R: [pace] Siria... per quelli che hanno gli occhi aperti
- Subject: R: [pace] Siria... per quelli che hanno gli occhi aperti
- From: "a_roveroni at libero.it" <a_roveroni at libero.it>
- Date: Wed, 30 May 2012 00:47:18 +0200 (CEST)
Chissa' Alessandro, se anche questa volta mi censurerai e non mi permetterai di replicare, da buon nostalgico stalinista, come gia' successo le ultime due volte!
c'e' Marescotti, che si ferma - forse - allo "studio della storia" fatta dagli Altri:
sciovinisti, come Milosevic,
oppressori e torturatori del popolo, come Assad,
o dalla NATO che fa il suo sporco mestiere militare.
Ci sono altre persone che vogliono una Nuova Storia, liberta', diritti, disarmo, nuove istituzioni internazionali democratiche e popolari, anche in Medio Oriente, anche in Europa dell'Est. Anche in Cina.
Anche in Italia e a Parma abbiamo iniziato il cambiamento!
c'e' bisogno piu' che mai di proposte diverse, di visioni politiche alternative e pratiche.
Cara Mary Rizzo, ho mandato il messaggio di adesione all'APPELLO SULLA SIRIA da te segnalato, finalmente si smuove qualcuno con una mente sana. un abbraccio
annalisa
----Messaggio originale----
Da: a.marescotti at peacelink.it
Data: 29/05/2012 2.12
A: "Lista pace Peacelink"<pace at peacelink.it>
Ogg: R: [pace] Siria... per quelli che hanno gli occhi aperti
Occhi aperti, e' il caso di dire. Molte guerre sono nate sull'onda di informazioni manipolate. Per quelli che studiano la storia e hanno gli occhi aperti, ecco una vicenda oscura da cui e' nata una guerra e che fa molto pensare alla Siria di oggi
http://archiviostorico.corriere.it/2000/aprile/16/Kosovo_dubbi_sulla_strage_Racak_co_0_0004163632.shtmlwww.peacelink.itFrom: "mary r" <humdrum2 at libero.it>Sender: pace-request at peacelink.itDate: Mon, 28 May 2012 18:17:04 +0200To: <pace at peacelink.it>ReplyTo: pace at peacelink.itSubject: [pace] Siria... per quelli che hanno gli occhi apertiSiria: basta balle, basta repressione
Qui di seguito il testo di un Appello lanciato oggi e sottoscritto da un vasto gruppo di arabisti italiani, che da 15 mesi seguono i drammatici avvenimenti in corso in Siria. Per chi abbia voglia sia di sottoscriverlo che di approfondirne le ragioni l’indirizzo web è il seguente: http://appellosiria.wordpress.com/. Io l’ho già fatto.
“Con questo appello ci dissociamo e condanniamo la posizione e il tipo di copertura mediatica che molti movimenti e testate giornalistiche italiane – da alcune d’ispirazione pacifista e anti-imperialista a quelle vicine ad alcuni ambienti cattolici o filo-israeliani – dimostrano nei confronti della rivoluzione in Siria.
Molti di questi attori continuano a offrire un resoconto distorto degli eventi in corso, sostenendo che la rivolta è guidata dall’esterno, dunque non autentica, mettendone in dubbio il fondamento pacifico e sostenendo di fatto la brutale repressione da parte del regime di Bashar al Asad.
Usano categorie che appartengono a una logica capovolta: diventa “laico” un regime clanico e che da decenni esercita il potere sfruttando le divisioni comunitarie; diventa “terrorismo” la resistenza a una repressione feroce del dissenso.
In modo altrettanto grave, questi sostenitori del regime di Damasco ignorano o fanno finta di ignorare i numerosi e drammatici episodi di dissenso interno contro il regime degli al Asad da quarant’anni ad oggi, considerando nella loro analisi solo gli eventi post-15 marzo 2011.
I firmatari di questo appello sostengono che:
1) La rivoluzione siriana è spontanea e di natura popolare, nata sulla scia delle altre rivolte arabe.
2) Il regime siriano è non solo corrotto, ma le politiche pseudo-liberiste che ha portato avanti negli ultimi anni hanno favorito le élites vicine agli al Asad, allargando drammaticamente la forbice tra ricchi e poveri: la rivoluzione nasce prima di tutto dalla richiesta di redistribuzione della ricchezza e di giustizia sociale.
3) Non esiste un complotto straniero contro il regime siriano che dalla fine della Guerra Fredda assicura invece stabilità alla regione – in particolare al Medio Oriente post-11/9 – ed è stato per anni un interlocutore importante per gli Stati Uniti.
4) Non è vero che ci sia una campagna mediatica contro il regime di Bashar al Asad. Pur ammettendo ingenuità o esagerazioni da parte dagli attivisti anti-regime, le fonti credibili esistono e sono numerose. La scelta di non lasciar lavorare liberamente i giornalisti nel Paese ricade completamente sul regime. Molti di coloro che affermano che le fonti degli attivisti siano false e artefatte, spesso non conoscono l’arabo e basano dunque le proprie valutazioni sulla lettura di fonti secondarie in lingue occidentali, tradendo uno dei principi fondamentali del giornalismo e della ricerca.
5) I principali valori in nome dei quali la rivoluzione è portata avanti non sono di natura strettamente religiosa: libertà, dignità, giustizia sociale, rispetto dei diritti umani, trasparenza nella politica. Pertanto la rivoluzione siriana non è un’insurrezione dei sunniti contro alawiti e cristiani, i quali spesso invece sono dissidenti ed attivisti e, per questo, ancora più perseguitati. È stato il regime che fin dall’inizio – confermando l’antica strategia del divide et impera – ha strumentalizzato le divisioni etnico-comunitarie ed evitato un autentico dialogo nazionale. Gruppi religiosi estremisti nell’ambito della rivolta esistono, ma rappresentano un’esigua minoranza.
6) La deriva militare della rivolta è il risultato della brutale repressione del regime contro un movimento rimasto pacifico per lunghi mesi e che continua a esser tale in numerose località e città. La tesi secondo cui i gruppi dell’Esercito libero siano pesantemente armati da potenze straniere contrasta in modo lampante con l’incapacità dei ribelli di sostenere confronti armati aperti con i governativi. Nonostante gli atti ingiustificati di violenza da parte dei ribelli armati, le differenze tra i due schieramenti sul piano dei crimini commessi sono enormi: i numeri contano.
7) Non siamo a favore di un intervento militare in Siria. La polemica intorno a questo punto, tuttavia, rappresenta un argomento inutile e strumentale, essendo evidente che nessuna potenza straniera occidentale sia intenzionata a intervenire militarmente a sostegno della rivoluzione.
8) Le considerazioni di tipo geopolitico sul futuro della Siria sono doverose, ma non possono servire da pretesto per un rimescolamento delle responsabilità e un capovolgimento di ruolo tra oppressore e oppresso. La condanna delle pratiche del regime e la solidarietà ai resistenti dovrebbero invece costituire la precondizione per discutere scenari futuri e negoziare le modalità di uscita dalla crisi.”
Primi firmatari (in ordine alfabetico)
- Marco Allegra Research Fellow presso il Centro de Investigação e Estudos de Sociologia (CIES), Instituto Universitàrio de Lisboa (IUL).
- Sergio Bianchi, assistente d’insegnamento presso l’Institut des hautes études internationales et du développement (Iheid) di Ginevra.
- Estella Carpi, Ph.D. student, The University of Sydney.
- Elena Chiti, arabista e traduttrice.
- Ramona Ciucani, arabista e traduttrice.
- Mirko Colleoni, arabista e ricercatore indipendente.
- Giovanni Curatola, professore, docente di Archeologia e storia dell’arte musulmana alle università di Udine e Milano.
- Isadora D’Aimmo, docente a contratto di letteratura Araba, Università di Firenze, domiciliata al Cairo.
- Paolo Dall’Oglio, fondatore della comunità monastica di Mar Musa, Siria.
- Enrico De Angelis, Ph.D. (oggetto: comunicazione politica in Siria), Ricercatore presso il CEDEJ, Cairo.
- Lorenzo Declich, Ph.D., arabista, Tutto in 30 Secondi – Appunti e note sul mondo islamico contemporaneo.
- Marcella Emiliani, già Prof.ssa di Storia e Istituzioni del Medio Oriente presso la facoltà ‘Roberto Ruffilli’ dell’Università di Bologna (polo di Forlì).
- Stefano Femminis, direttore della rivista ‘Popoli’.
- Ersilia Francesca, professoressa, docente di Storia dei Paesi islamici presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
- Sara Fregonese, British Academy Postdoctoral Fellowship, UK.
- Gennaro Gervasio, Professore, British University, Cairo.
- Giuseppe Giulietti, deputato e portavoce di Articolo 21.
- Jolanda Guardi, Universitat Rovira i Virgili, Tarragona, Spagna.
- Michelangelo Guida, Department of Political Science and Public Administration, Fatih University, Istanbul.
- Marco Hamam, Ph.D., docente di lingua araba.
- Michael Humphrey, professore, Department of Sociology and Social Policy, The University of Sydney.
- Amara Lakhous, Ph.D., scrittore.
- Alfredo Laudiero, già docente di Storia dell’Europa orientale presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.
- Il Lavoro Culturale, www.lavoroculturale.org
- Guido Moltedo, scrittore e giornalista.
- Aldo Nicosia, Ph.D., ricercatore e docente di lingua araba.
- Samuela Pagani, docente di Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
- Maria Elena Paniconi, ricercatrice di lingua e letteratura araba, Università degli Studi di Macerata.
- Marinella Perrone, docente presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, Roma, e Presidente Coordinamento teologhe italiane.
- Caterina Pinto, arabista e traduttrice.
- Alberto Savioli, archeologo con una decennale esperienza in Siria.
- Marcello Scalisi, direttore esecutivo di Unimed, Unione delle Università del Mediterraneo.
- Lucia Sorbera, Ph.D., Department of Arabic and Islamic Studies, University of Sidney.
- Mariagiovanna Stasolla, professore di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata
- Antonella Straface, docente di Lingua araba presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale.
- Younis Tawfik, scrittore, docente di Lingua araba presso l’Università di Genova.
- Andrea Teti, Co-Director Interdisciplinary Approaches to Violence, Department of Politics & IR, University of Aberdeen, UK.
- Mattia Toaldo, Post-Doctoral fellow British School at Rome/Society for Libyan Studies.
- Lorenzo Trombetta, Ph.D. (oggetto: La struttura del potere nella Siria degli al Asad), studioso di Siria contemporanea.
- Anna Vanzan, docente di Cultura araba presso l’Università degli Studi di Milano.
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