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C2, C3, C4I. No: non sto giocando a battaglia navale.
- Subject: C2, C3, C4I. No: non sto giocando a battaglia navale.
- From: Giacomo Alessandroni <g.alessandroni at peacelink.it>
- Date: Wed, 07 Apr 2010 18:28:33 +0200
- Organization: Associazione PeaceLink
Questi che leggete sono codici che tutti siamo tenuti a conoscere. Li ho trovati nel sito internet del Ministero della Difesa[1]. C2 significa "Comando e Controllo", C3 invece "Comando, Controllo e Comunicazioni" (per chi mastica un peluzzo di matematica è chiaro che si intente C elevato al quadrato e al cubo, ma questa è solo una finezza), C4I infine sta per "Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer e Informazioni". Le riflessioni da fare ora sono due: 1. due parole ricorrono troppo spesso (Comando e Controllo); 2. nei piani alti dell'intellighenzia ogni singola parola viene scelta con cura incommensurabile. Per cercare di capire cosa significano, partiamo da un discorso esasperato di chi chiede non giustizia, ma diritto: "Denunciatemi perché sono entrato in 'zona rossa', abito in 'zona rossa', mi denunciate perché vado a prendere le macerie di casa mia, che dopo undici mesi non è stato fatto assolutamente niente." Questo ha detto un aquilano del cosiddetto "popolo delle carriole" davanti a due telecamere, oltre alla terza - almeno - di "iK Produzioni"[2] che ha reso pubblico il video. Avete mai visto questo documento in un telegiornale o nella cosiddetta "grande informazione"? Avete mai letto questa frase che ho virgolettato in un giornale? No, lo sapevo. Lo sapevo perché la popolazione de L'Aquila è stata tenuta sotto stretto controllo seguendo scrupolosamente quello che i vertici - qui è bene distinguere, ai volontari bacerei anche i piedi - della Protezione Civile chiamano, in gergo "Il Metodo Augustus"[3], un manuale scritto da Elvezio Galanti per la gestione, il comando ed il controllo delle emergenze. Quello che segue è solo un piccolo estratto delle 93 pagine: > La popolazione è comunque sempre coinvolta nelle situazioni di crisi, sia emotivamente > (teme di essere toccata dagli eventi, partecipa ai problemi di chi è coinvolto), sia > fisicamente (se non ha subito danni, comunque è costretta a sopportare disagi). > Questa sua obbligata "partecipazione" si associa prevalentemente a sensazioni di smarrimento > e di impotenza. Pochi sono in grado di elaborare autonomamente strategie di risposta all'emergenza > e la maggior parte si dibatte tra il rischio di un panico isterico ed irrazionale ed una ricerca > ansiosa di aiuto, di riscontri e di punti certi di riferimento. > Se la sua controparte istituzionale sarà sufficientemente autorevole e determinata, la maggior > parte dei cittadini sarà disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi > a privazioni e limitazioni, ad "ubbidire" alle direttive impartite. > Questo atteggiamento, una volta concretizzatosi, potrà essere di grande aiuto nella predisposizione > di piani di evacuazione, di interventi sanitari di massa, di restrizione alla circolazione, di > razionamento di cibi, acqua e medicinali. > > L'aver conquistato la fiducia della popolazione portandola ad assumere un atteggiamento di > collaborazione e di disciplina, non può essere considerato un risultato finale ed acquisito > definitivamente. > Quanto può essere accettato nell'immediato manifestarsi della crisi, può essere rifiutato un momento > dopo se non si chiariscono le funzionalità e le finalità delle direttive, se non si diffonde la > sensazione che i sacrifici e le privazioni richieste portano a risultati concreti e contribuiscono a > migliorare lo stato delle cose. > È perentorio, quindi, informare la popolazione sull'evolversi della situazione, insistendo > costantemente su due fronti: > - evoluzione dell'evento che ha scatenato la crisi; > - risultati ottenuti con gli interventi posti in essere. > Un chiaro piano di comunicazione su questi due argomenti permetterà una più agevole accettazione delle > misure adottate. > Non solo: qualora il precipitare degli eventi lo rendesse necessario, sarà più facile imporre una > disciplina più ferrea e chiedere sacrifici più duri. > > [...] > > è inutile perdersi in dettagli poco importanti, per esempio parlare della reazione incontrollata di una > piccola parte della popolazione, quando la comunità si è comportata, in generale, in maniera corretta; Io non a cosa serva un centro di Comando e Controllo in una tendopoli, ma so - e ho le prove - che questo esiste. Io non so perché non si può fare volantinaggio in una tendopoli, ma so - e ho le prove - che è così. Questo piano non è stato concepito dal governo ora in carica; queste modalità operative sono attive da decenni. Perché nessuno si è mai scandalizzato? Perché i giornalisti non ce le raccontano? Qualche risposta però inizia a farsi breccia. Basta guardare qui[4], dove Comando e Controllo è un film/documentario che racconta quello che il Tg1 di Minzolini non ha osato farvi vedere. E' stato presentato in anteprima a New York il 6 aprile 2010. E' un racconto corale, lucido e puntuale, della deriva autoritaria della gestione del potere in Italia attraverso le emergenze e le trasformazioni avvenute negli ultimi anni nel Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, partendo dalla gestione del dopo terremoto all’Aquila, dalla mancata ricostruzione (a quasi un anno dal sisma) e della costruzione (immediata) da zero delle controverse C.A.S.E. di Berlusconi. Concludo con due domande che lascio aperte: 1. perché il film "Comando e Controllo" non ha ancora trovato una casa distributrice? 2. perché, quelle all'Aquila si chiamano "C.A.S.E." e non "case"? __________________________________________________ Note [1] http://www.difesa.it/SMD/CaSMD/Trasformazione_net-centrica/Abbreviazioni.htm [2] http://www.youtube.com/user/IKPRODUZIONI#p/u/10/psRRX5jI_Yo [3] http://www.ispro.it/wiki/images/9/95/Metodo_Augustus.pdf [4] http://www.ikproduzioni.it/blog/index.php/tag/alberto-puliafito/ -- Giacomo Alessandroni g.alessandroni at peacelink.it Associazione PeaceLink http://www.peacelink.it VoIP @ Wengo/Skype callto://galessandroni
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