Siria: la Cattori intervista un altro testimone delle violenze dei robelli
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- Date: Fri, 16 Mar 2012 15:42:06 +0100
UN ANNO DOPO
L’INIZIO DELLA CRISI SIRIANA L’ingegnere
di cui abbiamo raccolto la testimonianza viveva nella città di Homs fino a che,
nel giugno 2011, terrorizzato dagli orrori commessi nel suo quartiere, è
fuggito dalla città con la famiglia per rifugiarsi presso i genitori in un
villaggio vicino (*). Le sue affermazioni in questa intervista con Silvia
Cattori contraddicono tutti i resoconti comparsi sui nostri principali media.
Ci viene svelato come crimini efferati siano stati commessi dagli estremisti
sunniti e non, come questi ultimi affermano, dall’esercito governativo. 14 MARZO 2012 | TEMI (S.CATTORI) : RUOLO DELLA STAMPAMANIPOLAZIONE DELL’OPINIONE, MENZOGNE DI STATO SIRIA Ribelli armati in Siria Silvia Cattori: La città di Homs, il quartiere di Baba Amro, sono stati
oggetto di numerosi reportage di giornalisti entrati illegalmente in Siria, «nel
cuore dell’esercito siriano libero» [1].Vorremmo conoscere il vostro punto di vista su quanto
è accaduto a Homs da un anno a questa parte. Risposta: Sono
originario di Homs. Vivevo nel quartiere di Bab Sebaa. A metà aprile del 2011,
gruppi di persone hanno cominciato a riunirsi pacificamente nel centro di Homs,
sulla via Al-Kowatly, per chiedere riforme. Ben presto, però, la gente ha
cominciato a sospettare di queste manifestazioni, c’era qualcosa di strano, di
poco chiaro: taluni avevano comportamenti provocatori, estranei al sentire
comune del nostro paese, ad esempio lanciavano slogan che incitavano alla
Jihad. Molto rapidamente tutte le persone che conoscevo hanno smesso di
manifestare, non si sentivano più a loro agio e concordi con questo genere di
proteste del venerdì, all’uscita dalle moschee. A giugno sulla strada di Hadara [a Bab Sebaa], sono stati
ritrovati una quindicina di corpi di alauiti, fatti a pezzi, teste e membra
tagliate, con un cartello: « vendita carne ».
Sconvolti da questo eccidio, degli alauiti hanno incendiato dei negozi appartenenti
a sunniti. Persone raccontavano di atti orribili di cui erano stati testimoni.
Macchine di alauiti sono state date alle fiamme. L’inquietudine montava. A quel
punto alauiti e cristiani hanno cominciato a marcare i loro negozi e macchine
con delle croci ben visibili. Un giorno ho visto sotto il cofano di un camion,
appartenente a sunniti, un carico di armi e munizioni. Ho visto sunniti armati
sparare contro alauiti, sparare all’impazzata per uccidere. Si udivano di
continuo detonazioni, spari, e le urla « Allah Akbar ». I
miei bambini erano turbati, avevano paura. Così ho preso la decisione di
lasciare Bab Sebaa e con la mia famiglia mi sono rifugiato dai miei genitori,
in un villaggio vicino Homs. Non avevamo mai visto questo genere di cose in Siria. Fino ad
allora avevamo vissuto in perfetta armonia, non c’era mai stato nessun problema
tra Siriani di diverse religioni. Per la prima volta ho sentito parlare di
salafiti... Sono tornato a Bab Sebaa due volte, a luglio e agosto. Il
quartiere si stava svuotando, lentamente stava cessando di vivere. La maggior
parte delle famiglie è fuggita, i bambini non c’erano quasi più, le scuole sono
state chiuse. Poche famiglie sono rimaste solo perché non sapevano dove andare.
L’ultima volta sono tornato a novembre. Homs era ormai diventata una città
fantasma. Nessuno osava più avventurarsi in certi quartieri, la città era
morta. Silvia Cattori: Anche i sunniti sono stati perseguitati? Anche loro erano
fuggiti? Risposta: Sì,
certamente. La grande maggioranza dei sunniti si è opposta a questi estremisti
ed era contraria alle milizie armate. Il mio medico era sunnita e non era
d’accordo con la loro violenza, ne aveva paura. Andava a pregare in moschea ma
non partecipava alle manifestazioni. Poco a poco tutti i suoi pazienti sunniti
hanno cominciato a disertare il suo studio. Si è sentito minacciato e ha
lasciato Homs. Nella via dove abitavo solo due famiglie sunnite sono rimaste. I
Siriani che sostengono gli oppositori armati sono una piccola minoranza. Gli
oppositori armati hanno comportamenti inumani che spaventano gli stessi
sunniti, non solo i cristiani o gli alauiti. A maggio, Fadi Ebrahim, un giovane sunnita di 25 anni, è stato
visto mentre scattava delle foto, cosa che era stata proibita dai miliziani, ed
è stato rapito. Tempo dopo il suo cadavere è stato ritrovato in mezzo alla
spazzatura a Bab Sebaa, nel mio quartiere. Silvia Cattori: Temporalmente, a quando risale la rottura tra questa
minoranza di manifestanti e la popolazione inquietata dai loro comportamenti? Risposta: Credo
fosse la fine di aprile quando la grande maggioranza delle persone, tra cui
moltissimi sunniti, ha smesso di manifestare con loro. Solo i più fanatici
hanno continuato ad andare a queste manifestazioni che partivano il venerdì
dalla moschea. Sunniti che si erano rifiutati di manifestare sono stati rapiti,
taglieggiati, uccisi. Queste manifestazioni anti-Bashar el-Assad non hanno mai
raccolto più di qualche migliaio di persone, ma hanno beneficiato di una enorme
risonanza mediatica all’estero. Poco a poco si è preso coscienza del vero pericolo che correva il
nostro paese. Certamente il timore che un intervento esterno facesse accadere
anche a noi ciò che era successo al popolo libico, ha contribuito. A quel punto
sono cominciate grande manifestazioni di milioni di persone in tutto il paese a
sostegno di Assad, che chiedevano un cambiamento progressivo e pacifico, e
soprattutto si opponevano a qualunque intervento straniero. Silvia Cattori: Suoi parenti hanno subito violenze di cui ha la prova che
siano state commesse dalle milizie armate? Risposta: Sì. Due
cugini della famiglia di mia moglie, originari di Al Qusayr, un villaggio
vicino Homs abitato da cristiani e sunniti. Il primo, un ingegnere di 24 anni,
è stato ucciso nel febbraio del 2012 mentre usciva da casa sua. L’altro, di 30
anni, è stato rapito dieci giorni fa e poi ritrovato impiccato ad un albero. È
proprio ad Al Qusayr che l’esercito regolare si sta concentrando ora per
sgominare i ribelli. Dal lato della mia famiglia, in dicembre, un cugino di 33 anni è
stato rapito a Baba Amro. È stato ritrovato due settimane dopo tra la vita e la
morte a causa delle torture che aveva subito. È rimasto in ospedale per due
mesi. Altri tre uomini erano stati presi con lui. Ad uno di loro, sunnita,
hanno straziato le gambe. Gli altri due erano alauiti: sono stati sgozzati.
Pensiamo che nostro cugino non sia stato ucciso perché è cristiano. A gennaio, un mio vicino - l’unico che era rimasto a Bab Sebaa con
la famiglia - mentre usciva dal suo palazzo in compagnia della figlia per
accompagnarla all’università, è finito sotto il fuoco di cecchini. Lui è
rimasto ucciso sul colpo, la figlia ferita. Silvia Cattori: Vorremmo davvero capire chi sono questi che sgozzano,
torturano, rapiscono. Nel caso di suo cugino, ad esempio, lui è tornato, cosa
ha potuto testimoniare? Risposta: Lui e i
suoi amici sono stati fermati all’entrata del quartiere di Baba Amro ad un
posto di blocco militare da uomini mascherati che indossavano uniformi
dell’esercito regolare. Hanno mostrato i loro documenti ai militari dicendo di
essere dalla loro parte, gli uomini mascherati li prendevano in giro, dicevano:
« Sì, sì, lo vediamo che siete nostri amici...!». A quel punto hanno capito che quegli uomini mascherati erano
miliziani dell’«Esercito libero»
(ESL). Qui da noi, dal nome e dalla regione di provenienza, si può capire a che
religione si appartiene. Gli uomini mascherati hanno immediatamente sgozzato i
due alauiti. Poi hanno torturato alle gambe il sunnita ma l’hanno liberato dopo
aver minacciato la sua famiglia. Mio cugino è stato portato via, gli dicevano
che sarebbe stato liberato se veniva pagato un riscatto. Sono cominciati dei
negoziati tra i miliziani e le forze governative per ottenere il suo rilascio.
Come dicevo, è stato ritrovato due settimane dopo in uno stato spaventoso. Silvia Cattori: Credo a quanto mi racconta, ma i nostri media - facendo
affidamento sui resoconti di giornalisti entrati illegalmente in Siria -
imputano sistematicamente al governo di el-Assad gli atti barbari che lei
attribuisce agli estremisti sunniti [2]. Come può capire il pubblico da che parte sta la verità? Risposta: Le
violenze e gli orrori che subiamo da ben un anno sono commessi dalle milizie.
Conosciamo il nostro popolo; la nostra gente, i nostri soldati, non sono
violenti. Fanno ciò che possono. Rischiano la vita per proteggerci da queste
milizie armate che rapiscono, taglieggiano, uccidono. Più di 3.000 soldati sono
morti nel corso dell’ultimo anno. La situazione è diventata crudele, la vita quotidiana dei Siriani
è sconvolta dal caos e dall’insicurezza provocata da queste milizie. È duro,
molto duro, vedere le persone costrette ad andarsene, il popolo cadere nella
miseria. Molti hanno perso il lavoro. Le sanzioni dell’Onu aggravano la
situazione. Silvia Cattori: Abbiamo appreso ascoltandola che Baba Amro era un quartiere
abbandonato dai suoi abitanti da molto tempo. Nessuno dei nostri media ha
raccontato questo. Quando l’esercito ha dato l’assalto all’ESL [Esercito
Siriano Libero], quindi, non c’erano civili presi in ostaggio, come pretendeva
l’informazione nostrana? Risposta: Mio
fratello è rientrato due volte a Baba Amro nel mese di novembre per
trasportarvi delle merci. Ci ha raccontato che la quasi totalità degli abitanti
aveva lasciato il quartiere, che tutto era stato distrutto, i negozi erano chiusi.
C’era ancora acqua ed elettricità, ma pochissime persone; cento o duecento
famiglie al massimo. Si pensi che a Baba Amro vivevano 90.000 persone prima
dell’arrivo delle milizie armate [3]. Silvia Cattori: Quante persone sono fuggite da Homs? Risposta: La
grande maggioranza degli abitanti di Homs e dei sobborghi della città è
scappata [4]. Penso diverse
centinaia di migliaia di persone. Quando sono tornato a Bab Sebaa a novermbe,
nella via dove abitavo solo due famiglie, su cinquecento, erano ancora lì.
Tutti sono scappati, cristiani, sunniti, alauiti. Silvia Cattori: Quando ha sentito che i combattenti dell’ESL erano stati
cacciati da Baba Amro, cosa ha provato? Risposta: Un grande sollievo. Da tempo aspettavamo l’intervento
dell’esercito. Le immagini mostrate durante l’assalto di febbraio possono far
credere che sia stato l’esercito governativo a distruggere Baba Amro. Ma come
ricordavo prima, Baba Amro era stato stato distrutto molto prima dalle milizie. Silvia Cattori: A Baba Amro ora la popolazione può rientrare, i gruppi
armati sono stati cacciati. Che ne è degli altri quartieri? Risposta: Uno dei
quartieri più problematici, ora, è quello di Al Hamidia. Vi si trova una
piccola minoranza di sunniti. I cristiani che vi sono rimasti hanno passato dei
momenti molto duri. Sono stati vittime di aggressioni, furti, rapimenti, da
mesi ormai. La gente non osava più uscire di casa. L’esercito non poteva andare
in loro aiuto perché i miliziani controllavano le vie di accesso, avevano
occupato le case dei cristiani e li tenevano in ostaggio. L’unico quartiere di Homs da cui la gente non sia fuggita in massa
è quello di Akrama [come invece nel caso di Al Hamidia]. È ad Akrama, dove
cristiani e alauiti sono in maggioranza, che le persone in cerca di maggiore
sicurezza cercavano di trovare un alloggio. Gli abitanti si sono organizzati
per proteggersi. Qui gli abitanti si sentivano più sicuri rispetto le altre
zone di Homs, almeno fino a gennaio. [5] Silvia Cattori (*) Non divulgheremo il nome dell’intervistato per proteggerlo.
Siamo tuttavia disponibili a rivelare la sua identità il giorno in cui l’ONU si
preoccuperà di interrogare i testimoni vittime dell’opposizione armata. Traduzione dal francese a cura di Simone Santini (14.3.2012): Articolo originale in francese (13.03.2012): |
Allegato Rimosso
- References:
- Una sola domanda
- From: Francesco Santoianni <francescosantoianni at gmail.com>
- R: [pace] Una sola domanda
- From: "sebastiano cosenza" <sebastiano.cosenza at fastwebnet.it>
- Una sola domanda
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