, eppure sono con la rivolta e pagano, a volte con la vita, questa scelta.
Chiunque non abbia questa conoscenza pre-rivolta della Siria, non può ricostruire le cose per bene, ed è il caso di gente come Marinella Correggia. E mi tocca leggere dai reportage di queste persone che i miei amici non esistono! Per loro è tutto organizzato dall'esterno, c'è una campagna mediatica contro il regime.
Sono tutte cose assolutamente non vere, punto. Non c'è da discutere su questo. Io ho scritto un libro per Carocci su guerra e mass media. è il mio lavoro, mi occupo di comunicazione politica internazionale da dieci anni. Chi dice che c'è una campagna mediatica in corso contro la Siria, non conosce nulla di questi argomenti. Una campagna mediatica è ben altra cosa, e il caso dell'Iraq 1991 e 2003 ne sono degli esempi. La Libia è ancora un altro caso, c'è stata ma non altrettanto preparata.
Sulla Siria possiamo parlare del ruolo ambiguo di media come Al-Jazeera, e siamo d'accordo. Possiamo parlare di tanti errori e imprecisioni nella copertura degli eventi, e siamo ancora d'accordo. Ma la copertura mediatica sulla Siria riflette pienamente l'indecisione che a livello decisionale contraddistingue l'Occidente in questo momento. Il 15 marzo scorso, anniversario dell'inizio della rivolta, i giornali italiani non hanno dedicato niente alla Siria, se non qualche trafiletto. Ambienti vicini a Israele dipingono la rivolta come guidata da al-Qaeda, perché Israele ha paura dell'instabilità. Magdi Allam e Fiamma Nirenstein, signori miei, scrivono le stesse identiche cose della Correggia, vi rendete conto? L'attenzione per la SIria, considerato il numero di morti e la sua importanza strategica, non è nulla. Ma sapete veramente cosa è una campagna mediatica e come viene realizzata? Una campagna mediatica si fa con quotidiane affermazioni contro i dittatori e tanti altri, ormai elaboratissimi, mezzi. Ma se andate a rivedere le dichiarazioni di Obama e della Clinton dall'inizio della rivolta (io le conosco tutte a memoria), resterete sbalorditi dal vedere come Bashar è dipinto come un riformatore, come uno che se ne deve andare ma di sua volontà, come uno che può condurre la SIria verso la democrazia e gli deve essere dato tempo. Ma di che stiamo parlando? Guardate che qui c'è veramente un abbaglio collettivo se pensate che ci sia una campagna mediatica.
Le esagerazioni mediatiche ci sono, certo, ma sono errori giornalistici, anche dovuti al fatto che gli attivisti ovviamente esagerano. Ho scritto articoli accademici su questo, perché è esattamente il mio campo di indagine e sono molto critico verso la copertura mediatica della rivolta e il ruolo eccessivo di alcuni attivisti, ma ci sono ragioni precise dietro questi problemi, non sono il frutto di una campagna mediatica già disegnata. è come il gioco dei numeri della questura in Italia. Il regime dice che non ci sono stati morti, gli attivisti dicono che erano 100, ma non ci sono fotografie e video, non abbastanza, per verificare la realtà. Forse i morti erano 50, forse 70 forse 30. Io ci parlo con gli attivisti di questi problemi, so come pensano e come agiscono. Mi dicono: dobbiamo esagerare, perché altrimenti nessuno si occupa di noi, e anche perché devi esagerare perché altrimenti non riesci a trasmettere la gravità di quello che succede.
Ma quello che a noi importa è che i morti ci sono stati e l'abbondanza di prove c'è, per chi segue da vicino la questione e ha accesso a fonti in arabo e alla gente che questa rivolta la fa, ogni giorno su fb c'è la foto di un citizen journalist che muore in Siria per fare quello che fa, la foto con nome e cognome.
Io questa operazione di ricostruzione posso farla e la faccio e vi dico qual'è la situazione. Il regime poteva autorizzare giornalisti embedded fin dall'inizio: un giornalista della BBC camera alla mano avrebbe sicuramente filmato questi fantomatici terroristi che secondo il regime già un anno fa guidavano la rivolta. Ma non lo ha fatto, perché sapeva benissimo che questi terroristi erano a quel tempo un'invenzione e che i giornalisti avrebbero filmato al contrario tutta un'altra realtà.
La rivolta in Siria è una rivolta contro tutti: contro il regime prima di tutto, ma anche contro intromissioni dall'esterno, dalla Russia al Qatar, dall'Arabia Saudita all'Iran. Ma noi dobbiamo stare dalla parte della gente che questa rivolta la fa sul campo. Non scegliere tra questi schieramenti.
Se poi non vi volete fidare di quello che vi racconto, naturalmente è vostro diritto. Ma per favore non portatemi Marinella Correggia come una che può dire qualcosa di sensato sulla Siria. Per me tra lei e Fiamma Nirenstein c'è poca differenza. So che si offenderà ma è la verità: d'altra parte scrivono le stesse cose, solo la Nirenstein accusa Qatar e Arabia Saudita e Marinella Correggia ci aggiunge gli Stati Uniti. Poca differenza.
saluti
Enrico De Angelis Researcher at CEDEJ, Cairo 0039-3393250983
Il giorno 05/giu/2012, alle ore 11.11, loretta mussi ha scritto: Non credo che giovi, in queste situazioni, usare i toni forti e sarcastici.Quello che ci interessa è rompere la informazione distorta sulla Siria (come sul resto dei movimenti in corso), affinchè più persone e piu pezzi dei movimenti/organizzazioni a sinistra si sollevino per tentare di impedire che vada ad effetto il tentativo di destabilizzazione in corso che mira non tanto a destituire il regime ma ad indebolire il paese, non importa a quale prezzo per la popolazione; e questo non certo per la democrazia ma per renderlo conforme ai disegni strategici che, anche attraverso la "normalizzazione siriana", vengono portati avanti nella regione.
Credo che l'Occidente, per le ragioni che conoscete (fallimenti passati, Russia e Cina, interessi di Israele), non miri ad attaccare la Siria con una sua guerra (almeno non ora), ma piuttosto ad indebolirla e portarla allo stremo con un conflitto strisciante ma sanguinoso interno, che alla lunga, forte anche dello schieramento sunnita ed antisciita nella regione, porti ad scardinare il fronte sciita che per ora tiene. Comunque tutto è possibile.
Noi, penso, dobbiamo cercare i modi per svelare di più questo disegno e batterci contro di esso, supportando le forze che vogliono realmente un cambiamento (Ossama al Tawil diceva che il regime va smontato pezzo per pezzo) per evitare che restino schiacciate tra regime ed opposizione sostenuta dai regimi del Golfo, ed impedire il gioco al massacro, su cui spingono il cosiddetto esercito libero e le forse interne ed esterne che lo sostengono.
In questo senso andrebbero sostenute le proposte che Padre Paolo Dall'Oglio faceva nella sua lettera a Kofi Annan.
Grazie Loretta Il giorno 05 giugno 2012 06:46, Alberto Cacopardo <alberto.cacopardo at alice.it> ha scritto:
Cari amici,
vi inoltro qui sotto la risposta di Enrico De Angelis, Lorenzo
Trombetta e altri alle mie osservazioni sull'appello Siria degli
arabisti pubblicate sul mio blog e comunicate a questa lista il 2
giugno. In questa risposta emerge qualche elemento nuovo.
Prego tutti di prestare attenzione a questo dibattito, perché
l'appello è importante per la sua provenienza, può avere conseguenze
molto negative e sono convinto che parecchi dei firmatari, che
comprendono arabisti di tutto rispetto, non abbiano ben riflettuto
sul suo contenuto e le sue implicazioni, ammesso che tutti lo
abbiano letto.
Vi ricordo che fra i firmatari c'è anche Padre Paolo Dall'Oglio di
Mar Musa, la cui adesione, considerato quanto ha detto e fatto
finora, mi riesce piuttosto inspiegabile.
Mi sono permesso di inserire sul mio blog le risposte punto per
punto che Lorenzo Galbiati ha inviato ieri sera a questa lista (che
sono spesso migliori delle mie), aggiungendo due osservazioni
inviate da Marinella Correggia il 2 giugno.
Adesso intendo pubblicare un altro post con la risposta qui sotto
riportata e le mie controdeduzioni. E' mio proposito far emergere le
contraddizioni nella loro posizione ed ottenere risposte precise ad
alcune domande molto precise, alcune delle quali già poste da
Lorenzo.
INVITO tutti quelli che possono a contribuire a questo dibattito,
inviando a questa lista osservazioni e domande, anche brevi, sui
singoli punti, sia di questa risposta qui sotto, sia dell'appello
originario. Provvederò a pubblicarle tutte sul mio blog.
Così facendo, spero che potremo ottenere infine dei chiarimenti da
alcuni dei firmatari più rispettabili, come Paolo Dall'Oglio,
Samuela Pagani e parecchi altri.
Alberto Cacopardo
NB. Questo messaggio è inviato per conoscenza a Enrico De Angelis e
al prof. Stefano Pellò, islamista dell'Università Ca' Foscari di
Venezia.
-------- Messaggio originale --------
Gentile Alberto Cacopardo,
le inviamo la risposta alle sue osservazioni sull'appello
"Siria. Basta con il sostegno alla repressione"
La ringraziamo per le sue osservazioni.
"Caro Alberto
Cacopardo,
come promotori
dell'appello "Siria - Basta con il sostegno alla repressione",
intendiamo rispondere, brevemente, a quanto da lei scritto in
rapporto
all'appello stesso. Purtroppo non possiamo rispondere punto
per punto, non ne
abbiamo il tempo.
Dunque solo alcune
generali considerazioni e qualche precisazione. Primo, il
promotore non è Amedeo Ricucci, da dove ha preso questa
informazione? Amedeo
Ricucci è solo uno dei tanti firmatari, l'abbiamo contattato
noi dopo aver
scritto l'appello. Secondo, non ci
piace il fatto che lei all'inizio ci definisca persone "ben
intenzionate e
che si ritengono ben informate dei fatti". Noi non ci
riteniamo persone
ben informate dei fatti. Lo siamo. Nella misura in cui
qualcuno che si occupa
da anni di un oggetto di ricerca, ha accesso a tutte le fonti
di informazioni
possibili, segue da vicino lo svolgimento delle vicende, deve
essere ritenuto,
non si ritiene, ben informato dei fatti. Non pensiamo che
quando si va da un
medico specialista che dà una certa diagnosi su una questione
di cui esperto si
dica "si ritiene ben informato". Lo è, anche se poi può
sbagliare
nonostante questo certi aspetti della diagnosi. Ma noi
rifiutiamo categoricamente
questo relativismo secondo il quale ogni opinione sia da
mettere sullo stesso
piano e che non sia possibile ricostruire la realtà dei fatti.
Prova ne è che
la stragrande maggioranza di coloro che hanno reali contatti
con il mondo arabo
e gli eventi in corso la pensa in linea di massima come noi.
C'è una vera
frattura a sinistra tra i "ben informati" e i "mal
informati" e questo è purtroppo evidente. E infatti quando lei
parla degli
armamenti ai rivoltosi o della questione del conto delle
vittime le diciamo: è
semplicemente scarsamente informato. Entrambi questi elementi
possono essere
ricostruiti, l'abbiamo detto nell'appello e non abbiamo certo
il tempo di
portare singole prove a chiunque. Terzo, alcune
delle sue critiche sono anche legittime (altre appunto meno e
fondate a nostro
avviso su una scarsa conoscenza dei fatti), ma il problema è
sempre lo stesso:
nonostante la complessità delle vicende siriane, l'elemento
cruciale sta nel
dare solidarietà a chi in Siria conduce sul terreno questa
rivolta, per lo più ancora
in modo pacifico. Condannare il regime è il punto iniziale di
qualunque
discussione, poi si possono discutere i dettagli e come
risolvere la questione.
È questo il punto di partenza per cercare di influenzare in
modo positivo gli
eventi in corso, rafforzando le componenti più autentiche e
popolari della
rivolta e isolando altre tendenze come quelle interventiste o
legate agli
interessi del Golfo e così via. Ma ancora una volta lei usa
alcune
argomentazioni, ripetiamo alcune delle quali si possono
discutere, per evitare
di dare chiaramente questa solidarietà, e questo ci sembra
quell'errore
imperdonabile di molti che si ritengono "pacifisti" e
"anti-imperialisti" (non tutti per fortuna). Non dare
solidarietà
alla rivolta significa lavarsene le mani e, in ultima analisi,
appoggiare il
regime e la sua repressione. Quarto, lei ci
dice che non si capisce bene perché a questo punto siamo
contro l'intervento
militare. Siamo contro l'intervento militare perché siamo
convinti che
peggiorerebbe le cose. Semplicemente. Così come siamo contro
la
militarizzazione della rivolta anche se, lo ripetiamo, tale
militarizzazione è
una conseguenza, non la causa, della risposta violenta da
parte del regime fin
dal principio. Ma come detto, questo è un falso punto di
discussione e tutte le
prove ci dicono questo. A parte sanzioni e velate minacce,
niente di più. Ma
certo se dovesse divenire una guerra civile in piena regola, è
chiaro che anche
l'intervento armato potrebbe divenire una realtà. Ma molti
(non sappiamo se
anche lei) questo elemento l’hanno sbandierato fin dal primo
giorno della
rivolta, quindi ci sembra solo un po' ipocrita e strumentale
come
argomento. Quinto, sappiamo
che esiste un gruppo "amici della Siria". Ma lei dovrebbe
sapere che
si è formato tardissimo e che, soprattutto, finora non ha
prodotto nessun
risultato tangibile. Noi siamo con coloro che la rivoluzione
la stanno facendo
sul campo, molti di loro li conosciamo personalmente. Ancora
una volta, usare
queste argomentazioni per abbandonare a se stesse tutte le
altre componenti
della rivolta è secondo noi imperdonabile e completamente
fuorviante.
La
ringraziamo per l'attenzione e per le critiche Distinti Saluti Estella Carpi, PhD
student, University of Sidney. Elena Chiti,
arabista e traduttrice Enrico De Angelis,
PhD sulla comunicazione politica in Siria e ricercatore presso
il Cedej, Cairo.
Jolanda Guardi,
Universitat Rovira i Virgili, Terragona, Spagna. Caterina Pinto,
arabista e traduttrice Lorenzo Trombetta,
PhD sulla struttura del potere nella Siria degli al-Asad),
studioso di Siria
contemporanea."
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