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Re: [pace] La confusa escalation della crisi siriana. L'insurrezione somiglia sempre più a una guerra - Il Sole 24 ORE
- Subject: Re: [pace] La confusa escalation della crisi siriana. L'insurrezione somiglia sempre più a una guerra - Il Sole 24 ORE
- From: marta turilli <martaturilli at yahoo.it>
- Date: Wed, 14 Dec 2011 15:15:49 +0000 (GMT)
Contributo interessante (anche l'articolo linkato di Dottori)!
Vorrei segnalare anche questo (più vecchio), che completa il quadro pur lasciando in sospeso il discorso sul ruolo di Israele.
Marta
Il circolo delle iene
La Santa Alleanza
tra petromonarchie del Golfo e imperialisti europei e statunitensi
ridisegna il Mediterraneo e aggiorna il progetto del Grande Medio
Oriente.
In questo scorcio
di secolo l’egemonia degli USA non è più scontata e le difficoltà del
polo imperialista europeo accrescono il livello di
competizione tra i poli imperialisti. Questi elementi oggettivi, calati
nel contesto della crisi sistemica del capitalismo, non fanno altro
che aumentare la tendenza alla guerra e alla rapina per le risorse
economiche. In questo contesto di competizione si sono affacciate le
petromonarchie e la Turchia, che in questa area, come dire, giocano in
casa.
Nel caso dei paesi
del Golfo, si tratta di un pezzo di borghesia con un peso
sovranazionale con un surplus finanziario considerevole, che ha
investito nella guerra alla Libia e per sedare le rivolte in Bahrein, di
cui “legittimamente” pretenderà i dividendi economici e politici.
La borghesia
petrolifera e finanziaria della penisola arabica da tempo reclama un
adeguamento nella gerarchia internazionale. E’ all’interno di questo
settore di borghesia internazionale, in un costante equilibrio
conflittuale con gli interessi imperialisti statunitensi ed europei, che
nel recente passato si sono sviluppati settori qaedisti e
forze “islamiche” che hanno dato vita a forme di conflitto non convenzionali.
Sono proprio queste opzioni jhadiste e qaediste ad essere
“sacrificate” per avviare una stagione di dialogo tra petromonarchie e
NATO.
Questo network di
borghesia islamica centrata nei paesi del Golfo si è dimostrato capace
di sviluppare un’egemonia culturale con una presa che va oltre la
mezzaluna araba. E’ forte di mezzi economici, fondazioni benefiche,
innovazione tecnologica e televisioni satellitari, e ha dimostrato di
saper sviluppare consensi ben oltre gli aspetti culturali e religiosi.
Insomma ha le risorse e gli strumenti per la competizione regionale ed
internazionale.E’ un network
basato sulla Lega Araba ed il GCC (Consiglio dei Paesi del Golfo),
cresciuto in guerra alle formazioni statali nate dal movimento
panarabista e all’Iran, e sull’asse “Dio, petrolio, innovazione
tecnologica e progresso”; ha sfidato il Fronte della Resistenza per
l’egemonia politica sulle popolazioni arabo-musulmane.
La
prima vittima delle supposte rivolte arabe è stato proprio il Fronte
della Resistenza costituito da Siria, Iran, Hamas e Hezbollah, un fronte
che si è contrapposto al progetto del Grande Medio Oriente sostenuto
dagli imperialismi U.S.A e UE e da Israele, raccogliendo consensi in
tutto il mondo arabo a detrimento dell’influenza delle petromonarchie.
Il Fronte di Resistenza si è diviso sul giudizio e l’appoggio alle
rivolte arabe e alle guerre civili in Libia e in Siria. Le
organizzazioni come Hamas, legate ai Fratelli Musulmani, hanno sostenuto
la guerra civile in Libia, si sono candidate a gestire la transizione
compatibile in Tunisia ed Egitto. Nel caso della Siria la fratellanza
musulmana fa parte del Consiglio Nazionale Siriano che si oppone al
governo di Bashar al Assad e chiede l’intervento straniero per difendere
la “popolazione civile”.
Intorno
alla ridefinizione di tutta l’area mediterranea e del medio oriente,
riprende corpo un’ alleanza tutt’altro che inedita, che, come per la
guerra del Golfo, rimette insieme interessi diversi, dai poli
imperialisti U.S.A e UE, ai paesi del GCC, passando per la Turchia, e
utilizza le diverse filiazioni dell’Islam politico e
pseudo-rivoluzionario per amplificare le contraddizioni realmente
esistenti nei paesi dell’area. Un’alleanza
conflittuale che lavora per incanalare con le buone o con le cattive
le proteste di piazza tunisine, egiziane o del Bahrein nell’alveo delle
compatibilità più adatte ad una periferia produttiva, e che punta a
scardinare paesi come Libia, Siria ed Iran.
Come
per la guerra del Golfo del ‘90 e del ’91, è la Lega Araba a spingere
verso l’intervento militare, ieri in Iraq oggi in Siria. L’espulsione di
Damasco dalla Lega Araba del 12 novembre è un atto di aperta ostilità.
La composita opposizione siriana è cresciuta a seconda dei filoni di
pensiero e delle relazioni, a Londra tanto quanto a Parigi, intessendo
relazioni con ambienti occidentali e con l’attivissima diplomazia del
Qatar. Allo scopo di mantenere l’egemonia sull’area confinante, il
governo di Ankara ha via via accelerato la sua azione all’interno della
guerra civile in Siria, ospitando diversi incontri ufficiali e relazioni
informali con l’opposizione siriana legata alla fratellanza musulmana.
Stiamo assistendo ad una escalation interventista tra Qatar e Turchia,
che, insieme alla Giordania, si propongono come protettrici
dell’opposizione siriana e come retrovia logistico dell’Esercito di
Liberazione Siriano. Con simili mentori non saranno le armi e l’appoggio
politico che mancheranno all’Esercito di Liberazione Siriano. Le basi
U.S.A in Qatar e Arabia Saudita e la forza militare turca sono in grado
di foraggiare e sostenere un conflitto di vaste proporzioni.
La
recente aggressione alla Libia conferma che le guerre imperialiste sono
volte a smantellare quegli Stati nazione che anche in maniera spuria si
oppongono agli appetiti del mercato globalizzato, rifiutandosi o
ostacolando la messa a profitto delle ricchezze nazionali, opponendosi
alla creazione dei corridoi per il transito di merci e risorse
energetiche.
La
Siria, governata dal Fronte Nazionale Progressista, una compagine di
forze di ispirazione socialista in cui sono presenti anche i due Partiti
Comunisti, guidata dal BAAS, rappresenta un obiettivo importante
economicamente e politicamente .
Negli
ultimi anni all’interno del Fronte Nazionale Progressista due
schieramenti si sono scontrati duramente sul tema delicatissimo delle
privatizzazioni e sulle linee di indirizzo di politica economica. Da una
parte la borghesia mercantile, quella del settore edile e i ceti
“professionali”, dall’altra i Partiti Comunisti ed una parte del Baas.
Il cuore dello scontro è la privatizzazione dei settori bancario ed
energetico, quest’ultimo fonte di forti introiti per le casse dello
stato, e la politica di controllo dei prezzi di prima necessità. La
privatizzazione, e la conseguente vendita alle grandi compagnie
straniere dell’industria energetica, metterebbe a rischio la politica
economica dello stato e quindi la capacità di coesione sociale,
dichiaravano solo undici mesi fa i comunisti siriani sui loro siti. Nel
frattempo la crisi economica globale ha investito anche la Siria,
rafforzando il malcontento sociale, che si è saldato alle ferite
generate dalla politica di privatizzazioni, dalla farraginosità della
macchina statale e dalla differenza tra le città e la periferia di un
paese che vede il 53 % dei suoi cittadini concentrati nei grandi centri urbani.
La
Siria negli ultimi decenni ha rappresentato un ostacolo ai progetti
egemonici dell’imperialismo e delle petromonarchie, ed è stata in grado
di mantenere uno scontro di bassa intensità con Israele attraverso il
sostegno ai movimenti come Hamas, Hezbollah e l’alleanza con l’Iran.
L’alleanza tra potenze imperialiste e Vandea islamica serra nuovamente
le fila: l’obiettivo è normalizzare il medio oriente, e la Siria del
Fronte Nazionale Progressista, il Fronte di Resistenza e l’Iran sono
ostacolo da rimuovere per normalizzare l’area, secondo una strategia
già rodata nelle diverse guerre contro gli stati nazione ritenuti oramai
superflui, come Jugoslavia, Iraq, e più recentemente Libia. In tutto
questo, Israele la piccola Prussia incastrata in mezzo ai paesi arabi,
scruta un orizzonte con troppe incognite ed attori e non può adottare
altra scelta che rimanere ferma nelle sue posizioni aspettando in
occasione favorevole.
Non
abbiamo certezze ma il governo siriano ed i suoi alleati hanno una
base di consenso interno ed internazionale, e con tutta probabilità
Damasco proverà a resistere all’aggressione militare. Rimangono poi le
incognite di Hezbollah e dell’Iran: gli ingredienti per una guerra
regionale ci sono tutti.
A cura della Commissione internazionale della Rete dei comunisti
fonti e note:
“La Primavera Araba e la situazione del Golfo Persico”, di Ahmad Abdul Malek,
direttore degli affari dell’informazione del Gulf Cooperation Council
(GCC); è stato inoltre direttore del quotidiano qatariota “al-Sharq”.
“L’influenza “fuori misura” del Qatar nella politica araba”, di Anthony Shadid, New York Times; Anthony Shadid è un giornalista americano di origini libanesi.
“In Siria è guerra – in maniera strisciante, ma sempre più rapida”, di Abd al-Bari Atwan, giornalista palestinese residente in Gran Bretagna; è direttore del quotidiano panarabo “al-Quds al-Arabi”.
“Le vere ragioni della guerra in Libia” di Jean-Paul Pougala, scrittore
di origine camerunese, direttore dell’Istituto di Studi Geostrategici e
professore di sociologia all’Università della Diplomazia di Ginevra,
Svizzera. da http://www.asteclist.com/
“In Siria si parla di pluralismo politico” di Sami Moubayed, analista politico siriano; è direttore della rivista Forward; risiede a Damasco.
“Libia. Non è una rivolta popolare ma una guerra civile. I dovuti distinguo” di Sergio Cararo analista politico e direttore di contro piano on line
www.contropiano.org
“Libia. Dalla guerra civile alla guerra del petrolio” di Sergio Cararo ibidem
Da: semprecontrolaguerra <semprecontrolaguerra at gmail.com>
A: semprecontrolaguerra <semprecontrolaguerra at googlegroups.com>; "pace at peacelink.it" <pace at peacelink.it>
Inviato: Mercoledì 14 Dicembre 2011 15:42
Oggetto: [pace] La confusa escalation della crisi siriana. L'insurrezione somiglia sempre più a una guerra - Il Sole 24 ORE
io spero di fare cosa utile inviare articoli sul tema siriano
seleziono quelli che potrebbero dare spunti di conoscenza al di là delle veline dei vari regimi
questo mi pare un resoconto attendibile
personalmente credo che via email spsso non ci si capisca, ma credo che in questa lista lo scopo che perseguiamo tutti è quello della pace. Per cui ben vengano discussioni chiarificatrici.
Non avevo visto le pesanti dichiarazioni della chiesa Siriaca che lasciano perplessi, ho visto tempo fa quelle di un'altra chiesa orientale (Maronita? non ricordo) che invocava la guerra dall'esterno.
La posizione di Dall'Oglio la condivido molto.
Ma quello su cui vorrei attirare l'attenzione non è tanto il discorso dei "diritti umani" da difendere (ci mancherebbe!), ma la trappola che ci tendono, usando appunto di diritti umani per giustificare una nuova guerra.
Anche l'aspetto geopolitico lo dobbiamo capire bene, altrimenti rischiamo di dividere la crisi siriana tra buoni e cattivi e schierarci dalla parte sbagliata (come stanno facendo secondo me i Radicali che guarda caso si schierano sempre dalla parte degli USA). Il nostro compito dovrebbe essere quello di generare dialogo, capacità di convivenza, denunciare operazioni di lotta per il potere che schiacciano sempre esseri umani e i loro diritti.
Un saluto
Tiziano Cardosi (Firenze)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-12-13/confusa-escalation-crisi-siriana-201618.shtml?uuid=AaY2c1TE
seleziono quelli che potrebbero dare spunti di conoscenza al di là delle veline dei vari regimi
questo mi pare un resoconto attendibile
personalmente credo che via email spsso non ci si capisca, ma credo che in questa lista lo scopo che perseguiamo tutti è quello della pace. Per cui ben vengano discussioni chiarificatrici.
Non avevo visto le pesanti dichiarazioni della chiesa Siriaca che lasciano perplessi, ho visto tempo fa quelle di un'altra chiesa orientale (Maronita? non ricordo) che invocava la guerra dall'esterno.
La posizione di Dall'Oglio la condivido molto.
Ma quello su cui vorrei attirare l'attenzione non è tanto il discorso dei "diritti umani" da difendere (ci mancherebbe!), ma la trappola che ci tendono, usando appunto di diritti umani per giustificare una nuova guerra.
Anche l'aspetto geopolitico lo dobbiamo capire bene, altrimenti rischiamo di dividere la crisi siriana tra buoni e cattivi e schierarci dalla parte sbagliata (come stanno facendo secondo me i Radicali che guarda caso si schierano sempre dalla parte degli USA). Il nostro compito dovrebbe essere quello di generare dialogo, capacità di convivenza, denunciare operazioni di lotta per il potere che schiacciano sempre esseri umani e i loro diritti.
Un saluto
Tiziano Cardosi (Firenze)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-12-13/confusa-escalation-crisi-siriana-201618.shtml?uuid=AaY2c1TE
La confusa escalation della crisi siriana. L'insurrezione somiglia sempre più a una guerra
In questo articolo
Argomenti: Politica
| Bashar
Assad | Medio
Oriente | Russia
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Dottori | Ehud
Barak | Onu | Avigdor
Lieberman | Hezbollah
L'insurrezione siriana sta assumendo progressivamente le
caratteristiche di una vera e propria guerra a causa delle
accresciute capacità belliche dell'Esercito siriano libero (ELS)
guidato dal colonnello Riyadh al Asaad e composto da migliaia di
disertori che hanno abbandonato le brigate governative. Incursioni
contro centri di comando, imboscate a convogli, uccisioni mirate
ma anche vere e proprie battaglie campali avrebbero provocato,
secondo Damasco, la morte di oltre un migliaio di soldati fedeli
al regime di Bashar Assad in un conflitto che le stime dell'Onu
valutano abbia provocato finora 5 mila vittime. Una guerra che sta
assumendo sempre più una dimensione internazionale come indicano
diversi elementi.
Sembrano confermate le indiscrezioni circa il ruolo delle forze
speciali britanniche, francesi, giordane e del Qatar che nella
base turca di Iskenderun addestrano i combattenti dell'ELS insieme
ai militari di Ankara. Consiglieri militari che si spingerebbero
anche nel nord della Siria per affiancare l'esercito ribelle e che
sarebbero affiancati da miliziani delle brigate islamiche libiche
che combatterono il regime di Gheddafi con il supporto finanziario
e militare del Qatar. L'obiettivo di questo embrione di forza
multinazionale sembra essere l'istituzione di "corridoi umanitari"
o un'area cuscinetto per i ribelli nel nord del Paese.
L'opposizione russa e cinese sembra impedire una risoluzione
dell'Onu che autorizzi l'intervento internazionale (come in Libia)
ma una sorta di copertura politico-giuridica potrebbe venire
assicurata dalla Lega Araba adducendo (come in Libia) ragioni
umanitarie.
Gli elementi per una crisi internazionale intorno alle sorti del
regime siriano ci sono tutti. Miliziani ribelli si infiltrano in
Siria dalle frontiere turca, libanese e giordana. L'Iran non
lesina aiuti a Damasco consapevole che un crollo di Assad
isolerebbe Teheran e le milizie Hezbollah in Libano dove
l'attentato che ha ferito il 9 dicembre cinque caschi blu francesi
ha indotto Parigi a inasprire le accuse a Damasco.
L'arrivo nel Mediterraneo Orientale del gruppo navale
statunitense guidato dalla portaerei George Bush, composto anche
da un sottomarino dotato di missili da crociera, ha indotto Mosca
a trasferire nella base navale siriana di Tartus la sua portaerei
Kuznetsov con alcune navi logistiche e di scorta. Un confronto navale che non si vedeva dai
tempi della Guerra Fredda. A rendere credibile l'iniziativa
militare di Mosca, che ha nella Siria un alleato storico e un
importante cliente per la sua industria militare, potrebbe
contribuire Israele la cui posizione nella crisi siriana rimane da
chiarire.
Gerusalemme aveva accolto con freddezza l'inizio della rivolta in
Siria temendone una deriva simile a quella della "primavera
egiziana" per poi mutare ufficialmente posizione. Il ministro
della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha dichiarato domenica scorsa
che la caduta del presidente siriano Bashar al Assad sarebbe ''una
benedizione'' per il Medio Oriente e anche se "non possiamo dire
cosa succederà dopo, in ogni caso sarà un colpo all'asse
Iran-Hezbollah''. Secondo Germano Dottori, uno dei più attenti
analisti strategici italiani, Mosca potrebbe però aver concordato
le proprie recenti iniziative con Israele, che punterebbe così ad
"arrestare l'espansione geopolitica della Turchia e arginare la
marea montante della Fratellanza musulmana" considerato un
obiettivo più importante che "spezzare la mezzaluna sciita che
attualmente congiunge l'Iran al Libano meridionale".
Mosca e Gerusalemme hanno del resto intensificato da tempo i
rapport anche nel settore dell'intelligence e della sicurezza
nonostante la Russia sia il maggior fornitore di armi a Siria e
Iran. Un anno or sono Mosca
ha acquistato velivoli teleguidati israeliani per 400
milioni di dollari e anche negli ultimi tempi non sono mancati I
segnali di un'intesa che negli interessi di Gerusalemme tenderebbe
a bilanciare il sostegno che Washington offre ad Ankara e alle
rivolte che stanno portando movimenti islamisti al potere in tutto
il Mediterraneo meridionale.
Recentemente un satellite israeliano è stato lanciato da un
poligono spaziale russo in Kazakhistan e nei giorni scorsi Il
ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, cittadino
sovietico di nascita, si è recato a Mosca dove ha riconosciuto la
regolarità delle elezioni russe. Una situazione strategica molto
fluida, che ribalta le alleanze storiche alla quale non sono
estranei interessi economici dal momento che Ankara è in prima
linea a contestare il diritto di Israele di sfruttare gli enormi
giacimenti di gas rinvenuti nelle acque tra lo stato, ebraico, il
Libano e Cipro.
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