Giro ad alcune liste su cui è avvenuto questo dibattito aperto
su nonviolenza e rivoluzioni arabe. Enrico Peyretti, Torino
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, February 23, 2011 9:42 AM
Subject: Re: [nonviolenti] Re: [glt NV] Re: [MIR-Riconciliazione]
Re: Cautela sulla cautela
mi diceva Alberto L'Abate in questi giorni che Sharp è stato
esautorato del suo stesso istituto e che ci si sono istallati personaggi
ambigui. Mi pare come sta succedendo anche nelle nostre università della
pace. Il fatto che il metodo nv funzioni non è garanzia che sia per fine
buoni, vedi ad es. i tanti casi dei paesi dell'est. D'altro canto ci sono i
deliri degli eredi delle rivoluzioni armate del novecento che vedono nella nv
uno strumento della CIA e basta. Un saluto TC
Il 23/02/2011 07:33,
Enrico Peyretti ha scritto:
Caro Tonino, rispondo positivamente alle tue domande finali:
sì. L'ho sostenuto anch'io. Una definizione non ingessata va cercata, per
orientarsi. La mia "cautela" che risale al 2004, l'ho riproposta in relazione
al messaggio (per l'Egitto) bello, perspicace, ma troppo entusiasta, di Obama,
che avevo diffuso con Muller. Sharp è, da sempre, ambiguo perché pragmatico e
forse strumentalizzato da politiche di influenza oscura. Lo interrogai negli
anni 80 (su Rocca) e mi disse: io faccio vedere che le tecniche nv funzionano,
poi si potranno capire i valori che le ispirano. Ho poco tempo, scusami. Ciao,
Enrico
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, February 23, 2011
12:03 AM
Subject: Re: [glt NV] Re:
[MIR-Riconciliazione] Re: Cautela sulla cautela
Caro Enrico,
tu dici di stare attenti a non entusiasmarci con pe
rivoluzioni attuali: ma non vedo molto di più dei consigli della nonna:
"Attento, non ti fare male...".
Hai tre metodi.
1) soggettivo. E' un metodo di simpatia e antipatia, di
entusiasmo e di diffidenza. De gustibus... Oppure il metodo è ristretto al
comportamento singolo; è nonviolento se è esente da ogni critica di
violenza; ma allora né Gandhi, né Gesù, né Capitini (rimproverato dai
ragazzi di Don Milani perché portava sandali di cuoio di un mucca) sono
stati nonviolenti
2) oggettivo. Dai una
definizionìe oggettiva precisa di nonviolenza; in modo che si possa
ragionare assieme su di essa; poi, applicandola al caso, ne trai le
conseguenze con chiarezza. Allora quale definizione? Muller ne dà una, Sharp
un'altra, Gandhi un'altra...Il tuo richiamo alla "genuinità" o alla
"educazione morale profonda" non è né di Sharp né di Muller. Se
non diciamo quale definizione non ci capiamo.
3) struttturale: la valutazione "nonviolenta" per una
rivoluzione è politica e storica all'interno di un contesto strutture
mondiali. Ne siamo capaci? Sappiamo che cosa è politica oggi e che cosa è
vero cambiamento oggi?
C'eri anche a tu a Torino alla festa di Gatung quando
presentavo i dati delle statistiche sulle rivoluzioni del passato
secolo; comunque si giocasse con la qualfiica nonviolenta, si otteneva
sempre che esse avevano cambiato la faccia del mondo; e in più il senso
dlela parola rivoluzione; che ora per i popoli non sta più sulla canna dei
fucili dei tanti professionisti occidentali della rivoluzione o del mitra di
un Camilo Torres.
Ti chiedo: non è questo un cambiamento radicale della
storia occidentale e della razionalizzazione che di essa l'Ooccidente ha
diffuso nel mondo?
Ti chiedo ancora: per la tua richiesta di educazione
morale profonda, non è un risultato storico enorme che un gran numero di
popolazioni siano riuscite a gestire moralmente (cioè senza uccidere,
5° parola di Dio) anche l'evento sociale più turbinoso e sconvolgente come
una rivoluzione sociale?
E infine ti chiedo: non è forse l'avvento
della rivoluzione al femminile, invece che la rivoluzione al
maschile? Non coincidono forse gli eventi delle rivoluzioni nonviolente
con la presenza delle donne nella vita politica di un Paese?
Cari saluti
Tonino
----- Original Message -----
Sent: Tuesday, February 22, 2011 8:20
PM
Subject: [glt NV] Re:
[MIR-Riconciliazione] Re: Cautela sulla cautela
Ultime, peggiori, le dittature. Poco meglio il
Pentagono. Bene Sharp, ma attenti a quale fine!
Ciao, Enrico
----- Original Message -----
Cc: Sent: Tuesday, February
22, 2011 7:07 PM
Subject: Re: [MIR-Riconciliazione]
Re: Cautela sulla cautela
..............Meglio
Sharp? Meglio il Pentagono? O meglio le
dittature?
Il giorno 22 febbraio 2011 17:09, Enrico Peyretti
<e.pey at libero.it> ha scritto:
*
Mi scrive Giuliano Pontara, da
Stoccolma:
Quanto alle rivolte non-violente in
Medio oriente: ritengo ( con Gandhi) che a livello di massa
non si possa plausbilmente sperare molto di più: ma quello che
succede non è poco. Un abbraccio Giuliano *
Ciao, Enrico
----- Original Message -----
Sent: Tuesday, February 22,
2011 12:08 PM
Subject: Cautela sul carattere
genuinamente nonviolento delle rivoluzioni arabe
Cautela sul carattere genuinamente nonviolento delle rivoluzioni
arabe
Sei anni fa, stimolato da osservazioni attente,
pubblicavo questo articolo (allegato e in calce) che metteva in
guardia dal valutare come "nonviolente" certe rivoluzioni "rosa".
Oggi, senza affatto sminuirne
il valore, il coraggio, le prospettive, bisogna dire lo stesso delle
rivoluzioni arabe.
Forse, si può dare atto
giustamente, per lo più, che si tratta di rivoluzioni
"non-violente", cioè "senza-uso-di-violenza": in altre parole si
tratterebbe di "nonviolenza pragmatica", o "tattica", ma non di
"nonviolenza di principio", o "strategica".
Quando le armi non si hanno, o
non conviene usarle perché fanno un disastro maggiore, si usano
mezzi "non-violenti", ma la genuina "nonviolenza" è la ben diversa
scelta di non usare la violenza quando sarebbe possibile e potrebbe
dare speranza di efficacia. Le ragioni della genuina
nonviolenza sono quelle della più alta qualità umana, non quelle
della rapida efficacia.
Obama, l'11 febbraio, riguardo
all'Egitto, ha mandato un messaggio (che io ho diffuso molto) bello
e giusto, forse anche troppo entusiasta. L'idealismo ci deve
orientare, ma i singoli passi e valutazioni devono essere saggi e
prudenti.
Ora ci sono voci di influenze
del "metodo Sharp" nelle vicende del Medio Oriente. Potrebbe
essere che una politica di influenza mondiale, cambi strumenti di
controllo: non più dittatori divenuti impresentabili, ma democrazie
manipolate, influenzate.
Non giudichiamo, ma
vigiliamo.
Enrico Peyretti,
Torino
***
Mezzi e
fini
Nonviolenza violenta
?
(pubblicato su il foglio n. 319, febbraio 2005,
www.ilfoglio.info)
Tutto serve. Tanti anni fa, in Spagna, lessi su un
muro «Los guerrilleros de Cristo Rey, somos la ley». Gesù
guerrigliero, di estrema destra. A quando Gandhi alfiere
dell’impero? Nella pubblicità, come Gesù, è già stato ripetutamente
usato. Anche i suoi metodi possono servire a tutto, secondo
l’articolo Nell’ombra delle “rivoluzioni spontanee”, di Régis
Genté e Laurent Rouy, su Le Monde Diplomatique (gennaio 2005,
p. 6). Nel ’99 in Jugoslavia, falliti i bombardamenti della Nato, si
organizzano, e si finanziano bene, potenti manifestazioni popolari
nonviolente e Milosevic (il quale se lo merita pure) cade. Serbia,
Georgia, Ucraina: funziona! Il metodo è quello delle grandi
rivoluzioni nonviolente dell’89 nell’Europa orientale. Certo, non è
solo manipolazione, c’è una vera insorgenza popolare contro
autoritarismi e dittature. Ma il metodo serve a qualunque scopo.
Aggiustare le elezioni
Dove un potere deve un po' aggiustare le elezioni
per legittimarsi - ma questo non è successo, almeno nel 2000, anche
negli Usa, modello di democrazia da esportazione forzata? - si
infiltrano – secondo gli autori dell’articolo - organizzazioni e
fondazioni americane. Una, il National Democratic Institute, è
presieduta da Madeleine Albright, quella che disse che le vittime
della guerra del Golfo «valevano la pena». Un’altra, Freedom House,
è diretta da James Woolsey, ex capo della Cia, già attivo in Serbia
nel 2000. Vanno in aiuto a parti interne che «volevano far crollare
il regime più che avere libere elezioni», come dice Gia Jorjolani,
del Centro per gli studi sociali di Tbilisi, Georgia.
I media e i movimenti studenteschi
(Otpor, Resistenza, in Jugoslavia) vi hanno grande parte. Seminari
di “formazione per formatori” sono tenuti anche a Washington (9
marzo 2004), pare con la presenza di Gene Sharp, teorico della lotta
nonviolenta e autore di un classico manuale in tre volumi,
Politica dell’azione nonviolenta (edizioni Ega, Torino),
molto usato anche dai nonviolenti italiani.
Quelle rivoluzioni nonviolente in
Serbia e Georgia, a detta degli stessi politici che hanno preso il
potere, sono state sostenute da forze contrarie ai precedenti
regimi. Nelle recenti elezioni contestate e ripetute, sotto
pressione popolare, in Ucraina, hanno avuto parte evidente la
Polonia e l’Unione Europea. Personaggi ivi emergenti fanno parte
della nomenklatura arricchitasi con le privatizzazioni. Non sempre
ci guadagna la democrazia: un anno dopo la “rivoluzione delle rose”
in Georgia, una militante per i diritti umani, Tinatin Khidasheli,
scrive «La rivoluzione delle rose è appassita» (International
Herald Tribune, Parigi, 8 dicembre 2004).
La politica estera americana,
dunque, si servirebbe oggi non solo della guerra, ma anche di questi
movimenti, non veramente spontanei, anche se attecchiscono grazie ai
difetti, e a volte i crimini, dei regimi contestati. Pare che, oltre
l’area ex-sovietica, punti ora ad applicare il metodo a Cuba, mentre
nel Medio Oriente le possibilità sono scarse, anche per l’odio che
gli Usa si sono guadagnati.
Democrazia metodo e fine
Che dire, da parte di chi crede
nella nonviolenza come metodo giusto per fini giusti? Anzitutto,
proprio questo: non solo i mezzi devono non essere violenti, ma
anche i fini. La Germania nazista e l’antisemitismo fascista,
cominciarono la persecuzione degli ebrei, diretta allo sterminio,
col boicottaggio economico, che in sé è un tipico mezzo nonviolento
contro le economie ingiuste. Usare mezzi giusti per fini ingiusti è
tanto ingiusto quanto usare mezzi ingiusti per fini giusti. La
nonviolenza gandhiana è una speranza per l’umanità spinta sull’orlo
della distruzione totale dalla ideologia della violenza: manipolarla
per fini di dominio, uguali a quelli che si cercano con la guerra e
la violenza, è falsificare un valore umano. La nonviolenza non è
solo una tecnica utile, ma la cultura del rispetto dell’umanità in
ogni persona e popolo. Come insieme di tecniche può servire al
dominio incruento e sottile, ma non meno ingiusto. Come cultura e
spiritualità non può farsi strumentalizzare dall’ingiustizia del
dominio. Perciò, la ricerca della nonviolenza non può essere
semplice attivismo, ma educazione morale profonda. Su di ciò i
nonviolenti devono vigilare e approfondire il loro lavoro. Si sono
già viste anche da noi forze politiche sbandierare Gandhi e poi
rendersi utili ai potenti e persino alla guerra.
Certo, puntare al potere con la demagogia incruenta
è qualcosa di meglio che con una guerra o un golpe
sanguinario, mezzi usati senza scrupoli da chi
ora si serve della nonviolenza, ma mai da Gandhi, da Luther King, da
Badshah Khan. Così, la democrazia, ovviamente, è meglio della
dittatura. Ma essa è vera se e quando le persone si educano a
decidere secondo giustizia, e non soltanto perché si contano le
teste invece di tagliarle. Non c’è vera democrazia là dove le teste
decidono liberamente di tagliarne altre, o di opprimerle, o
tacitarle. La democrazia che elegge Hitler è falsa democrazia, forma
senza sostanza. Non c’è vera democrazia dove il principio di
maggioranza instaura una dittatura della maggioranza, come sta
accadendo in Italia. La democrazia è un metodo, ma soprattutto un
fine: farci tutti più rispettosi della comune umanità. Perciò la
nonviolenza dei mezzi e dei fini è l’aggiunta e il completamento
della democrazia.
Enrico Peyretti (22 gennaio
2005)
Sull’articolo di Le Monde
diplomatique ho sentito il parere di Jean-Marie Muller, che mi
risponde: «Io sarei forse meno reticente di te nel salutare l’azione
nonviolenta degli ucraini. Ma hai ragione nel chiamare alla
vigilanza per essere sicuri che i mezzi giusti della nonviolenza
siano messi al servizio di un fine giusto» (e. p.)
__._,_.___
.
__,_._,___
|