Un breve ma succulento saggio su "Le vere ragioni della guerra in Libia"



un articolo che, a parte le piaggerie con Gheddafi, apre degli scenari per capire meglio che c'è dietro il conflitto libico

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Le vere ragioni della guerra in Libia
di Jean-Paul Pougala *

Il primo satellite Africano RASCOM 1

È la Libia di Gheddafi che offre a tutta l’Africa la sua prima vera
rivoluzione dei tempi moderni: assicurare la copertura universale del
continente per la telefonia, la televisione, la radiodiffusione e per
molteplici altre applicazioni, come la telemedicina e l’insegnamento a
distanza; per la prima volta, diviene disponibile una connessione a basso
costo su tutto il continente, fino alle più sperdute zone rurali, grazie
al sistema di ponti radio WMAX.
La storia inizia nel 1992, quando 45 paesi africani creano la società
RASCOM per disporre di un satellite africano e fare abbassare i costi
delle comunicazioni sul continente.
Telefonare da e verso l’Africa presentava allora le tariffe più care al
mondo, perché esisteva un’imposta di 500 milioni di dollari che ogni anno
l’Europa incassava sulle conversazioni telefoniche, anche all’interno di
uno stesso paese africano, per il passaggio delle comunicazioni sui
satelliti europei come Intelsat.
In buona sostanza, il satellite africano veniva a costare 400 milioni di
dollari da sborsare una tantum, e non bisognava versare ogni anno 500
milioni per avere in affitto i satelliti. Chi è quel banchiere che non
finanzierebbe un tale progetto?
Ma l’equazione più difficile da risolvere era: come può lo schiavo
affrancarsi dallo sfruttamento servile del suo padrone, sollecitando
proprio l’aiuto di quest’ultimo per ottenere la sua liberazione?  Quindi,
per 14 anni, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, gli
Stati Uniti, l’Unione Europea avevano fatto baluginare la possibilità del
finanziamento e creato illusioni a questi paesi africani.
Nel 2006, Gheddafi mette fine al supplizio del chiedere inutilmente la
carità ai presunti benefattori occidentali, che però praticano prestiti a
tassi da usura; la Libia apre la strada mettendo sul tavolo 300 milioni di
dollari, sono seguite la Banca Africana di Sviluppo con 50 milioni e la
Banca dell’Africa Occidentale di Sviluppo con 27 milioni, ed è così che
l’Africa, il 26 dicembre 2007, ha potuto gestire il suo primo satellite
per le comunicazioni della sua storia.
Su questa scia si sono poste la Cina e la Russia, questa volta cedendo la
loro tecnologia e consentendo quindi il lancio di nuovi satelliti,
sud-africano, nigeriano, algerino, e la messa in orbita di un secondo
satellito africano, nel luglio 2010.
Per il 2020 è prevista la messa in opera del primo satellite frutto al
100% della tecnologia africana, costruito su suolo africano, più
specificamente in Algeria. Si prevede che questo satellite sia in grado di
concorrere con i satelliti migliori del mondo, ma a costi 10 volte
inferiori, una vera sfida!
Ed ecco come un semplice gesto simbolico di un pugno di 300 milioni possa
cambiare la vita di tutto un continente. La Libia di Gheddafi ha fatto
perdere all’Occidente, non solamente 500 milioni di dollari all’anno, ma i
miliardi di dollari di debiti e di interessi che questo stesso debito
permetteva di generare all’infinito e in modo esponenziale, contribuendo
quindi a mantenere il sistema occulto che sta spogliando l’Africa.
Il Fondo Monetario Africano, la Banca Centrale Africana, la Banca Africana
di Investimenti
I 30 miliardi di dollari sequestrati da Mr. Obama appartengono alla Banca
Centrale della Libia ed erano previsti come contributo finanziario libico
idoneo alla costruzione della Federazione Africana attraverso tre progetti
chiave:

la Banca Africana di Investimenti a Sirte, in Libia;
la creazione nel 2011 del Fondo Monetario Africano con un capitale di 42
miliardi di dollari con sede a Yaoundé, in Camerun;
la Banca Centrale Africana con sede ad Abuja, in Nigeria, la cui prima
emissione della moneta africana firmerà la fine del Franco CFA, [N.d.tr.:
la moneta utilizzata da 14 paesi africani, che sono stati colonie
francesi], la moneta con cui Parigi mantiene il controllo su alcuni paesi
africani da oltre 50 anni.

È quindi comprensibile, e ancora una volta di più, la rabbia di Parigi
contro Gheddafi.
Il Fondo Monetario Africano dovrebbe sostituire in tutto e per tutto le
attività sul territorio africano del Fondo Monetario Internazionale, che
con soli 25 miliardi di dollari di capitale ha potuto mettere in ginocchio
tutto un continente attraverso privatizzazioni discutibili, come il fatto
di obbligare i paesi africani di passare da forme di monopolio pubblico a
monopoli privati.
Perfino gli stessi paesi occidentali hanno bussato alla porta per essere
ammessi come membri del Fondo Monetario Africano, e però, fra il 16 e il
17 dicembre 2010 a Yaoundé, all’unanimità gli Africani hanno respinto
questa commistione interessata, stabilendo che solo i paesi africani
potevano essere membri di questo Fondo Monetario.
Inoltre, risulta evidente che, dopo la Libia, la Coalizione occidentale
scatenerà la sua prossima guerra contro l’Algeria, paese che, oltre a
detenere enormi riserve energetiche, possiede una riserva monetaria di 150
miliardi di euro.
Ciò che muove la bramosia di tutti i paesi che stanno bombardando la
Libia, e che li accomuna tutti, è che sono tutti dal punto di vista
finanziario in fallimento, gli Stati Uniti da soli hanno un debito pari a
14.000 miliardi di dollari, la Francia, la Gran Bretagna e l’Italia,
ciascuna, quasi 2.000 miliardi di debiti pubblici, quando i 46 paesi
dell’Africa Nera hanno in totale un debito pubblico inferiore a 400
miliardi di dollari.
Creare conflitti impregnati di falsità in Africa, nella speranza di
trovare l’ossigeno per continuare nella loro apnea economica, cosa che
peggiorerà la loro situazione, porterà gli Occidentali a sprofondare nel
loro declino, che aveva visto il suo decollo nel 1884, a partire dalla
famosa Conferenza di Berlino.
[N.d.tr.: la Conferenza di Berlino sull’Africa negli atti ufficiali si
limitò a sancire regole commerciali, umanitarie e, solo riguardo alle
coste, di colonizzazione. Su quest’ultimo punto, poi, c’è da considerare
che quasi tutti i tratti costieri del continente erano già occupati.
Tuttavia, dopo i lavori della conferenza, si fecero strada in diplomazia
concetti come la “sfera di influenza da consolidare” e “Hinterland”, idea
tedesca per cui una potenza con rivendicazioni sulla costa aveva diritto
all’entroterra adiacente. Tali concetti consentirono alla Germania, già
durante la Conferenza, di vedersi riconosciuto il Camerun e, poco dopo, le
consentì di proclamare un protettorato sul territorio di quella che
sarebbe divenuta l’Africa Orientale Tedesca.   Da questo momento le varie
potenze, ma soprattutto Francia e Gran Bretagna, si contrastarono per la
conquista di nuovi territori all’interno del continente africano, ciò che
in inglese venne chiamato lo Scramble for Africa (la Corsa per l’Africa)].
Come aveva profetizzato l’economista statunitense Adam Smith nel 1865,
quando sosteneva Abraham Lincoln per l’abolizione della schiavitù,
“l’economia di quei paesi che praticano oggi la schiavitù dei neri sta
innescando una discesa agli inferi, che sarà dura il giorno che inizierà
il risveglio delle altre nazioni.”

Unioni regionali come freno alla creazione degli Stati Uniti d’Africa

Per destabilizzare e distruggere l’unità africana, orientata
pericolosamente (per l’Occidente) verso la costruzione degli Stati Uniti
d’Africa con Gheddafi a giocare un ruolo importantissimo, l’Unione Europea
ha tentato fin dall’inizio, senza riuscirci, di giocare la carta della
creazione dell’UPM, Unione per il Mediterraneo.
Era assolutamente necessario separare nettamente il Nord Africa dal resto
dell’Africa, evidenziando le medesime tesi razziste del 18.esimo e del
19.esimo secolo, secondo le quali le popolazioni africane di origine araba
sarebbero più evolute, più civilizzate di quelle del resto del continente.
La creazione dell’UPM è fallita perché Gheddafi ha rifiutato di entrarvi.
Egli aveva compreso immediatamente il gioco, a partire dal momento in cui
si parlava dell’Unione per il Mediterraneo associandovi solo alcuni paesi
africani senza far partecipe di questo l’Unione Africana, ma invitandovi
tutti i 27 paesi dell’Unione Europea.
L’UPM, senza il motore principale della Federazione Africana, è fallita
ancor prima di iniziare, un nato morto con Sarkozy come presidente e
Mubarak, come vice-presidente. Ciò che Alain Juppé tenta di rilanciare,
naturalmente scommettendo sulla caduta di Gheddafi.
Quello che i dirigenti africani non comprendono è che, fintanto che sarà
l’Unione Europea a finanziare l’Unione Africana, si sarà sempre al punto
di partenza, in quanto a queste condizioni non si realizzerà una effettiva
indipendenza.
Per centrare il medesimo obiettivo, l’Unione Europea ha promosso e
finanziato in Africa raggruppamenti regionali. È evidente che la Comunità
Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO), che ha
un’ambasciata a Bruxelles e che riceve la parte essenziale dei suoi
finanziamenti dall’Unione Europea, è un importante ostacolo contro la
Federazione Africana.   Questo è ciò che Lincoln aveva combattuto con la
guerra di secessione negli Stati Uniti, perché dal momento in cui un
gruppo di paesi si coagulano attorno ad una organizzazione politica
regionale, questo non può che rendere fragile l’organizzazione centrale.
Ciò che l’Europa voleva, e ciò che gli Africani non hanno ben compreso
creando di volta in volta la COMESA (Mercato Comune dell’Africa Orientale
e Meridionale), l’UDEAC (Comunità Economica degli Stati dell’Africa
Centrale), la SADC (Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale) e il
“Grande Maghreb”, non ha mai funzionato, ancora una volta grazie a
Gheddafi, che aveva ben compreso le mire dell’Europa e degli Occidentali.

Gheddafi, l’'Africano che ha permesso di lavare l’umiliazione dell’'Apartheid

Gheddafi è nel cuore di pressoché tutti gli Africani come un uomo molto
generoso e dallo spirito umanitario, dato il suo appoggio disinteressato
alla battaglia contro il regime razzista del Sud-Africa. Se Gheddafi fosse
stato un uomo egoista, per nulla sarebbe stato obbligato ad attirare su di
sé i fulmini degli Occidentali a causa del suo sostegno finanziario e
militare offerto all’'African National Congress, ANC, nella lotta contro
l’apartheid.
È per questo che, appena liberato dopo i suoi 27 anni di prigione, Mandela
decide di non rispettare l’embargo delle Nazioni Unite contro la Libia, il
23 ottobre 1997.
A causa di questo embargo, anche aereo, per 5 lunghi anni nessun aereo
aveva potuto atterrare direttamente in Libia. Per arrivare in Libia,
bisognava prendere un aereo per la Tunisia; arrivare a Djerba, viaggiare
in macchina per 5 ore verso Ben Gardane, attraversare la frontiera e dopo
3 ore di strada nel deserto si arrivava a Tripoli. Oppure, passare per
Malta e compiere la traversata di notte su naviglio poco affidabile fino
alla costa libica.
Un calvario per tutto un popolo, solo per punire un unico uomo, Gheddafi!
Mandela decise di spezzare questa ingiustizia e, rispondendo all’ex
presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, che aveva giudicato questa
visita “inopportuna”, insorse affermando: “Nessuno Stato può arrogarsi il
ruolo di gendarme del mondo, e nessuno Stato può dire agli altri ciò che
devono fare”. Ed aggiunse: “Coloro che ieri erano gli amici dei nostri
nemici, ora hanno la sfacciataggine di propormi di non visitare il mio
fratello Gheddafi, ci consigliano di mostrarci ingrati e di dimenticare i
nostri amici di ieri.”
Effettivamente, per gli Occidentali, i razzisti del Sud-Africa erano loro
fratelli, che bisognava proteggere. Era per questo che tutti i membri
dell’'ANC, compreso Nelson Mandela, venivano considerati dei pericolosi
terroristi.
Bisognerà attendere il 2 luglio 2008, perché il Congresso degli Stati
Uniti votasse una legge per depennare il nome di Nelson Mandela e dei suoi
compagni dell'’ANC dalla lista nera dei pericolosi terroristi, non perché
il Congresso usa mericano comprendesse la bestialità di una tale lista, ma
perché si voleva fare un gesto di benevolenza per i 90 anni di Nelson
Mandela.
Se oggi gli Occidentali sono veramente pentiti del loro sostegno di ieri
concesso ai nemici di Mandela, e sono veramente sinceri quando dedicano il
suo nome a strade e piazze, perché continuano a fare la guerra contro
Gheddafi, colui che ha permesso la vittoria di Mandela e del suo popolo?

Coloro che vogliono esportare la democrazia, sono loro stessi dei
democratici?

E se la Libia di Gheddafi fosse più democratica degli Stati Uniti, della
Francia, della Gran Bretagna e di tutti coloro che fanno la guerra per
esportare la democrazia in Libia?
Il 19 marzo 2003, il presidente George Bush sgancia bombe sulla testa
degli Iracheni con il pretesto di esportare la democrazia.
Il 19 marzo 2011, vale a dire 8 anni più tardi, e giorno dopo giorno, è il
presidente francese che sgancia le sue bombe sulla testa dei Libici con il
medesimo pretesto di offrire loro la democrazia.
Il signor Obama, Premio Nobel per la Pace 2009 e presidente degli Stati
Uniti d’America, a giustificazione del fatto che sta procedendo allo
sganciamento di missili Cruise dai suoi sottomarini sulla testa dei
Libici, ha affermato che questo avviene per cacciare dal potere il
dittatore Gheddafi ed instaurare la democrazia.
La domanda che ogni essere umano dotato di medie capacità intellettuali di
valutazione e giudizio  non può non porsi è: questi paesi come la Francia,
la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Italia, la Norvegia, la Danimarca, la
Polonia, la cui legittimità di andare a bombardare i Libici si basa sul
solo fatto di essersi autoproclamati “paesi democratici”, sono essi stessi
realmente democratici?
Se sì, sono più democratici della Libia di Gheddafi? La risposta, senza
ombra di equivoci è NO, per la semplice e buona ragione che la democrazia
non esiste!
Non è il sottoscritto che afferma questo, ma l’uomo la cui città natale,
Ginevra, ospita la maggior parte dei centri gestionali delle Nazioni
Unite. Si tratta ben inteso di Jean-Jacques Rousseau, nato a Ginevra nel
1712, che afferma nel capitolo IV del III Libro del suo celeberrimo
“Contratto Sociale”: “Non è mai esistita una effettiva democrazia, e non
esisterà mai”.

Perché uno Stato sia effettivamente democratico, Rousseau ha posto 4
condizioni, secondo cui la Libia di Gheddafi è tanto lontana dalla
democrazia quanto lo sono gli Stati Uniti d’America, la Francia  e tutte
le altre nazioni che pretendono di esportare in Libia la democrazia, vale
a dire:

le dimensioni dello Stato: più uno Stato è grande, meno può essere
democratico; per  Rousseau, lo Stato deve essere di dimensioni molto
piccole perché il popolo possa facilmente riunirsi in assemblea, e così
ogni cittadino possa senza difficoltà fare la conoscenza con tutti gli
altri. Dunque, prima di dare corso alle votazioni, è necessario
assicurarsi che ognuno conosca tutti gli altri; senza questo, votare per
votare è un atto deprivato di qualsiasi fondamento democratico, diventa un
simulacro di democrazia per eleggere un dittatore.  La struttura
dell’organizzazione dello Stato della Libia si fonda su una base tribale,
che per definizione raggruppa assemblee popolari di piccole entità. Il
sentimento democratico è più presente in una tribù, in un villaggio, che
in una grande nazione, in quanto il fatto che tutti si conoscano e che la
vita si conduca attorno a medesimi punti comuni apporta una sorta di
autoregolazione, di autocensura, anche per valutare momento per momento la
reazione o la controreazione degli altri membri a favore o contro le
opinioni che possono aversi. Sotto questa angolatura, è la Libia che
risponde al meglio alle esigenze di Rousseau, quello che non si può dire
per gli Stati Uniti d’America, per la Francia o la Gran Bretagna, società
fortemente urbanizzate, dove la maggior parte dei vicini non si dicono
nemmeno buon giorno, e addirittura non si conoscono, anche se vivono
fianco a fianco da 20 anni. In questi paesi, si è passati direttamente
alla fase successiva, “il voto”, che è stato malignamente santificato in
modo da fare dimenticare che questo voto è inutile, a partire dal momento
che ci si esprime sull’avvenire dello Stato senza conoscerne i suoi
membri. Perfino, si è arrivati alla sciocchezza del voto ai cittadini
residenti all’estero. Conoscersi e parlarsi è la condizione essenziale
della comunicazione per il dibattito democratico che precede qualsiasi
elezione.

è necessaria la semplicità dei costumi e dei comportamenti, per evitare di
passare la maggior parte del tempo a parlare di giustizia, di tribunali,
impegnati a trovare le soluzioni alla moltitudine di conflitti di
interessi diversi che una società troppo complessa fa sorgere
naturalmente. Gli Occidentali definiscono se stessi come paesi
civilizzati, dunque dai comportamenti complessi, e la Libia come un paese
cosiddetto primitivo, vale a dire caratterizzato da relazioni elementari.
Da questo punto di vista, ancora una volta, è la Libia che risponderebbe
al meglio ai criteri democratici di Rousseau, rispetto a tutti questi che
pretendono di impartirle lezioni di democrazia. In una società complessa,
i troppo numerosi conflitti vengono risolti secondo la legge del più
forte, visto che colui che è ricco evita la prigione in quanto può
permettersi i migliori avvocati e, soprattutto, l’apparato repressivo
dello Stato viene orientato contro chi ruba una banana in un supermercato,
piuttosto che contro un malvivente della finanza che causa il crollo di
una banca. In una città come New York, dove il 75% della popolazione è
bianco, l’80% degli uffici dei quadri dirigenti viene occupato da bianchi,
ed invece in prigione troviamo una popolazione carceraria solo al 20%
bianca.

l’uguaglianza nelle condizioni sociali e nella gestione dei posti di
potere. Basta andare a consultare la classifica FORBES 2010 per vedere
quali sono i redditi delle personalità più ricche in ciascun paese fra
quelli che sganciano le bombe sulla testa dei Libici e vedere la
differenza con il salario più basso in ciascun paese, e fare lo stesso per
la Libia, per capire che, in materia di ridistribuzione della ricchezza
del paese, spetta alla Libia esportare il suo buon governo presso coloro
che la combattono, e non il contrario. Anche sotto questa angolazione,
secondo Rousseau, la Libia sarebbe più democratica di coloro che
pomposamente vogliono esportare in essa la pretesa democrazia. Negli Stati
Uniti, il 5% della popolazione possiede il 60% della ricchezza nazionale.
Questa è la nazione più squilibrata, più diseguale nel mondo!

Niente lussi! Per Rousseau, perché ci sia democrazia in un paese, non
bisogna che ci siano troppi lussi, in quanto secondo lui, il lusso rende
necessaria la ricchezza, e quest'’ultima diventa la virtù, l'’obiettivo da
raggiungere a qualsiasi prezzo, non la felicità del popolo; “il lusso
corrompe indifferentemente il ricco e il povero, l’uno per l’avidità di
possedere, l’altro per l’invidia del possedere; il lusso vende la patria
alle mollezze, alla vanità; il lusso sottrae allo Stato i suoi cittadini
per asservirli gli uni agli altri, e tutti al buon giudizio.” C’è più
lusso in Francia o in Libia? Questo rapporto di asservimento dei
lavoratori, che sono spinti perfino al suicidio, anche se dipendenti da
imprese pubbliche o semi-pubbliche, per ragioni di redditività, quindi per
soddisfare il bisogno di possesso del lusso della parte che li sfrutta, è
più stridente in Libia o in Occidente?

Nel 1956, il sociologo statunitense C. Wright Mills ha descritto la
democrazia negli Stati Uniti d’'America come “la democrazia delle élite”.
Secondo Mills, gli Stati Uniti d’America non sono una democrazia perché,
in definitiva, è il denaro che parla nelle elezioni, e non il popolo. Il
risultato di ogni elezione è l’espressione della voce del denaro e non la
voce del popolo. Dopo Bush-padre e Bush-figlio, per le primarie del
Partito Repubblicano del 2012 si parla già del Bush-junior.
Per di più, se il potere politico si basa sulla burocrazia, Max Weber
(1864 – 1920) [N.d.tr.: è stato un economista, sociologo, filosofo e
storico tedesco. È considerato uno dei padri fondatori dello studio
moderno della sociologia e della pubblica amministrazione.] mette in
risalto che negli Stati Uniti sono 43 milioni di funzionari e militari a
comandare effettivamente il paese, ma costoro non sono stati votati da
nessuno e non rispondono direttamente al popolo delle loro attività.
Dunque, viene votata una sola persona (un ricco!), ma il vero potere in
buona sostanza è gestito dalla sola casta di ricchi, che puramente e
semplicemente è il risultato di nomine, non di votazioni, come per gli
ambasciatori, i generali di armata, ecc….
Quante persone nei paesi autoproclamatisi “democratici” sanno che in Perù
la costituzione proibisce un secondo mandato consecutivo al presidente
della repubblica uscente?
Quante persone sanno che in Guatemala, non solamente il presidente uscente
non può più presentarsi come candidato a questa carica, ma in aggiunta
nessun membro della sua famiglia, a qualsiasi grado di parentela
appartenga, non può più concorrere a questa elezione?
Quante persone sanno che il Rwanda è il paese in tutto il mondo che
integra politicamente al meglio le donne, con il 49% di parlamentari
donne?
Quante persone sanno che nella classifica della CIA 2007 [N.d.tr.: La CIA
World Factbook contiene informazioni e statistiche sulla geografia,
popolazione, economia, esercito, governo, ecc. per tutti i paesi del
mondo.], sui 10 paesi meglio governati al mondo, 4 sono africani? Con la
palma d’oro assegnata alla Guinea equatoriale, il cui debito pubblico è
rappresentato solo dall’1,14% del suo PIL.
Rousseau sostiene che la guerra civile, le rivolte, le ribellioni sono gli
ingredienti di una democrazia nascente. Perché la democrazia non è un
fine, ma un processo permanente per riaffermare i diritti naturali degli
uomini [un insieme di norme di comportamento dedotte dalla “natura”; si
parla di darwinismo sociale], dato che in tutti i paesi del mondo (senza
alcuna eccezione) un pugno di uomini e di donne, confiscando il potere al
popolo, l’orienta a tutto vantaggio dei propri affari.
Si possono trovare qui e là forme di casta che usurpano la parola
“democrazia”, che dovrebbe essere l’ideale a cui tendere e per cui
lottare, e non un’etichetta da appiccicarsi o un ritornello da millantare,
per cui si è in grado di gridare più forte degli altri.
Se un paese è tranquillo, come la Francia o gli Stati Uniti, vale a dire
dove non si verificano rivolte, per Rousseau questo ci permette molto
semplicemente di affermare che il sistema dittatoriale è sufficientemente
repressivo per impedire qualsiasi tentativo di ribellione.
Se i Libici si rivoltano, per Rousseau questo è un avvenimento positivo.
Pretendere che i popoli accettino stoicamente il sistema che li opprime in
tutti i paesi del mondo senza reagire, questa sì che è cosa molto cattiva.
A Rousseau la conclusione: “Malo periculosam libertatem quam quietum
servitium – traduzione: Se ci fosse un popolo di dèi, il loro governo
sarebbe democratico. Un governo così perfetto non si addice agli umani.”
Affermare da parte della Coalizione che si ammazzano i Libici per il loro
bene, per portare loro la democrazia, diventa un baluginio per allocchi.

Quali lezioni per l’Africa?

Dopo 500 anni di relazioni fra dominatori e dominati con l’Occidente, è
dimostrato che non abbiamo i medesimi criteri per definire il buono e il
cattivo. Noi abbiamo interessi profondamente divergenti.
Come non deplorare il “sì” dei 3 paesi africani sub-sahariani, la Nigeria,
il Sud-Africa e il Gabon, in favore della risoluzione 1973, che inaugura
la nuova forma di colonizzazione battezzata “protezione dei popoli”, che
convalida la teoria razzista che gli Europei veicolano dal 18.esimo secolo
secondo cui l’Africa del Nord non ha nulla da spartire con l’Africa
sub-sahariana, secondo cui l’Africa del Nord sarebbe quindi più evoluta,
più istruita e più civilizzata del resto dell’Africa. Tutto avviene come
se la Tunisia, l’Egitto, la Libia, l’Algeria non siano parte dell’Africa.
Le stesse Nazioni Unite sembrano ignorare la legittimità dell’Unione
Africana sui suoi Stati membri.  L’obiettivo è quello di isolare i paesi
dell’Africa sub-sahariana, con il proposito di meglio tenerli frazionati
ed esercitare su di loro il controllo.
In effetti, nella capitalizzazione del nuovo Fondo Monetario Africano
(FMA), l’Algeria contribuisce con 16 miliardi di dollari e la Libia con 10
miliardi di dollari, per un 62% del capitale totale che si aggira sui 42
miliardi di dollari. Il primo paese dell’Africa sub-sahariana e il più
popolato, la Nigeria, seguito subito dopo dal Sud-Africa, contribuiscono
decisamente in modo inferiore con 3 miliardi di dollari ciascuno.
Risulta molto inquietante constatare che per la prima volta nella storia
delle Nazioni Unite, è stata dichiarata la guerra ad un popolo senza avere
innanzitutto minimamente esplorato un terreno di pacificazione per dare
una soluzione al problema.
L’Africa occupa ancora un suo posto in tale Organizzazione? La Nigeria e
il Sud-Africa sono disponibili a votare “sì” a tutto ciò che l’Occidente
domanda loro, in quanto credono ingenuamente alle promesse che provengono
da molte parti, anche dalla Francia, di poter ricevere un posto di membro
permanente al Consiglio di Sicurezza con dirito di veto come per tutti gli
altri. Questi due paesi dimenticano che la Francia  non ha alcun potere di
attribuire loro una minima collocazione. Se la Francia avesse questa
possibilità, molto tempo fa Mitterand l’avrebbe fatto per la Germania di
Helmut Kohl.
La riforma delle Nazioni Unite non è all’ordine del giorno. La sola
maniera di farsi valere consiste nel metodo cinese: tutti i 50 paesi
africani devono abbandonare le Nazioni Unite; e se decidessero di
ritornarvi un giorno, lo dovrebbero fare solo dopo avere ottenuto ciò che
domandano da tanto tempo, un posto per tutta la Federazione Africana,
altrimenti niente.

Questo metodo della non-violenza è la sola arma di giustizia di cui
dispongono i paesi poveri e i non potenti, quali noi (paesi dell’Africa)
siamo. Semplicemente, noi dobbiamo abbandonare le Nazioni Unite, in quanto
questa Organizzazione, per la sua configurazione e per il suo ordine
gerarchico, è al servizio dei più forti.
Dobbiamo abbandonare le Nazioni Unite per dare risalto alla nostra
disapprovazione di questa visione del mondo basata unicamente
sull’oppressione dei più deboli. I potenti saranno liberi di continuare a
farlo, ma almeno non con la nostra firma, facendo finta  che siamo
d’accordo quando sanno benissimo di non averci mai interpellato. E perfino
quando abbiamo espresso il nostro punto di vista, come nell’incontro di
sabato 19 marzo 2011 a Nouakchott [N.d.tr.: in Mauritania, l’Unione
Africana ha tentato  una mediazione, che proponeva una road-map per uscire
dalla crisi libica, proposta respinta dai ribelli per i quali il
presupposto a qualsiasi negoziato doveva essere la deposizione del
Colonnello] con la dichiarazione di contrarietà all’azione militare e per
un dialogo fra le controparti, tutto ciò è passato molto semplicemente
sotto silenzio, unicamente per portare a compimento il delitto dei
bombardamenti sulle genti africane.
Quello a cui stiamo assistendo oggi è lo scenario già visto in precedenza
con la Cina. Oggi, si riconosce il governo di  Ouattara [Costa d’Avorio],
si riconosce il governo degli insorti in Libia.
È quello che è successo alla fine della Seconda guerra mondiale con la Cina.
La cosiddetta comunità internazionale aveva scelto Taiwan come unico
rappresentante del popolo cinese al posto della Cina di Mao. Bisognerà
attendere 26 anni, vale a dire il 25 ottobre 1971, perché la risoluzione
2758, che tutti gli Africani dovrebbero leggere, mettesse fine a questa
ingiustizia umana. La Cina veniva ammessa, ma rinunciando di pretendere ed
ottenere un seggio come membro permanente con diritto di veto, previa la
sua ammissione.
Soddisfatta questa esigenza ed entrata in vigore la risoluzione di
ammissione, comunque bisognerà attendere ancora un anno il 29 settembre
1972, il Ministro cinese degli Affari Esteri invia una sua risposta con
una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite, non per dichiarare
il suo “sì, grazie!”, ma per comunicare alcune puntualizzazione a
salvaguardia della dignità e della rispettabilità della sua nazione.
Cosa spera di ottenere l’Africa dalle Nazioni Unite, senza porre in atto
un’azione forte per farsi rispettare?
In Costa d’Avorio, si è visto un funzionario delle Nazioni Unite
considerarsi al di sopra di una istituzione costituzionale di questo
paese. Noi siamo entrati in questa Organizzazione accettando il ruolo dei
servi, e credere di venire invitati a mangiare con gli altri nei piatti
che “noi!” abbiamo lavato è semplicemente ingenuo o, peggio, da stupidi.
Quando l’Unione Africana ha riconosciuto la vittoria di Ouattara, proprio
per fare piacere ai nostri padroni di una volta, senza nemmeno tenere in
conto le conclusioni contrarie dei suoi stessi osservatori inviati sul
posto, come potremo ottenere rispetto? Quando il presidente del Sud-Africa
Zuma dichiara che Ouattara non ha vinto le elezioni e poi vira di 180°
dopo una sua visita a Parigi, bisogna domandarsi cosa valgono questi
dirigenti, che rappresentano e parlano a nome di 1 miliardo di Africani.
La forza e la vera libertà dell’Africa arriveranno dalla sua capacità di
proporre azioni di riflessione e di mediazione, e di affrontare le
conseguenze. La dignità e la rispettabilità hanno un prezzo. Noi siamo
disposti a pagarlo? Altrimenti, il nostro posto resta la cucina, alle
toilettes, per garantire lo stato di benessere degli altri.

* Jean-Paul Pougala è uno scrittore di origine camerunese, direttore
dell’Istituto di Studi Geostrategici e professore di sociologia
all’Università della Diplomazia di Ginevra, Svizzera.

Fonte:
http://www.asteclist.com/jupgrade/index.php/forum/blog-post/910-les-vraies-raisons-de-la-guerre-en-lybie-par-jean-paul-pougala

Data di diffusione dell’articolo originale:  20/04/2011

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(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)









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