DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA - cell. 340-0878893
            Si richiedono osservazioni sulla proposta che segue,
              sollecitata da una idea originaria di Giacomo Sicurello
              (che ho avuto compagno di viaggio nella Carovana 2010).
            La fattibilità dipende anche dai mezzi (il camper
              disponibile è già da rottamare?)
            
               
               
              Il referendum vinto "miracolosamente", sull'onda di
                Fukushima, il 12 giugno 2011 non chiude la partita
                antinucleare. 
              Non la chiude, più che ovviamente, nel mondo, dove il
                rilancio qualitativo, non quantitativo, delle centrali
                "civili" è funzione dell'ascesa di potenze emergenti (i
                BRIC, cui possiamo aggiungere gli Stati che vogliono
                contare di più in aree "calde" come il Medio Oriente) e
                della necessità degli USA di mantenere il divario
                tecnologico e militare su di esse.
              In Giappone, "potenza nucleare latente" in termini
                militari, il premier Naoto Kan, che, dopo il noto
                disastro di marzo (ma forse il vero brutto deve ancora
                arrivare!), aveva osato pensare ad una svolta energetica
                ("Futuro senza nucleare"!), è stato brutalmente cacciato
                e sostituito. 
              Il nuovo premier, Yoshihiko Noda, ha subito rassicurato
                le grandi compagnie energetiche ed i poteri forti. Ha
                visitato di persona la centrale di Fukushima e ribadito
                che considera il nucleare una risorsa indispensabile per
                l'economia nazionale.
              Non la chiude, ovviamente - la partita - in Europa,
                nonostante le positive scelte tedesche, sospinte da una
                opinione pubblica fortemente ecologista (i "Gruenen"
                rischiano di diventare il primo partito!). Altra
                positiva eccezione è la Svizzera (che ha deciso di
                accodarsi ad altri Stati non nucleari: Austria,
                Danimarca, Grecia, Irlanda, Norvegia, Polonia).
              La Francia, il Paese più nuclearizzato del mondo (80%
                dell'elettricità da fonte atomica), è impegnatissima a
                piazzare gli EPR di Areva e la Gran Bretagna, altra
                potenza atomica militare, non demorde dai suoi piani per
                "salvare l'ambiente" con il 40% di nucleare (progetta la
                costruzione di 8 nuovi reattori).
              Si prevedono, a livello UE, degli stress test sulla
                sicurezza degli impianti dall'esito scontato; e nel
                frattempo non passa al Parlamento Europeo una moratoria
                per la costruzione di nuove centrali.
              Non la chiude, infine, in Italia, - e qui è meno ovvio,
                anche se vige la prassi pressoché scontata stravolgere i
                risultati referendari.
              Già il quesito referendario sui servizi pubblici locali
                è stato rimangiato con la "manovra" anti-deficit: l'art.
                4 prevede, per l'intanto, la possibilità di aprire ai
                privati la gestione di trasporti pubblici, asili e
                rifiuti. La furbizia è di tenere fuori, al momento,
                l'acqua, ma potete scommetterci che ben presto la
                politica al servizio del business tornerà alla carica.
                Il voto di giugno escludeva tecnicamente la
                privatizzazione di TUTTI i servizi, non solo di quelli
                idrici!
              Il voto sul quesito nucleare non è altrettanto chiaro
                sul piano tecnico rispetto a quelli sull'acqua pubblica
                e già sulla stampa confindustriale sono apparse molte
                analisi in questo senso (con relative ricette su come
                aggirare la volontà popolare). Chi cerca, le trova.
              Non sarà poi inutile ricordare che lo stesso voto sul
                referendum del 1987, quello seguito alla catastrofe di
                Chernobyl, con tre quesiti, non riguardava direttamente
                la chiusura delle centrali ma chiedeva solo di
                cancellare alcune disposizioni di legge concepite per
                agevolare i piani nucleari. Non si votò per chiudere le
                centrali, eppure fu quello che venne poi fatto. Si votò
                invece per escludere la possibilità dell'ENEL di
                partecipare ad accordi internazionali per costruire
                centrali nucleari all'estero: ebbene, proprio questo non
                venne fatto, la partecipata di Stato se ne impipò
                bellamente.
              Per non allontanarsi dalla "lupa in fabula", vale la
                pena di ricordare che l'AD dell'ENEL, Fulvio Conti,
                continua oggi a ripetere a chiare lettere che per lui il
                referendum non conta nulla. Per lui "la macchina
                nucleare non si ferma". Non si tratta solo della
                compartecipazione con Areva a Flamanville, ma anche
                degli investimenti in Slovacchia, Romania, ed anche in
                Russia, se le trattative con Rosatom andranno a buon
                fine. Non si tratta solo della gestione degli impainti
                spagnoli, ex ENDESA. Di più. Il nostro, a ben guardare,
                ha suggerito il nostro titolo con le sue dichiarazioni
                alla giornalista Sara Viaretto, che il 1 luglio lo ha
                intervistato per Sky Tg2: "Dopo il referendum la partita
                del nucleare non è chiusa per sempre". Per il momento,
                dice Conti, l'ENEL andrà avanti sul nucleare all'estero.
                "Continueremo a studiare, come è giusto che sia, nel
                campo della ricerca le evoluzioni tecnologiche che
                potranno essere applicate in questi Paesi, ma anche in
                un futuro non troppo lontano nel nostro Paese".
              Chi ha orecchie per intendere intenda.
              Il "mostro" nucleare - è la morale della favola - è una
                entità molto più feroce di quanto non si creda (è
                animato ed alimentato dall'istanza geopolitica della
                potenza, non nasce da esigenze economiche ed
                energetiche). 
              Il nucleare, che è tutto sostanzialmente in funzione
                del militare ("l'elettricità è solo un sottoprodotto del
                funzionamento delle centrali", Amory Lovins), insomma, è
                stato ferito dal referendum, non annientato. Dobbiamo
                stanarlo laddove si sta rifugiando (con una campagna
                europea, si può lanciare una risoluzione di iniziativa
                popolare raccogliendo 1 milione di firme in almeno 7
                Paesi UE) e fare i conti con la pericolosissima eredità
                che ha lasciato in Italia.
              La base tecnica della subalternità dell'atomo "civile"
                a quello di guerra è contenuta in un semplicissimo dato
                di fatto, che implica tutta la fissione da collisione
                neutronica: l'equazione combustibile=scorie=eplosivo. 
              La tecnologia dell’arricchimento dell’uranio (con cui
                si fabbrica il combustibile) può portare alla Bomba A. 
              Lo stesso dicasi della tecnologia del ritrattamento
                delle scorie, da cui si separa il plutonio (il materiale
                fissile ideale per le armi nucleari, specialmente per la
                Bomba H a fusione). 
              Sarebbe - è il nostro parere - poco sensato dirottare
                l'attenzione e la grande sensibilità antinucleari,
                ottenuta a fatica ed anche per caso, di 27 milioni di
                italiani da una fonte inquinante di diretto impatto
                generale, qual è quella nucleare, che attenta anche solo
                con piccole quantità alla sopravvivenza stessa
                dell'ecosistema globale, rispetto ad altre fonti che,
                pur contribuendo a conseguenze generali, provocano
                direttamente solo stress ambientali localizzati.
              Il precipitare del riscaldamento globale non dipende
                significativamente dall'apertura o dalla chiusura, ad
                esempio, della centrale a carbone di Porto Tolle ed è un
                errore culturale, strategico e tattico pretendere di
                fare di questa vicenda locale la frontiera generale
                verso cui spostare l'avversione antinucleare
                praticamente di tutti che è montata in questi mesi ed è
                stata capitalizzata dal voto referendario.
              Ammesso e non concesso che vi sia una "centralità
                anticarbone", è prevedibile che questa si affermi in
                ogni caso attraverso vertenze regionali e non assumerà
                mai la forma collettivamente estesa, tendente
                all'universale, che riveste più facilmente - e
                necessariamente - la lotta antinucleare.
              A Saluggia, in Piemonte, dove i depositi radioattivi
                sorgono a ridosso della Dora Baltea che li può
                sommergere con le sue piene, corriamo tuttora il rischio
                immediato di una Chernobyl (Rubbia dixit), altro che
                pericoli futuri del carbone!
            
            
              Le scorie sono trasportate dai "vecchi" impianti
                italiani a Les Hague in Francia e a Sellafield in Gran
                Bretagna per una loro parziale e temporanea "messa in
                sicurezza". Ma nel loro "ritrattamento" gli Stati
                atomici estraggono anche una percentuale di plutonio che
                serve per le loro bombe atomiche.
              L'ENEL va fermata nelle sue partecipazioni nucleari
                all'estero e la ricerca applicativa in campo energetico,
                nelle università e nel CNR, va "bonificata" ed
                indirizzata verso destinazioni meno inquinate da
                esigenze militari e più proficue in campo economico e
                sociale.
              L'emergenza economica, che è oggettivamente drammatica,
                può essere ulteriormente pompata ed usata come un
                pretesto per fare passare il tradimento della volontà
                referendaria.
              Si scrive "debito pubblico", si legge privatizzazioni
                dei servizi pubblici e Grandi Opere inutili e pericolose
                spacciate per "crescita".
              Per questo la lotta antinucleare deve continuare, non
                disperdendo la coscienza accumulata con la campagna
                referendaria, ed inserirsi nel movimento popolare che
                contrasta la "dittatura finanziaria" e la sua gestione
                della crisi (il debito, che è stato fatto non da noi ma
                dalla "casta" politica, non va pagato agli
                speculatori!).
              Il 15 ottobre la Carovana pertanto confluisce nella
                Giornata dell'indignazione europea contro lo svenamento
                del popolo imposto da questo sistema economico, che fa
                prosperare parassiti e privilegiati sugli investimenti
                inquinanti e per la guerra, di cui l'apparato nucleare è
                la suprema espressione.
              Il significato di questa iniziativa, promossa da
                Kronos, "Fermiamo il Fuoco atomico", Coordinamento
                Energia Felice, ed aperta all'apporto di tutti i
                soggetti che vorranno dare una mano, dovrebbe essere
                perciò del tutto evidente.
              La Carovana è il banditore che batte le contrade per
                radunare le schiere dei combattenti che hanno da
                scontrasi col diabolico "Drago" nucleare: dobbiamo
                inseguirlo e stanarlo ovunque, adesso che lo abbiamo
                colpito, per infliggergli veramente, noi popolo, la
                sconfitta finale. 
               
              Percorso proposto (prima idea che le forze promotrici,
                incluse quelle che volessero aggiungersi, hanno da
                verificare)
              
                1^ tappa - venerdi 7 ottobre 2011 - conferenza stampa
                  a Milano
                2^ tappa - sabato 8 ottobre 2011 - Milano - Ghedi -
                  Brescia (base militare atomica)
                Referenti accoglienza:
                3^ tappa - domenica 9 ottobre 2011- Brescia - Caorso
                  (centrale nucleare da dismettere)
                Referenti accoglienza:
                lunedi 10 ottobre 2011 - riposo
                4^ tappa - martedi 11 ottobre 2011 - Caorso-Genova
                  (Ansaldo Nucleare)
                Referenti accoglienza:
                5^ tappa - mercoledi 12 ottobre 2011 - Genova -
                  Torino (Politecnico)
                Referenti accoglienza:
                6^ tappa - giovedi 13 ottobre 2011 - Torino -Trino
                  (centrale nucleare da dismettere)
                Referenti accoglienza:
                7^ tappa- venerdi 14 ottobre 2011 - Trino - Saluggia
                  (depositi scorie nucleari)
                Referenti accoglienza:
                8^ tappa - sabato 15 ottobre 2011 - ritorno a Milano
                  e confluenza iniziativa indignados
              
               
              Staffette fisse su Camper Alfiere:
              Alfonso Navarra - Giacomo Sicurello - altri.....
              Altri mezzi in Carovana...
              ..................................