Re: [pace] Fwd: [BDS_italia] mail bombing contro la chiesa valdese



Questa (si vede dall'indirizzo) viene da una socia della Comunità Papa Giovanni XXIII, di Rimini (al fondo indica il sito), che fa un ottimo lavoro con i Corpi Civili di Pace, anche proprio in Palestina, con rischi e sacrifici dei volontari. Forse ha informazioni o almeno sensazioni dirette. Io non so se i fatti qui denunciati debbano far concludere che ogni iniziativa benefica israeliana ufficialmente approvata sia funzionale alla politica di occupazione e apartheid. Ma la lettera del regista lo fa temere. La malizia dei poteri è tanta. Ma in ogni muro ci sono interstizi, e le formiche li trovano.
Enrico
- Enrico Peyretti ------------------------ --------------- http://www.peacelink.it/tools/author.php?=63 ----------- www.ilfoglio.info ---- www.serenoregis.org - http://cisp.unipmn.it --------------------------------- ------ Segnalo rass.stampa: www.finesettimana.org

Il 12/04/2012 14:55, FrancescaApg23 ha scritto:



Il 12/04/2012 13.55, Davide Bertok ha scritto:
Io quel che vorrei capire è cosa c'è di sconvolgente se degli israeliani hanno un progetto verso dei palestinesi malati, anzi mi sembra da elogiare perchè invece di un muro dimostra la solidarietà tra popoli diversi.
Davide


Non c'è nulla di sconvolgente.
Come non c'è nulla di sconvolgente se la Tavola della pace appoggia i ribelli armati della Siria.
E non c'è nulla di sconvolgente se ricacciamo gli immigrati in Libia dopo averli affamati nei loro paesi e costretti a fuggire.
Scusa l'ironia, ma ho visto purtroppo il lavoro di molte associazioni israeliane che si beano di aiutare i palestinesi... ho visto quanto sia pieno di menzogna e mistificazione. Ho visto quantosono ricche, quanto poco sia importante il rispetto verso chi hanno di fronte, anzi diviene strumento di propaganda. Io ricordo in particolare un progetto analogo di un nostro ente locale, di cui conobbi i referenti a Nablus. Le famiglie dovevano avere determinate "caratteristiche" che personalmente trovo discutibili, ma è un discorso lungo...
Non si può dire "in fin dei conti aiutano i bambini" e chiudere gli occhi su tutto il resto. Non conosco direttamente il lavoro del centro Peres e non mi permetto di giudicare quello che non conosco. Conosco però alcuni medici israeliani - in particolare uno - diPhysicians for human rights Israel, ong israeliana di indiscusso spessore e serietà, che quando sentono parlare del centro Peres rabbrividiscono. E il centro è stato fondato da Simon Peres, personaggio che nel 2009 ha apertamente lodato i bombardamenti sulla Striscia di Gaza e tutto ciò che hanno causato. Insomma io sono causa del tuo male ma io sono anche rimedio....
Scusate l'amarezza perchè credo che in tutti coloro che hanno parlato ci sia la massima buona fede, e credo pure alla buona fede di Paolo Ricca, persona che ho sempre apprezzato da quando facevo parte del Cipax. Ma questo secondo me dovrebbe farci alzare ancora più l'attenzione, e forse non è così sbagliato pensare di dire non do più il mio 8 per mille a chi sostiene certe realtà.
Io non pretendo di avere la verità in mano, chiedo solo di provare ad andare a vedere le cose con i propri occhi, sentire le persone direttamente interessate. O qualcuno di cui ci fidiamo che ne sa sicuramente più di noi. Perchè il rischio di cadere in trappole funzionali ai sistemi è grande.
Io non lo so dire bene, però voglio allegare qui sotto una lettera di un ottima persona e un ottimo regista, israeliano, Eyal Sivan, che spiega molto bene l'uso strumentale Israele fa della produzioone culturale, discorso che si può estendere facilmente alle "buone azioni". Questo per dimostrare che esiste una democrazia israeliana, dopo se da parte di tante ong o asosciazioni prendono un sacco di soldi e si guardano bene da denunciare l'occupazione e i crimini di guerra... beh questo non importa.



Come probabilmente sapete, l'insieme del mio lavoro cinematografico - più di 15 film - ha principalmente per oggetto la società israeliana e il conflitto israelo-palestinese. Opponendomi alla politica israeliana nei confronti del popolo palestinese, mi sono sempre sforzato di agire in modo indipendente affinchè non vi sia nessuna ambiguità sul fatto che io non rappresento la "democrazia (ebraica) israeliana". Per questo, dall’inizio della mia carriera cinematografica, più di 20 anni fa, non ho mai beneficiato di alcun aiuto o di alcun supporto di una qualsiasi istituzione ufficiale israeliana. Ho sempre agito in modo di evitare che il mio lavoro possa essere strumentalizzato e rivendicato come una prova dell'atteggiamento liberale d'Israele; una libertà di espressione e una tolleranza che l’autorità israeliana accorda solo, ovviamente, a critiche ebraiche israeliane.
La politica razzista e fascista del governo israeliano e il silenzio complice della maggior parte dei suoi ambienti culturali durante la recente carneficina operata a Gaza come di fronte alla continua occupazione, alle violazioni dei diritti umani e alle molteplici discriminazioni nei confronti dei Palestinesi sotto occupazione o dei cittadini palestinesi dello Stato israeliano – tutte queste ragioni giustificano il mio mantenere le distanze rispetto ad ogni avvenimento che potrebbe essere interpretato come una celebrazione del successo culturale in Israele o una garanzia della normalità del modo di vivere israeliano. Poiché la vostra retrospettiva fa parte della campagna internazionale di celebrazione del centenario di Tel-Aviv e gode, a questo titolo, del sostegno del governo israeliano, non posso che declinare il vostro invito. D’altra parte, considerando gli attacchi offensivi, umilianti e continui di cui il mio lavoro è oggetto, in Francia come in Israele, e i rarissimi israeliani che si sono espressi per difendermi e manifestare la loro sincera solidarietà (non tengo conto delle dichiarazioni di principio in favore del privilegio egemonico della "libertà d'espressione"), non mi è possibile sentirmi solidale con un tale gruppo.
Non posso essere associato ad una retrospettiva che celebra artisti e cineasti che godono dì una posizione di privilegio assoluto e di una totale immunità, ma che hanno scelto di tacere quando crimini di guerra venivano commessi in Libano o a Gaza e che continuano ad evitare di esprimersi chiaramente sulla brutale repressione della popolazione palestinese, sul blocco di 3 anni e la chiusura di oltre un milione di persone nella Striscia di Gaza.
Ci tengo a smarcarmi da quei miei colleghi che utilizzano in modo opportunista, perfino cinico, il conflitto e l'occupazione come sfondo dei loro lavori cinematografici e come rappresentazione neo-esotica del nostro paese – pratiche che possono spiegare il loro successo in Occidente e in particolare in Francia – ed io rifiuto di essere associato a loro nel contesto della vostra manifestazione.
Anche se il vostro invito aveva suscitato in me qualche esitazione, questa è stata spazzata via dalla lettura, una quindicina di giorni fa, di un articolo firmato da Ariel Schweitzer, l'organizzatore della vostra retrospettiva, e pubblicato su Le Monde. In quest’articolo, che si oppone al boicottaggio culturale dell’establishment israeliano, egli dichiara: “Delle male lingue diranno che questa politica culturale serve da alibi, mirando a dare del paese l'immagine di una democrazia illuminata, una posizione che maschera il suo vero atteggiamento repressivo verso i Palestinesi. Ammettiamolo. Ma io preferisco francamente questa politica culturale alla situazione esistente in molti paesi della regione dove non si possono proprio fare film politici e certo non con l’aiuto dello Stato”. Su questo punto, devo ringraziare il vostro organizzatore M. Schweitzer per la sua ingenua sincerità e per le sue argomentazioni settarie che mi hanno permesso di articolare le ragioni per cui preferisco mantenere la distanza rispetto alla vostra retrospettiva e ad altri eventi simili. Infatti, come conferma M. Schweitzer, si tratta, in effetti, di celebrazioni della politica culturale israeliana e di una difesa dell'ideologia del ‘male minore’.
Sia la mia storia e la mia tradizione ebraiche che le mie convinzioni e la mia etica personali mi obbligano, nelle circostanze politiche attuali – mentre le autorità delle democrazie occidentali e le loro intellighenzie hanno fatto la scelta di stare al fianco della politica criminale israeliana – a oppormi pubblicamente con questo atto fermo e non-violento all'attuale regime di apartheid che esiste oggi in Israele.
Termino riprendendo le parole del mio collega ed amico, il famoso regista palestinese Michel Khleifi, che non cessa di ricordarci che la sfida che dobbiamo affrontare, in quanto artisti e intellettuali, è quella di proseguire i nostri lavori non GRAZIE alla democrazia israeliana, ma MALGRADO essa.
Per questo, sempre in modo non-violento, continuerò a oppormi, e a incitare i miei colleghi a fare lo stesso, contro il regime israeliano di apartheid e contro il "trattamento speciale" riservato nelle democrazie occidentali alla cultura israeliana ufficiale di opposizione.
Augurandomi che accettiate e comprendiate la mia posizione e sperando di avere l'opportunità di mostrare il mio lavoro in altre circonstanze, con sincera gratitudine e rispetto,



http://5x1000.apg23.org