Re: [pace] Le Operazioni di Guerra Psicologica e i retroscena della Siria. Un saggio di Ermete Ferraro



anche Noam Chomsky da una vita si occupa delle manipolazioni da parte
dei massmedia, stando al centro dell'impero
Dante

Il 05/02/12, Alessandro Marescotti<a.marescotti at peacelink.it> ha scritto:
> Dal Grande Fratello orwelliano alla guerra psicologica
>
> di Ermete Ferraro
> http://ermeteferraro.wordpress.com/2012/02/04/psy-ops-quando-la-guerra-si-fa-con-le-parole
>
> In un suo recente intervento, Alessandro Marescotti
> (http://lists.peacelink.it/pace/2012/02/msg00018.html) ha giustamente
> messo in evidenza, a proposito di quanto sta accadendo in Siria, che le
> varie fonti d’informazione si ritrovano stranamente nel definire
> “disertori” quelli che, a rigor di logica e di vocabolario, dovrebbero
> essere chiamati “insorti” o partecipanti ad una “sedizione” militare.
> Questa osservazione gli dà lo spunto per una riflessione sull’uso
> propagandistico degli strumenti informativi e sulla preoccupante
> diffusione – dal secondo dopoguerra ad oggi – di una vera e propria
> strategia di manipolazione del pensiero e del linguaggio, come strumenti
> di guerra psicologica.
> Il riferimento d’obbligo, in questo caso, è l’incredibilmente profetico
> romanzo di George Orwell “1984” (Nineteen Eighty-Four), quello che – tanto
> per intenderci – ha avuto, suo malgrado, la sventura di dar origine alla
> fin troppo nota espressione “Grande Fratello”. E’ questa, infatti, la
> traduzione di “Big Brother”, il “deus ex machina” che controlla e dirige
> come automi telecomandati tutti coloro che vivono sotto il regime assoluto
> e totalitario guidato dal partito chiamato “Socing/Engsoc”.
> E’ davvero incredibile come Orwell sia riuscito ad avere, già nel 1948,
> una visione talmente netta e dettagliata di quella realtà – massmediatica
> prima ed informatica poi – dalla quale milioni di esseri umani sarebbero
> stati sempre più condizionati, se non asserviti del tutto, grazie ad una
> sottile revisione del pensiero e dell’espressione linguistica, che lo
> veicola e ne è l’ovvio interfaccia.
> Mi sono ricordato allora di un mio vecchio scritto – datato non a caso
> 1984…- nel quale analizzavo questa manipolazione logica
> (“Bispensiero/Doublethink”) e linguistica (“Neolingua/ Newspeak”),
> suggerendo anche una strategia per opporsi, nonviolentemente, ad entrambi.
> Ecco uno dei brani del romanzo che citavo:
> “Se si vuole comandare e persistere nell’azione di comando, bisogna anche
> essere capaci di manovrare e dirigere il senso della realtà… [...]
> Bispensiero sta a significare la capacità di condividere simultaneamente
> due opinioni palesemente contraddittorie ed accettarle entrambe [...] La
> Neolingua era intesa non ad estendere ma a diminuire la possibilità di
> pensiero; si veniva incontro a questo fine, indirettamente, col ridurre al
> minimo la scelta delle parole…”  (questa e le successive citazioni erano
> tratte dall’ediz. italiana, Milano, Mondadori,1983).
> Rileggere, oggi, questi brani del romanzo orwelliano fa venire i brividi.
> Come non restare  stupiti, poi, di fronte alla constatazione che questi
> due processi di “addomesticamento” e massificazione del pensiero e del
> linguaggio, mediante un’accurata programmazione della mente umana, erano
> stati previsti dall’autore intimamente legati all’uso delle tecnologie
> informatiche?
> Programmare un linguaggio-macchina, sottolineava già negli anni ’70 il
> cibernetico Silvio Ceccato, comporta l’eliminazione di ogni forma di
> originalità biologica e culturale, allo scopo di perseguire una
> “oggettività” ed “universalità” comunicativa, sì da “…sopprimere i
> contenuti del pensiero-linguaggio che fanno riferimento alla personalità
> dei parlanti…”  (S. Ceccato, La terza cibernetica. Per una mente creativa
> e responsabile, Milano, Feltrinelli, 1975)
> Tornando alla cronaca di quanto sta accadendo oggi in Siria – ma è da poco
> accaduto in molti altri paesi arabi del Mediterraneo – è evidente che
> l’informazione ha fatto largo uso di tutte le tecniche neo-linguistiche
> per indirizzare subdolamente le menti di lettori, ascoltatori,
> telespettatori e cybernauti nella direzione voluta da chi ha deciso da
> anni chi sono i buoni ed i cattivi, facendo derivare da questo assioma
> tutte le altre considerazioni.
> “Il 4 aprile 1951, il presidente statunitense Truman istituì lo
> Psychological Strategy Board (PSB), il primo organismo statale destinato a
> pianificare, coordinare e condurre operazioni di controllo psicologico di
> massa. I primi manipolatori psicologici compresero che quando si vuole
> agire su una quantità enorme di soggetti, bisogna “trasformare la realtà”.
> E il modo più efficace e rapido per cambiare la realtà a nostro piacimento
> è cambiare le parole con cui descriviamo la realtà. “La sostituzione di
> una sola parola – scriveva William Nichols (direttore di “This week
> magazine” – può aiutare a mutare il corso della storia”.
> Noi comuni mortali, ovviamente, ignoriamo che alle nostre spalle e sulle
> nostre teste migliaia di persone siano state accuratamente formate alla
> manipolazione del pensiero e del linguaggio, in modo da far giungere al
> nostro cervello solo le informazioni gradite, escludendo le altre che,
> guarda caso, sono spesso proprio quelle vere… Eppure, ricorda Marescotti,
> già nel 2002 “…il New York Times riportò che l’Office of Strategic
> Influence (OSI) del Pentagono stava “elaborando dei progetti per divulgare
> notizie, magari anche false, a beneficio dei media stranieri nell’ottica
> di influenzare l’opinione pubblica e i decisori politici di paesi amici e
> non”.
> Quando però i militari della NATO si resero conto che la sigla “PSYOPS” (
> Psycological Operations) era troppo esplicita, in una nota ufficiale il
> Tenente Colonnello Steve Collins – a capo della struttura omonima con sede
> presso il Comando Supremo in Belgio – corresse il tiro, scrivendo che
> sarebbe meglio “…”utilizza(re) una terminologia più vaga, evitando termini
> come operazioni psicologiche e optando per quelle che alcuni consideravano
> delle espressioni più accettabili come “operazioni di  informazione”.
> (vedi: http://www.nato.int/docu/review/2003/issue2/italian/art4.html )
> La “verità” confezionata dai militari
> Siamo di fronte ad un’abituale applicazione del “Newspeak” che
> caratterizza ormai il linguaggio dei media, contrassegnato da espressioni
> “polically correct”o, comunque, capaci di non impressionare negativamente
> il lettore-ascoltatore-spettatore.  Chiamare “operazioni informative”
> quelle che nascono invece come manipolazioni psicologiche è di per sé una
> mistificazione. Nello stesso Dizionario dei Termini Militari e di quelli
> Associati, a cura del Dipartimento della Difesa USA  ( JP 1-02 DOD
> Dictionary of Military and Associated Terms) troviamo scritto, infatti,
> che: “Le Operazioni Psicologiche sono operazioni pianificate  per
> veicolare informazioni ed indicatori selezionati ad un pubblico straniero,
> per influenzare le loro emozioni, motivazioni, ragionamenti oggettivi e,
> in ultimo, il comportamento dei governi stranieri, come di organizzazioni,
> gruppi ed individui.”
> Queste operazioni – che si integrano con quelle di “intelligence” e di
> “guerra psicologica” – vengono perfino designate con un colore
> diversificato, a seconda del grado di mistificazione raggiunto. Quelle
> “bianche”, infatti, sono azioni attribuite al loro effettivo autore (i
> servizi informativi della Difesa o, comunque, del Governo. Quelle “grigie”
> sono “deliberatamente ambigue” ed attribuibili a fonti non-ufficiali. Le
> operazioni “nere”, infine, sono addirittura attribuite a fonti
> abitualmente ostili alla politica governativa, e sono utilizzate come un
> supporto segreto e “coperto” ai piani strategici “scoperti” dei militari.
> Dal 1985 (anno significativo…) la sede dell’USA-CAPOC (U.S. Army Civil
> Affairs and Psycological Operation Command (http://www.usacapoc.army.mil/
> ) si trova a Fort Bragg (North Carolina) e comprende due Unità Operative
> dedicate alle PSYOPS, una nell’Ohio e l’altra in California. Ho notato che
> lo stemma del primo Gruppo riporta una fiaccola (simbolo del sapere) che
> s’incrocia in basso con due saette, convergenti sul cartiglio col motto
> latino “veritas”. L’altra unità è contrassegnata da uno stemma con la
> stessa fiaccola, questa volta però affiancata a sinistra da una penna
> d’oca e a destra da una spada ricurva. Le stesse insegne ufficiali ed i
> distintivi del CAPOC rappresentano poi il “cavallo” degli scacchi,
> circondato dal motto: “Persuadere-Cambiare-Influenzare” (fonte:
> http://en.wikipedia.org/wiki/USACAPOC ).
> Il guaio è che la principale vittima di questi corpi militari scelti è
> proprio quella “verità” di cui essi vorrebbero farsi scudo ma che, per
> essere tale, non può né deve essere sottoposta ad un trattamento
> finalizzato a persuadere la gente, a cambiare i fatti e ad influenzare le
> opinioni. Non pensiamo, d’altra parte, che questa specie di “psycological
> warfare” riguardi esclusivamente i militari statunitensi ed il Pentagono.
> L’Italia, infatti, non ha mai smesso di far parte di quell’Alleanza
> Atlantica alla quale resta tuttora vincolata in tutti i sensi, al punto
> che la sua stessa sovranità nazionale me risulta pesantemente limitata ed
> il territorio ed il mare italiani sono costantemente sottoposti al ferreo
> controllo della NATO.
> Un articolo di A. Scarpitta del marzo 2010, poi, ci informa sulle “psyops”
> italiane in Afghanistan  con queste parole: “La comunicazione operativa si
> prefigge lo scopo di far conoscere, in maniera adeguata e credibile, il
> fine dell’impegno militare italiano e alleato in Afghanistan, modificando
> positivamente la percezione di tale impegno presso la popolazione locale,
> grazie alla capacità di accentrare, controllare e gestire le informazioni”
> [...]. Lo scopo è poter influenzare le percezioni, le suggestioni ed il
> comune sentire dei civili attraverso l’analisi dell’impatto psicologico
> delle operazioni ed orientare tali sentimenti a favore del nostro operato.
> [...]In questo contesto, le comunicazioni operative debbono fornire e
> gestire le notizie in termini coerenti con le necessità delle operazioni e
> con le finalità del nostro impegno militare, contribuendo a creare un
> clima generale favorevole al buon esito della missione…”.
> (http://www.loccidentale.it/articolo/enduring+freedom.+le+psy+ops+italiane+in+afghanistan+.00873809
> )
> Apprendiamo dal citato articolo che, per studiare e divulgare a loro volta
> queste interessate “elaborazioni” della verità fattuale, così da meglio
> asservirla alle finalità delle operazioni militari e per giustificarle
> agli occhi dell’opinione pubblica, i nostri bravi militari seguono degli
> appositi corsi. Essi si addestrano a queste tecniche, col supporto di
> specialisti informatici, giornalisti, psicologici ed altri compiacenti
> “tecnici”, presso una struttura nazionale, ma anche in dotti corsi
> accademici all’estero.
> “Questi compiti fuori dal comune sono affidati al 28° Reggimento
> Comunicazioni Operative “Pavia”, un assetto specialistico pregiato del
> nostro esercito di recentissima costituzione basato a Pesaro [...] La
> Sezione Corsi, inserita nell’Ufficio OAI (Operazioni Addestramento
> Informazioni). Il “Pavia” è infatti sia unità di impiego che addestrativa,
> provvedendo direttamente alla formazione del proprio personale. [...] A
> questo si aggiunge, per gli aspetti più marcatamente militari, la stretta
> collaborazione con forze alleate che già dispongono di esperienze
> consolidate nel settore delle operazioni psicologiche, come il Civil
> Affairs/Psychological Operations Command (CAPOC/A) statunitense, che
> assicura corsi e seminari tenuti a Fort Bragg o a domicilio da istruttori
> molto qualificati, o la Scuola di Intelligence britannica.[...] A tal fine
> alcuni elementi qualificati vengono inviati presso enti e comando alleati
> all’estero, come lo SHAPE o la NATO School di Oberammergau.”(vedi
> art.cit.).
> Ebbene, adesso sapete che, quando ascoltate un notiziario TV, leggete un
> quotidiano oppure  navigate in Internet – il vero “Grande Fratello” è
> sempre presente, con la sua preoccupante capacità di controllare e di
> orientare il pensiero, anche attraverso il linguaggio quotidiano. Nel caso
> della politica, poi, siamo di fronte a quelle che qualcuno ha
> efficacemente definito “armi di disinformazione di massa”.
> L’intenzione, spiegava Orwell, è quella di rendere ogni discorso
> “….indipendente il più possibile da una corrente di pensiero operante…”,
> facendo della Neolingua – asettica, omologata e ambivalente – il codice
> ideale per impedire ai nostri cervelli di svolgere il loro pericoloso
> compito di comprensione,di analisi e di valutazione della realtà.
> Ormai resi ottusi, massificati ed istupiditi, vivremmo forse più
> tranquilli, però avremmo smarrito del tutto la nostra scienza e coscienza,
> come c’insegnava già 250 anni fa il saggio Voltaire:
> “Non avete vergogna ad essere infelice, dal momento che alla vostra porta
> c’è un vecchio automa che non pensa a nulla e che vive contento?” “Avete
> ragione – mi rispose – cento volte mi son detto che sarei felice se fossi
> stupido come la mia vicina, e tuttavia non saprei che farmene di una
> felicità così…” (Voltaire, Il bianco e il nero ed altri racconti, 1764 ).
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