Re: [pace] Re: [pace] Perché scegliere la nonviolenza



grazie Enrico per l'approfondimento sul tema della nonviolenza, intesa
come scelta di lotta contro l'ingiustizia
Dante Bedini

Il 05/03/12, Enrico Peyretti<enrico.peyretti at gmail.com> ha scritto:
>
>
> -------- Messaggio originale --------
> Oggetto: 	Re: [pace] Re: [pace] Perché scegliere la nonviolenza
> Data: 	Mon, 05 Mar 2012 06:46:36 +0100
> Mittente: 	Enrico Peyretti <enrico.peyretti at gmail.com>
> A: 	pace at peacelink.it
>
>
>
> Mi permetto di sviluppare, spero per maggiore chiarezza, il cenno, che
> condivido, di Dante Bedini a Gandhi e alle forme di lotta per la
> giustizia (utilizzo piccola parte di un lavoro in corso) -- Enrico Peyretti
> *
>
> *Contro l'ingiustizia, **Gandhi non è fanatico purista per la
> nonviolenza,  ma nemmeno indulgente con la violenza *
>
> La nonviolenza gandhiana non è quell'assoluto purismo di cui sono
> accusati frequentemente i nonviolenti, per cui lascerebbero mano libera
> alla violenza altrui pur di non commettere violenza loro (così anche
> Bobbio, in Peyretti, "Dialoghi con Norberto Bobbio", Claudiana 2011, pp.
> 171 e ss.; pp. 209 e ss.). Per Gandhi è meglio la violenza che la viltà
> davanti alla violenza altrui. Spesso si cita questo giudizio di Gandhi,
> ma senza ascoltare il seguito del suo pensiero.
>      Al codardo, che si astiene dalla violenza per paura del pericolo o
> per quieto vivere, Gandhi consiglia la violenza piuttosto che abbassarsi
> a subire una grave ingiustizia.
>      Gandhi non è un fanatico della nonviolenza: a chi non crede alla
> possibilità dell'azione nonviolenta, ma crede soltanto nella violenza,
> dice di non avere paura: se c'è in atto una grave ingiustizia verso di
> sé o di altri, si deve reagire, anche con la violenza. Egli afferma che
> se la scelta è solo tra codardia e violenza, allora si deve scegliere la
> violenza piuttosto che la viltà e la collaborazione al male, però
> aggiunge immediatamente che la scelta non è stretta in questo dilemma,
> perché la nonviolenza è possibile ed è l'unica cosa lecita: «Credo che
> nel caso in cui l'unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e
> la violenza, io consiglierei la violenza». Poi continua: «Per questo
> stesso principio mi sono dichiarato favorevole all'addestramento
> militare di coloro che credono nel metodo della violenza. (...)
> Tuttavia, sono convinto che la nonviolenza è infinitamente superiore
> alla violenza». «Non ho mai considerato la violenza come una cosa
> permessa. Ho semplicemente distinto tra il coraggio e la codardia.
> L'unica cosa lecita è la nonviolenza. (...) Tuttavia, sebbene la
> violenza non sia lecita, quando viene usata per autodifesa o a
> protezione degli indifesi essa è un atto di coraggio, di gran lunga
> migliore della codarda sottomissione». (Gandhi, "Teoria e pratica della
> nonviolenza", Einaudi 1996, p. 18, 19, 22).
>      Jean-Marie Muller mostra bene che davanti all'ingiustizia la prima
> alternativa non è tra violenza e nonviolenza, ma è tra agire e non
> agire, tra lotta e non lotta. (Muller, "Il principio nonviolenza", Pisa
> University Press 2004, pp. 287-288 e altri luoghi). Chi non lotta (fuga,
> passività, rassegnazione, viltà) avalla passivamente l'ingiustizia, la
> violenza. Chi lotta, ha la seconda alternativa nella scelta dei mezzi:
> lotta violenta o lotta nonviolenta. La scelta non è fra due poli, ma fra
> tre: viltà -- lotta violenta -- lotta nonviolenta. Viltà è la non-lotta.
> Coraggio è sia la lotta violenta che quella nonviolenta. Ma solo questa
> ha possibilità di reale e profonda efficacia perché è mezzo coerente col
> fine cercato: la giustizia. Se non vedono tutta intera questa gamma,ma
> solo il dilemma azione-inazione,//i diversi attori del conflitto cadono
> in diversi errori. Chi, da una parte, lotta contro l'ingiustizia con
> mezzi violenti (p. es. i partigiani armati contro il nazifascismo),
> senza scegliere né conoscere i mezzi nonviolenti, identifica il coraggio
> con la sola violenza e giudica la nonviolenza come una viltà. Chi,
> dall'altra parte, appartiene al sistema ingiusto, considera virtuoso,
> perché non è violento, il rassegnato passivo che non lotta, e condanna
> come violento chiunque lotta perturbando la situazione di violenza
> originaria, sia che usi mezzi violenti sia che usi mezzi nonviolenti.
> Chi, infine, lotta con la nonviolenza, non riconosce a chi lotta con la
> violenza il coraggio «di gran lunga migliore della codarda sottomissione
> », come dice Gandhi.
>      Non c'è soltanto la propaganda della violenza! C'è anche la falsa
> immagine della nonviolenza, che viene condannata come passiva
> rassegnazione da chi lotta con violenzacontro situazioni violente, e
> viene lodata come una virtù, purché rimanga passiva, da chi ha interesse
> a conservare quelle situazioni.
> E. P.
>
> **
>
>
>
>
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> Il 05/03/2012 01:01, Dante Bedini ha scritto:
>> condivido pienamente, anche se lo stesso Gandhi diceva più o meno: "se
>> non avessi la possibilità di lottare per la giustizia con mezzi
>> nonviolenti, continuerei comunque a lottare per essa"
>> Dante Bedini
>>
>> Il 05/03/12, Alessandro Marescotti<a.marescotti at peacelink.it>  ha scritto:
>>> "La vera forza di Martin Luther King e Nelson Mandela e' stata proprio
>>> quella di prendere la rabbia del loro popolo ed evitare che si
>>> trasformasse in odio e violenza, usandola come energia interiore per
>>> trovare la forza di percorrere strade nuove".
>>>
>>> Riporto queste parole del mio amico giornalista Carlo Gubitosa.
>>>
>>> Le trovo più che mai attuali anche per la Siria.
>>>
>>> Alessandro
>>>
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