Re: [pace] sui 150 dell'unità d'Itala



Ora, vorrei solo dire che sulla Chiesa cattolica La Valle usa una cortesia nel descriverne i comportamenti piuttosto sgradevole.
Riesce a dare dei meriti a Pio IX, il Papa che fuggì da Roma nel 1848, non rientrò dopo ripetuti appelli, fintantoché l'assemblea della città elesse la Repubblica, nella quale arrivarono Garibaldi e Mazzini. Pio IX fece appello a vari regnanti per riprendersi il trono con la forza, e quando lo riebbe grazie ai francesi si rammaricò che Mazzini e Garibaldi non fossero stati assicurati alla giustizia. Rientrato a Roma ripristiò subito la tortura, la pena capitale con ghigliottina e l'Inquisizione. Il tutto in uno stato pontificio la cui popolazione non dimostrò alcun vero attaccamento per il potere temporale papale. Francamente, rallegrarsi che Pio IX non abbia accettato l'idea di Gioberti, come se ci fossero davvero le condizioni per un'Italia unita sotto il regno del Papa, mi sembra un po' troppo.
Dire anche che la Chiesa (e i cattolici: ma le due cose possono essere assimilate in questo modo?) ripagò l'Italia con benefici "ancora maggiori" di quelli avuti, indicando con ciò don Sturzo e il partito popolare, come se Sturzo e il Ppolare fossero un prodotto diretto della Chiesa diventa davvero eccessivo.
Lorenzo
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Sent: Thursday, May 06, 2010 7:44 AM
Subject: [pace] sui 150 dell'unità d'Itala

I MATERIALI DELL’UNITA’

 

Di Raniero La Valle, per la rubrica “Resistenza e pace” su Rocca, rocca at cittadella.org

 

È una gran fortuna che Pio IX non abbia seguito il patriottico abate Vincenzo Gioberti che avrebbe voluto metterlo a capo del federalismo italiano, “non solo come successore di Pietro, vicario di Cristo e capo della Chiesa universale, ma come doge e gonfaloniere della Confederazione italiana, arbitro fraterno e pacificatore di Europa, istitutore e incivilitore del mondo, padre spirituale del genere umano, erede e ampliatore naturale e pacifico della grandezza latina”.  Fu una fortuna  che Papa Mastai abbia tradito le speranze riposte in lui dai liberali ed abbia lasciato orfano il partito neo-guelfo, altrimenti forse non staremmo qui a festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia, e ancor maggiore sarebbe stato il danno per la Chiesa, che i bersaglieri non avrebbero potuto liberare dal potere temporale, come invece fecero suscitando, un secolo dopo, la gratitudine del papa Paolo VI.

Ma i bersaglieri fecero anche di più, provocando col loro arrivo la fine prematura del Concilio Vaticano I, che fece appena in tempo a proclamare l’infallibilità pontificia, qualificata come indipendente “dal consenso della Chiesa”, e che in quel clima non prometteva niente di buono; interruzione che lasciò sgombro il terreno per la grande svolta anticostantiniana del Concilio Vaticano II. Il fatto poi che l’unificazione italiana coincidesse con la fine dello Stato pontificio, scongiurò che ci fosse tra i regnanti europei, e irrompesse nelle dottrine politiche, la figura di un sovrano non solo assoluto, ma infallibile.

Anche se sconfitti, i cattolici e la Chiesa furono dunque tra i maggiori beneficiari dell’unità italiana. E anche se a lungo la osteggiarono, in realtà ripagarono l’Italia con benefici ancora maggiori. Fu un prete, Luigi Sturzo, che si inventò un partito popolare di cattolici, abbastanza laico da tenersi rigorosamente fuori della “questione romana” e da non assumere come proprio programma politico “i diritti imprescrittibili della Santa Sede”; e fu il partito che, insieme a quello socialista,  inaugurò la democrazia di massa in Italia, combattendo contro il clientelismo dei collegi uninominali, opponendosi al suffragio ristretto e conquistando la proporzionale, la quale introdusse una vera dialettica politica tra le classi e le diverse tradizioni ideali e culturali del Paese.

Il fascismo fu la prima vera rottura dell’unità italiana, perché negò i diritti comuni di cittadinanza, gli antifascisti li mise fuori, al confino, e contro gli ebrei spiccò le leggi razziali.

Ma furono di nuovo i cattolici, passati attraverso la prova della Resistenza, che riuscirono ad interpretare i valori del nuovo risorgimento italiano e alla Costituente, in grande lealtà di intesa con comunisti socialisti e liberali, diedero vita a una Costituzione di straordinaria modernità che ripudiava la guerra, liquidava la cultura della disuguaglianza, condannava sciovinismi e razzismi e disegnava un’architettura di garanzie e di diritti entro cui fossero iscritti i poteri dello Stato.

Per questa ragione dei 150 anni di storia italiana, quelli seguiti alla Costituzione del ’48, gli anni della Repubblica, sono stati gli anni più creativi, più equi e più felici, accaniti nella lotta politica ma unitari nel pluralismo di una democrazia condivisa.

Alla scadenza dei 150 anni il rischio è che vadano perduti i materiali con cui si è costruita questa unità. La Chiesa è tentata di tornare alla potestà diretta nelle cose temporali, i cattolici sono scomparsi dalla politica, e perciò inabilitati a portarvi alcun contributo creativo, i partiti operai e di massa sono stati chiusi per lutto, la proporzionale è stata sacrificata a un potere concentrato e indiviso, la Costituzione è ogni giorno più minacciata, le istituzioni di garanzia e le regole della convivenza sono sotto attacco di ministri anarchici e sovversivi in attesa di un nuovo “legge e ordine” instaurato da loro. E mentre l’unità è minata nei suoi fondamenti, c’è chi la sbeffeggia come una cattiva eredità, e vorrebbe realizzare ora quel federalismo che fu allora mancato. La Lega non è proprio il partito neo-guelfo, anche se rivendica un’identità cattolica, che qualche prelato è disposto a riconoscerle, ma in ogni caso il federalismo dei ricchi contro i poveri, il separatismo padano, la discriminazione tra italiani e stranieri, non li potrà fare con la Chiesa; vi fanno ostacolo un secolo di encicliche sociali e vi si oppone non solo la Costituzione ma anche il Concilio.

E più ancora vi si oppone quella coscienza di essere ormai una Nazione, di avere un diritto da salvaguardare e una dignità da difendere, che è radicata nel popolo e di cui sarà simbolo, il prossimo 25 giugno, la “nave dei diritti” (www.losbarco.org) con cui, come per una impresa dei Mille alla rovescia, molti italiani residenti all’estero vogliono sbarcare a Genova, per denunciare “le derive culturali, politiche e sociali del Paese”, e riportare l’Italia a se stessa.

                                                    Raniero La Valle