Siria:
basta balle, basta repressione
mag
28, 2012 by admin
Qui di seguito il testo di un Appello
lanciato oggi e sottoscritto da un vasto gruppo di arabisti italiani,
che da 15 mesi seguono i drammatici avvenimenti in corso in
Siria. Per chi abbia voglia sia di sottoscriverlo che
di approfondirne le ragioni l’indirizzo web è il seguente: http://appellosiria.wordpress.com/. Io l’ho già fatto.
“Con questo appello ci dissociamo
e condanniamo la posizione e il tipo di copertura mediatica che molti
movimenti e testate giornalistiche italiane – da alcune d’ispirazione
pacifista e anti-imperialista a quelle vicine ad alcuni ambienti
cattolici o filo-israeliani – dimostrano nei confronti della
rivoluzione in Siria.
Molti di questi attori continuano
a offrire un resoconto distorto degli eventi in corso, sostenendo che
la rivolta è guidata dall’esterno, dunque non autentica, mettendone in
dubbio il fondamento pacifico e sostenendo di fatto la brutale
repressione da parte del regime di Bashar al Asad.
Usano categorie che appartengono a
una logica capovolta: diventa “laico” un regime clanico e che da
decenni esercita il potere sfruttando le divisioni comunitarie;
diventa “terrorismo” la resistenza a una repressione feroce del
dissenso.
In modo altrettanto grave, questi
sostenitori del regime di Damasco ignorano o fanno finta di ignorare i
numerosi e drammatici episodi di dissenso interno contro il regime
degli al Asad da quarant’anni ad oggi, considerando nella loro analisi
solo gli eventi post-15 marzo 2011.
I firmatari di questo appello
sostengono che:
1) La rivoluzione siriana è spontanea
e di natura popolare, nata sulla scia delle altre rivolte
arabe.
2) Il regime siriano è non solo
corrotto, ma le politiche pseudo-liberiste che ha portato avanti negli
ultimi anni hanno favorito le élites vicine agli al Asad, allargando
drammaticamente la forbice tra ricchi e poveri: la rivoluzione nasce
prima di tutto dalla richiesta di redistribuzione della ricchezza e di
giustizia sociale.
3) Non esiste un complotto straniero
contro il regime siriano che dalla fine della Guerra Fredda assicura
invece stabilità alla regione – in particolare al Medio Oriente
post-11/9 – ed è stato per anni un interlocutore importante per gli
Stati Uniti.
4) Non è vero che ci sia una campagna
mediatica contro il regime di Bashar al Asad. Pur ammettendo ingenuità
o esagerazioni da parte dagli attivisti anti-regime, le fonti
credibili esistono e sono numerose. La scelta di non lasciar lavorare
liberamente i giornalisti nel Paese ricade completamente sul regime.
Molti di coloro che affermano che le fonti degli attivisti siano false
e artefatte, spesso non conoscono l’arabo e basano dunque le proprie
valutazioni sulla lettura di fonti secondarie in lingue occidentali,
tradendo uno dei principi fondamentali del giornalismo e della
ricerca.
5) I principali valori in nome dei
quali la rivoluzione è portata avanti non sono di natura strettamente
religiosa: libertà, dignità, giustizia sociale, rispetto dei diritti
umani, trasparenza nella politica. Pertanto la rivoluzione siriana non
è un’insurrezione dei sunniti contro alawiti e cristiani, i quali
spesso invece sono dissidenti ed attivisti e, per questo, ancora più
perseguitati. È stato il regime che fin dall’inizio – confermando
l’antica strategia del divide et impera – ha strumentalizzato
le divisioni etnico-comunitarie ed evitato un autentico dialogo
nazionale. Gruppi religiosi estremisti nell’ambito della rivolta
esistono, ma rappresentano un’esigua minoranza.
6) La deriva militare della rivolta è
il risultato della brutale repressione del regime contro un movimento
rimasto pacifico per lunghi mesi e che continua a esser tale in
numerose località e città. La tesi secondo cui i gruppi dell’Esercito
libero siano pesantemente armati da potenze straniere contrasta in
modo lampante con l’incapacità dei ribelli di sostenere confronti
armati aperti con i governativi. Nonostante gli atti ingiustificati di
violenza da parte dei ribelli armati, le differenze tra i due
schieramenti sul piano dei crimini commessi sono enormi: i numeri
contano.
7) Non siamo a favore di un intervento
militare in Siria. La polemica intorno a questo punto, tuttavia,
rappresenta un argomento inutile e strumentale, essendo evidente che
nessuna potenza straniera occidentale sia intenzionata a intervenire
militarmente a sostegno della rivoluzione.
8) Le considerazioni di tipo
geopolitico sul futuro della Siria sono doverose, ma non possono
servire da pretesto per un rimescolamento delle responsabilità e un
capovolgimento di ruolo tra oppressore e oppresso. La condanna delle
pratiche del regime e la solidarietà ai resistenti dovrebbero invece
costituire la precondizione per discutere scenari futuri e negoziare
le modalità di uscita dalla crisi.”
Primi
firmatari (in ordine alfabetico)
- Marco Allegra Research Fellow presso
il Centro de Investigação e Estudos de Sociologia (CIES), Instituto
Universitàrio de Lisboa (IUL).
- Sergio Bianchi, assistente
d’insegnamento presso l’Institut des hautes études internationales et
du développement (Iheid) di Ginevra.
- Estella Carpi, Ph.D. student, The
University of Sydney.
- Elena Chiti, arabista e
traduttrice.
- Ramona Ciucani, arabista e
traduttrice.
- Mirko Colleoni, arabista e
ricercatore indipendente.
- Giovanni Curatola, professore,
docente di Archeologia e storia dell’arte musulmana alle università di
Udine e Milano.
- Isadora D’Aimmo, docente a contratto
di letteratura Araba, Università di Firenze, domiciliata al
Cairo.
- Paolo Dall’Oglio, fondatore della
comunità monastica di Mar Musa, Siria.
- Enrico De Angelis, Ph.D. (oggetto:
comunicazione politica in Siria), Ricercatore presso il CEDEJ,
Cairo.
- Lorenzo Declich, Ph.D., arabista,
Tutto in 30 Secondi – Appunti e note sul mondo islamico
contemporaneo.
- Marcella Emiliani, già Prof.ssa di
Storia e Istituzioni del Medio Oriente presso la facoltà ‘Roberto
Ruffilli’ dell’Università di Bologna (polo di Forlì).
- Stefano Femminis, direttore della
rivista ‘Popoli’.
- Ersilia Francesca, professoressa,
docente di Storia dei Paesi islamici presso l’Università degli studi
di Napoli L’Orientale.
- Sara Fregonese, British Academy
Postdoctoral Fellowship, UK.
- Gennaro Gervasio, Professore,
British University, Cairo.
- Giuseppe Giulietti, deputato e
portavoce di Articolo 21.
- Jolanda Guardi, Universitat Rovira i
Virgili, Tarragona, Spagna.
- Michelangelo Guida, Department of
Political Science and Public Administration, Fatih University,
Istanbul.
- Marco Hamam, Ph.D., docente di
lingua araba.
- Michael Humphrey, professore,
Department of Sociology and Social Policy, The University of
Sydney.
- Amara Lakhous, Ph.D.,
scrittore.
- Alfredo Laudiero, già docente di
Storia dell’Europa orientale presso l’Università degli Studi di Napoli
L’Orientale.
- Il Lavoro Culturale, www.lavoroculturale.org
- Guido Moltedo, scrittore e
giornalista.
- Aldo Nicosia, Ph.D., ricercatore e
docente di lingua araba.
- Samuela Pagani, docente di Lingua e
Letteratura araba presso l’Università degli studi di Napoli
L’Orientale.
- Maria Elena Paniconi, ricercatrice
di lingua e letteratura araba, Università degli Studi di
Macerata.
- Marinella Perrone, docente presso il
Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, Roma, e Presidente Coordinamento
teologhe italiane.
- Caterina Pinto, arabista e
traduttrice.
- Alberto Savioli, archeologo con una
decennale esperienza in Siria.
- Marcello Scalisi, direttore
esecutivo di Unimed, Unione delle Università del
Mediterraneo.
- Lucia Sorbera, Ph.D., Department of
Arabic and Islamic Studies, University of Sidney.
- Mariagiovanna Stasolla, professore
di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università degli Studi di Roma
Tor Vergata
- Antonella Straface, docente di
Lingua araba presso l’Università degli studi di Napoli
L’Orientale.
- Younis Tawfik, scrittore, docente di
Lingua araba presso l’Università di Genova.
- Andrea Teti, Co-Director
Interdisciplinary Approaches to Violence, Department of Politics &
IR, University of Aberdeen, UK.
- Mattia Toaldo, Post-Doctoral fellow
British School at Rome/Society for Libyan Studies.
- Lorenzo Trombetta, Ph.D. (oggetto:
La struttura del potere nella Siria degli al Asad), studioso di Siria
contemporanea.
- Anna Vanzan, docente di Cultura
araba presso l’Università degli Studi di
Milano.