----- Original Message -----
Sent: Monday, March 05, 2012 6:48
AM
Subject: Re: [pace] Re: [pace] Perché
scegliere la nonviolenza
Mi permetto di
sviluppare, spero per maggiore chiarezza, il cenno, che condivido, di Dante
Bedini a Gandhi e alle forme di lotta per la giustizia (utilizzo
piccola parte di un lavoro in corso) -- Enrico Peyretti
*
Contro l'ingiustizia, Gandhi non è fanatico purista
per la nonviolenza, ma nemmeno indulgente con la violenza
La
nonviolenza gandhiana non è quell'assoluto
purismo di cui sono accusati frequentemente i nonviolenti, per cui
lascerebbero mano libera alla violenza altrui pur di non commettere violenza
loro (così anche Bobbio, in Peyretti, "Dialoghi con Norberto Bobbio",
Claudiana 2011, pp. 171 e ss.; pp. 209 e ss.). Per Gandhi è meglio la violenza
che la viltà davanti alla violenza altrui. Spesso si cita questo giudizio di
Gandhi, ma senza ascoltare il seguito del suo pensiero.
Al codardo, che si astiene dalla violenza per paura del pericolo o per quieto
vivere, Gandhi consiglia la violenza piuttosto che abbassarsi a subire una
grave ingiustizia.
Gandhi non è un fanatico della
nonviolenza: a chi non crede alla possibilità dell’azione nonviolenta, ma
crede soltanto nella violenza, dice di non avere paura: se c’è in atto una
grave ingiustizia verso di sé o di altri, si deve reagire, anche con la
violenza. Egli afferma che se la scelta è solo tra codardia e violenza, allora
si deve scegliere la violenza piuttosto che la viltà e la collaborazione al
male, però aggiunge immediatamente che la scelta non è stretta in questo
dilemma, perché la nonviolenza è possibile ed è l’unica cosa lecita: «Credo
che nel caso in cui l’unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la
violenza, io consiglierei la violenza». Poi continua: «Per questo stesso
principio mi sono dichiarato favorevole all’addestramento militare di coloro
che credono nel metodo della violenza. (…) Tuttavia, sono convinto che la
nonviolenza è infinitamente superiore alla violenza». «Non ho mai considerato
la violenza come una cosa permessa. Ho semplicemente distinto tra il coraggio
e la codardia. L’unica cosa lecita è la nonviolenza. (…) Tuttavia, sebbene la
violenza non sia lecita, quando viene usata per autodifesa o a protezione
degli indifesi essa è un atto di coraggio, di gran lunga migliore della
codarda sottomissione». (Gandhi, "Teoria e pratica della nonviolenza", Einaudi
1996, p. 18, 19, 22).
Jean-Marie Muller mostra bene che
davanti all'ingiustizia la prima alternativa non è tra violenza e nonviolenza,
ma è tra agire e non agire, tra lotta e non lotta. (Muller, "Il principio
nonviolenza", Pisa University Press 2004, pp. 287-288 e altri luoghi). Chi non
lotta (fuga, passività, rassegnazione, viltà) avalla passivamente
l'ingiustizia, la violenza. Chi lotta, ha la seconda alternativa nella scelta
dei mezzi: lotta violenta o lotta nonviolenta. La scelta non è fra due poli,
ma fra tre: viltà – lotta violenta – lotta nonviolenta. Viltà è la non-lotta.
Coraggio è sia la lotta violenta che quella nonviolenta. Ma solo questa ha
possibilità di reale e profonda efficacia perché è mezzo coerente col fine
cercato: la giustizia. Se non vedono tutta intera questa gamma, ma solo il dilemma azione-inazione,
i diversi attori del conflitto cadono in diversi errori. Chi, da una
parte, lotta contro l'ingiustizia con mezzi violenti (p. es. i partigiani
armati contro il nazifascismo), senza scegliere né conoscere i mezzi
nonviolenti, identifica il coraggio con la sola violenza e giudica la
nonviolenza come una viltà. Chi, dall’altra parte, appartiene al sistema
ingiusto, considera virtuoso, perché non è violento, il rassegnato passivo che
non lotta, e condanna come violento chiunque lotta perturbando la situazione
di violenza originaria, sia che usi mezzi violenti sia che usi mezzi
nonviolenti. Chi, infine, lotta con la nonviolenza, non riconosce a chi lotta
con la violenza il coraggio «di gran lunga migliore della codarda
sottomissione », come dice Gandhi.
Non c'è soltanto la
propaganda della violenza! C'è anche la falsa immagine della nonviolenza, che
viene condannata come passiva rassegnazione da chi lotta con violenza contro situazioni violente, e viene lodata come una
virtù, purché rimanga passiva, da chi ha interesse a conservare quelle
situazioni.
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Il
05/03/2012 01:01, Dante Bedini ha scritto:
condivido pienamente, anche se lo stesso Gandhi diceva più o meno: "se
non avessi la possibilità di lottare per la giustizia con mezzi
nonviolenti, continuerei comunque a lottare per essa"
Dante Bedini
Il 05/03/12, Alessandro Marescotti<a.marescotti at peacelink.it> ha scritto:
"La vera forza di Martin Luther King e Nelson Mandela e' stata proprio
quella di prendere la rabbia del loro popolo ed evitare che si
trasformasse in odio e violenza, usandola come energia interiore per
trovare la forza di percorrere strade nuove".
Riporto queste parole del mio amico giornalista Carlo Gubitosa.
Le trovo più che mai attuali anche per la Siria.
Alessandro
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Alessandro Marescotti
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