A proposito dell'assoluta convinzione del'appello degli arabisti che non ci sarà una guerra alla Siria



...mi ricorda Immanuel Wallerstein il giorno prima della decisione circa la no-fly zone sulla Libia e due giorni prima l'avvio dei bombardamenti: scrisse con sicumera "non ci sarà nessuna no-fly zone sulla Libia" e anche che Chavez che si opponeva a interventi armati e ingerenze bellicose, era praticamente un povero deficiente.

L'articolo uscì il giorno della no-fly zone con effetto surreale ma ovviamente non per tutti.

Poi ovviamente nessuno ammette i propri svarioni. Sarà così anche stavolta.

Inoltre è surreale che gli "arabisti" scrivano che non c'è mano esterna nella rivolta! quando Qatar e Arabia Saudita lo rivendicano!

E che ignorino atti efferati (uccisioni, rapimenti, kamikaze) pur documentatissimi. 

Non so più cosa dire.

Marinella

Da: Alberto Cacopardo <alberto.cacopardo at alice.it>
A: pace at peacelink.it
Inviato: Sabato 2 Giugno 2012 8:50
Oggetto: Re: [pace] Siria... per quelli che hanno gli occhi aperti

Ho pubblicato sul mio blog una dettagliata risposta all'"appello degli arabisti" promosso da Amedeo Ricucci, che considero piuttosto importante perché proviene da persone rispettabili che si ritengono informate sui fatti.

Questo è l'inizio:

Con questo appello ci dissociamo e condanniamo la posizione e il tipo di copertura mediatica che molti movimenti e testate giornalistiche italiane – da alcune d’ispirazione pacifista e anti-imperialista a quelle vicine ad alcuni ambienti cattolici o filo-israeliani – dimostrano nei confronti della rivoluzione in Siria.
Molti di questi attori continuano a offrire un resoconto distorto degli eventi in corso, sostenendo che la rivolta è guidata dall’esterno, dunque non autentica, mettendone in dubbio il fondamento pacifico e sostenendo di fatto la brutale repressione da parte del regime di Bashar al Asad.
 
Io non ho sentito molti sostenere che la rivolta sia guidata dall’esterno. Sarebbe difficile pretenderlo, poiché è abbastanza chiaro che la rivolta non è veramente guidata da nessuno. L’opposizione siriana è formata da un fronte molto eteroclito di forze che non risultano per nulla omogenee e concordi. Il Consiglio Nazionale Siriano, che pretende di guidarla, è notoriamente composto da siriani all’estero, attualmente divisi da profonde lacerazioni, che si appoggiano ad una galassia di organizzazioni operanti nel paese, in parte armate e in parte no, che non sembrano, per il momento, prendere ordini da un unico centro. Altra cosa è sostenere che la rivolta è appoggiata da forze e governi stranieri, cosa che è sotto gli occhi di tutti e che è del resto riconosciuta nella versione estesa, dove si ammette che “la pressione di attori esterni diventa sempre più rilevante giorno dopo giorno”.
In secondo luogo, il testo sembra implicare che a mettere in dubbio “il fondamento pacifico” della rivolta, si sostiene di fatto la brutale repressione di Assad. Ma, se è vero che la ribellione nacque in origine pacificamente e senza armi, oggi è difficile non mettere in dubbio quel carattere pacifico davanti alla “deriva militare” che il documento stesso menziona più avanti. Negli ultimi mesi, le componenti più oltranziste della ribellione, che hanno ormai nelle mani larghe aree del paese, si sono lasciate andare ad atti di violenza sfrenati e spaventosi, anche nei confronti di civili, donne e bambini, che non si possono passare sotto silenzio. Riconoscere questi dati di fatto non significa per nulla “sostenere la brutale repressione”, ma semplicemente attenersi alla verità.



Il 28/05/2012 18.17, mary r ha scritto:

Siria: basta balle, basta repressione

mag 28, 2012 by admin
Siria:
              basta balle, basta repressione
Qui di seguito il testo di un Appello lanciato oggi e sottoscritto da un vasto gruppo di arabisti italiani, che da 15 mesi seguono i drammatici avvenimenti in corso in Siria. Per chi abbia voglia sia di sottoscriverlo che di approfondirne le ragioni l’indirizzo web è il seguente: http://appellosiria.wordpress.com/. Io l’ho già fatto.
“Con questo appello ci dissociamo e condanniamo la posizione e il tipo di copertura mediatica che molti movimenti e testate giornalistiche italiane – da alcune d’ispirazione pacifista e anti-imperialista a quelle vicine ad alcuni ambienti cattolici o filo-israeliani – dimostrano nei confronti della rivoluzione in Siria.
Molti di questi attori continuano a offrire un resoconto distorto degli eventi in corso, sostenendo che la rivolta è guidata dall’esterno, dunque non autentica, mettendone in dubbio il fondamento pacifico e sostenendo di fatto la brutale repressione da parte del regime di Bashar al Asad.
Usano categorie che appartengono a una logica capovolta: diventa “laico” un regime clanico e che da decenni esercita il potere sfruttando le divisioni comunitarie; diventa “terrorismo” la resistenza a una repressione feroce del dissenso.
In modo altrettanto grave, questi sostenitori del regime di Damasco ignorano o fanno finta di ignorare i numerosi e drammatici episodi di dissenso interno contro il regime degli al Asad da quarant’anni ad oggi, considerando nella loro analisi solo gli eventi post-15 marzo 2011.
I firmatari di questo appello sostengono che:
1) La rivoluzione siriana è spontanea e di natura popolare, nata sulla scia delle altre rivolte arabe.
2) Il regime siriano è non solo corrotto, ma le politiche pseudo-liberiste che ha portato avanti negli ultimi anni hanno favorito le élites vicine agli al Asad, allargando drammaticamente la forbice tra ricchi e poveri: la rivoluzione nasce prima di tutto dalla richiesta di redistribuzione della ricchezza e di giustizia sociale.
3) Non esiste un complotto straniero contro il regime siriano che dalla fine della Guerra Fredda assicura invece stabilità alla regione – in particolare al Medio Oriente post-11/9 – ed è stato per anni un interlocutore importante per gli Stati Uniti.
4) Non è vero che ci sia una campagna mediatica contro il regime di Bashar al Asad. Pur ammettendo ingenuità o esagerazioni da parte dagli attivisti anti-regime, le fonti credibili esistono e sono numerose. La scelta di non lasciar lavorare liberamente i giornalisti nel Paese ricade completamente sul regime. Molti di coloro che affermano che le fonti degli attivisti siano false e artefatte, spesso non conoscono l’arabo e basano dunque le proprie valutazioni sulla lettura di fonti secondarie in lingue occidentali, tradendo uno dei principi fondamentali del giornalismo e della ricerca.
5) I principali valori in nome dei quali la rivoluzione è portata avanti non sono di natura strettamente religiosa: libertà, dignità, giustizia sociale, rispetto dei diritti umani, trasparenza nella politica. Pertanto la rivoluzione siriana non è un’insurrezione dei sunniti contro alawiti e cristiani, i quali spesso invece sono dissidenti ed attivisti e, per questo, ancora più perseguitati. È stato il regime che fin dall’inizio – confermando l’antica strategia del divide et impera – ha strumentalizzato le divisioni etnico-comunitarie ed evitato un autentico dialogo nazionale. Gruppi religiosi estremisti nell’ambito della rivolta esistono, ma rappresentano un’esigua minoranza.
6) La deriva militare della rivolta è il risultato della brutale repressione del regime contro un movimento rimasto pacifico per lunghi mesi e che continua a esser tale in numerose località e città. La tesi secondo cui i gruppi dell’Esercito libero siano pesantemente armati da potenze straniere contrasta in modo lampante con l’incapacità dei ribelli di sostenere confronti armati aperti con i governativi. Nonostante gli atti ingiustificati di violenza da parte dei ribelli armati, le differenze tra i due schieramenti sul piano dei crimini commessi sono enormi: i numeri contano.
7) Non siamo a favore di un intervento militare in Siria. La polemica intorno a questo punto, tuttavia, rappresenta un argomento inutile e strumentale, essendo evidente che nessuna potenza straniera occidentale sia intenzionata a intervenire militarmente a sostegno della rivoluzione.
8) Le considerazioni di tipo geopolitico sul futuro della Siria sono doverose, ma non possono servire da pretesto per un rimescolamento delle responsabilità e un capovolgimento di ruolo tra oppressore e oppresso. La condanna delle pratiche del regime e la solidarietà ai resistenti dovrebbero invece costituire la precondizione per discutere scenari futuri e negoziare le modalità di uscita dalla crisi.”
Primi firmatari (in ordine alfabetico)
- Marco Allegra Research Fellow presso il Centro de Investigação e Estudos de Sociologia (CIES), Instituto Universitàrio de Lisboa (IUL).
- Sergio Bianchi, assistente d’insegnamento presso l’Institut des hautes études internationales et du développement (Iheid) di Ginevra.
- Estella Carpi, Ph.D. student, The University of Sydney.
- Elena Chiti, arabista e traduttrice.
- Ramona Ciucani, arabista e traduttrice.
- Mirko Colleoni, arabista e ricercatore indipendente.
- Giovanni Curatola, professore, docente di Archeologia e storia dell’arte musulmana alle università di Udine e Milano.
- Isadora D’Aimmo, docente a contratto di letteratura Araba, Università di Firenze, domiciliata al Cairo.
- Paolo Dall’Oglio, fondatore della comunità monastica di Mar Musa, Siria.
- Enrico De Angelis, Ph.D. (oggetto: comunicazione politica in Siria), Ricercatore presso il CEDEJ, Cairo.
- Lorenzo Declich, Ph.D., arabista, Tutto in 30 Secondi – Appunti e note sul mondo islamico contemporaneo.
- Marcella Emiliani, già Prof.ssa di Storia e Istituzioni del Medio Oriente presso la facoltà ‘Roberto Ruffilli’ dell’Università di Bologna (polo di Forlì).
- Stefano Femminis, direttore della rivista ‘Popoli’.
- Ersilia Francesca, professoressa, docente di Storia dei Paesi islamici presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
- Sara Fregonese, British Academy Postdoctoral Fellowship, UK.
- Gennaro Gervasio, Professore, British University, Cairo.
- Giuseppe Giulietti, deputato e portavoce di Articolo 21.
- Jolanda Guardi, Universitat Rovira i Virgili, Tarragona, Spagna.
- Michelangelo Guida, Department of Political Science and Public Administration, Fatih University, Istanbul.
- Marco Hamam, Ph.D., docente di lingua araba.
- Michael Humphrey, professore, Department of Sociology and Social Policy, The University of Sydney.
- Amara Lakhous, Ph.D., scrittore.
- Alfredo Laudiero, già docente di Storia dell’Europa orientale presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.
- Il Lavoro Culturale, www.lavoroculturale.org
- Guido Moltedo, scrittore e giornalista.
- Aldo Nicosia, Ph.D., ricercatore e docente di lingua araba.
- Samuela Pagani, docente di Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
- Maria Elena Paniconi, ricercatrice di lingua e letteratura araba, Università degli Studi di Macerata.
- Marinella Perrone, docente presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, Roma, e Presidente Coordinamento teologhe italiane.
- Caterina Pinto, arabista e traduttrice.
- Alberto Savioli, archeologo con una decennale esperienza in Siria.
- Marcello Scalisi, direttore esecutivo di Unimed, Unione delle Università del Mediterraneo.
- Lucia Sorbera, Ph.D., Department of Arabic and Islamic Studies, University of Sidney.
- Mariagiovanna Stasolla, professore di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata
- Antonella Straface, docente di Lingua araba presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
- Younis Tawfik, scrittore, docente di Lingua araba presso l’Università di Genova.
- Andrea Teti, Co-Director Interdisciplinary Approaches to Violence, Department of Politics & IR, University of Aberdeen, UK.
- Mattia Toaldo, Post-Doctoral fellow British School at Rome/Society for Libyan Studies.
- Lorenzo Trombetta, Ph.D. (oggetto: La struttura del potere nella Siria degli al Asad), studioso di Siria contemporanea.
- Anna Vanzan, docente di Cultura araba presso l’Università degli Studi di Milano.