Libia e altre guerre



In  giugno scrivevo questa breve mail, ancora fiducioso che qualcosa potesse cambiare in questo paese (da "Ho appena letto queste parole di De André"). Ora trovo che Faber avesse ragione, che Pasolini avesse previsto tutto questo, con la sua "disperazione" e con il suo pensiero "anarchico apocalittico".
Questo paese sta precipitando nel degrado morale più abietto, il "berlusconismo" è come il fascismo, l'"autobiografia di questa nazione". E' squallido vedere pacifisti e guerrafondai, "nonviolenti" e fautori della violenza di stato, "sinistra" e destra sempre più accomunati dallo stesso tipo di (non)analisi della realtà, dall'accettazione dell'esistente, dalla stanca ripetizione dei soliti luoghi comuni.
Questo paese, tutta l'Europa colonialista ed imperialista hanno bisogno di una primavera che spazzi via questa incultura.
Per fortuna abbiamo ancora qualche esempio da seguire, dalla primavera araba (altro che Libia) alle esperienze dell'America Latina
prof. Dante Bedini
 
 
Ho appena letto queste parole di De André:
“Sul finire degli anni Ottanta la gente aveva perso a tal punto il senso della propria dignità che si viveva in una specie di limbo, dove nessuno aveva più voglia di protestare, figuriamoci poi di ribellarsi: non c’è niente di più idoneo perché il potere possa compiere i propri misfatti nella più assoluta impunità. Si continua ad affermare la priorità del mercato – ormai anche la politica è attraversata da grandi ventate di affarismo, non sempre lecito – e con essa la morte delle ideologie: così si educa la gente al ripudio degli ideali. Questa rassegnata abulia, che coinvolgeva anche artisti un tempo ‘impegnati’, giornalisti non di regime e politici d’opposizione, è sintetizzata nel finale de La domenica delle salme dove si parla di ‘pace terrificante’, mentre ‘il cuore d’Italia si gonfia in un coro di vibrante protesta’. Senonché la protesta ha la voce d’un coro di cicale, scelto a emblema del menefreghismo collettivo” (Fabrizio De André a proposito della canzone La domenica delle salme, ultimo brano dell’album Le nuvole, 1990)
Chissà che all'avvicinarsi del mio sessantesimo anno di età questo paese non stia diventando un pò meno "ridicolo e orribile" (come lo definiva negli anni '70 PPPasolini), che non si aprano spazi di speranza e di ribellione, che non nasca un processo di  cambiamento radicale sul piano etico e politico. Certo, sarà dura ricostruire una società ridotta in macerie.
Ma ho una grande fiducia nei giovani (e meno giovani...)
Dante Bedini
 
Ho appena letto queste parole di De André:

“Sul finire degli anni Ottanta la gente aveva perso a tal punto il senso della propria dignità che si viveva in una specie di limbo, dove nessuno aveva più voglia di protestare, figuriamoci poi di ribellarsi: non c’è niente di più idoneo perché il potere possa compiere i propri misfatti nella più assoluta impunità. Si continua ad affermare la priorità del mercato – ormai anche la politica è attraversata da grandi ventate di affarismo, non sempre lecito – e con essa la morte delle ideologie: così si educa la gente al ripudio degli ideali. Questa rassegnata abulia, che coinvolgeva anche artisti un tempo ‘impegnati’, giornalisti non di regime e politici d’opposizione, è sintetizzata nel finale de La domenica delle salme dove si parla di ‘pace terrificante’, mentre ‘il cuore d’Italia si gonfia in un coro di vibrante protesta’. Senonché la protesta ha la voce d’un coro di cicale, scelto a emblema del menefreghismo collettivo” (Fabrizio De André a proposito della canzone La domenica delle salme, ultimo brano dell’album Le nuvole, 1990)

Chissà che all'avvicinarsi del mio sessantesimo anno di età questo paese non stia diventando un pò meno "ridicolo e orribile" (come lo definiva negli anni '70 PPPasolini), che non si aprano spazi di speranza e di ribellione, che non nasca un processo di  cambiamento radicale sul piano etico e politico. Certo, sarà dura ricostruire una società ridotta in macerie.

Ma ho una grande fiducia nei giovani (e meno giovani...)

Dante Bedini