Subject: R: [pace] Obama e la guerra
globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Scusate, ma faccio fatica a seguire gli interventi di "denuncia"
del Presidente Obama. Beninteso, non condivido nulla delle sue scelte
recenti di politica estera, ma vorrei capire meglio da quali premesse
essa viene analizzata. Mi spiego.
Se il perseguimento della pace dovesse (o avesse dovuto) contare
prevalentemente sull'azione del Presidente degli USA Obama, le reazioni
di denuncia, sdegno, critica eccetera per la sua politica in
Afghanistan sarebbero più che giustificate.
Non mi pare, però, che le premesse e la storia del pacifismo siano
quelle -semplicemente- di implorare politiche di pace dai governi
in carica. Mi pare che ci sia sempre stato dell'altro e di più, in
termini di autoorganizzazione, di critica della democrazia come puro
formalismo, di critica del riarmo (sue conseguenze sociali, politiche,
perfino ideologiche...). Il movimento contro la guerra, cioè, almeno
nelle sue espressioni meno eterodirette (segreterie nazionali di partiti
o sindacati, o miniburocrazie fantoccio al servizio di quelli, tipo
Tavola dela Pace), è sempre stato l'espressione di settori della società
civile che nel loro sincero sforzo di autodeterminazione hanno cercato
di connettersi, e rendere il desiderio di pace e di opposizione alla
guerra una POLITICA, capace di agire nel qui ed ora, e non un'opzione
confinata nel solo mondo morale dei desideri.
Nel mio piccolo è stato con questo spirito che ho speso anni
ed energie nei movimenti contro la guerra degli anni Ottanta
(Còmiso) e di questo inizio secolo (Iraq).
Per chi ha fatto attivismo in questo spirito, "scoprire", quindi,
che un presidente in carica alla Casa Bianca non è un pacifista, mi
sembra la scopertta dell'acqua calda.
Detto questo, visto che la carica di cui parliamo ha un discreto
potere nella politica mondiale attuale, e dispone anche di un discreto
"credito" di opinione pubblica, non è inutile discutere del giudizio da
dare su questa presidenza, neppure per poche piccole ridicole formichine
di una provincia lontana e soggetta (la più soggetta dell'intera UE, e
non da ieri) quali noi siamo.
Da questo punto vista, due cose solo, su un argomento che potremmo
sviscerare per ore e ore, volendo.
1- la politica estera e la politica interna sono cose diverse
2- un politico può essere giudicato da tanti punti di vista -e
quello morale è sempre legittimo, e anche significativo a mio avviso- ma
lo deve anche da quello della coerenza fra impegni pubblici e
realizzazioni.
Sul punto 1. Obama ha una politica non molto diversa da quella
del suo predecessore in Afghanistan (il chè non vuol dire identica), ma
è agli antipodi -quanto può esserlo un presidente- per quella sociale: a
noi può sembrare secondario, ma state pur certi che non lo è affatto per
la maggior parte dei suoi concittadini, e per milioni e milioni di suoi
elettori.
Sul punto 2. Obama NON HA MAI promesso un'inversione di rotta
radicale in tema di politica estera. Ha promesso il ritiro dall'Iraq,
pur diluito nel tempo, e mi pare che lo stia attuando, più o meno.
Quello che invece ha "promesso", o meglio ha posto al centro del suo
programma, sono due cose di politica interna: il welfare (la sanità per
tutti, che non esisteva) e gli investimenti per l'istruzione.
Il fatto che a noi come pacifisti non piacciano le scelte estere di
Obama -e a me non piacciono- non ci deve impedire di formulare un
giudizio obiettivo sulla sua presidenza, a meno di entrare a far parte
della schiera sterminata degli irrilevanti autoreferenziali eterni
minoritari.
La pace mondiale ha bisogno di un Nordamerica che impari a starsene
un po' a casa sua e a non pretendere di dare lezioni
oltreconfine ma ci vorrà -temo- qualche generazione, o guerre che
preferisco non immaginare (o entrambe le cose) perchè ciò possa
avvenire. Intanto, però, un Nordamerica che elegge un presidente figlio
di un immigrato africano e che sceglie di investire massicciamente sulla
sanità e sulla scuola è un cambiamento non piccolo dall'era Bush (ma
Clinton anche, direi).
La storia è imprevedibile -checchè ne pensassero tanti "teorici"
sia di destra che di sinistra-, ma io una previsione provo ad
azzardarla. Perchè un cambio davvero radicale nella politica
estera degli USA possa avvenire sarà necessario -come spesso è
accaduto in passato- che a ciò li costringano forze esterne (non
necessariamente, sia chiaro, con mezzi militari).
Liberarsi da ogni residuo di sudditanza alla falsa coscienza e
all'deologia neoimperiale dei "diritti umani", per esempio, è un passo
necessario -sempre a mio modestissimo avviso- per vedere con chiarezza
queste dinamiche e questa dimensione della politica estera USA. In
nessun paese -forse, salvo la Cina- la classe dirigente sa essere
pragmatica come negli USA, e se le energie di tanti attivisti dei
diritti umani e della pace si dedicassero un po' (giusto per fare un
esempio) a far le pulci al paese che ha il più alto rapporto (o
almeno uno dei più alti) fra cittadini e popolazione incercerata,
questo alla lunga potrebbe non restare privo di conseguenze.
Così la vedo io.
Gualtiero Via
«Una volta
furono gli Ebrei a conoscere la ”diaspora”. Vennero dispersi, cacciati
dal medio oriente e dispersi per il mondo; adesso sono invece i
Palestinesi. Ebbene io affermo ancora una volta che i Palestinesi hanno
diritto sacrosanto a una patria ed a una terra come l’hanno avuta gli
Israeliti».
Sandro Pertini, dal Messaggio di fine anno in diretta
TV in qualità di Presidente della Repubblica, 31 dicembre del
1983
--- Mar 29/12/09, lorenzo_galbiati
<lorenz.news at tele2.it> ha scritto:
Da:
lorenzo_galbiati <lorenz.news at tele2.it> Oggetto: [pace] Obama
e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si intende) A:
pace at peacelink.it, "lista pax christi gr discussione"
<paxchristi at yahoogroups.com>, "lista nonviolenti"
<nonviolenti at liste.retelilliput.org>, "lista Mir dibattito"
<mir-riconciliazione at yahoogroups.com>, "Lista Menapace"
<lista123lm at gmail.com>, "lista lilliput glt NV"
<glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org>, "lista eco-fem-nv"
<eco-fem-nonviolenta at lists.unbit.it>, "lista donne in nero"
<donneinnero-owner at listas.nodo50.org>, "lista angelo casati 01"
<sullasoglia at yahoogroups.com>, "lista alteracultura"
<info at alteracultura.org> Data: Martedì 29 dicembre 2009,
19:47
Obama, vacanze stop e discorso alla nazione combatteremo i
terroristi ovunque siano
28 dicembre 2009, Il Secolo XIX
Vacanze interrotte per il discorso alla Nazione a testimonianza
della delictezza del momento, dopo le ultime minacce di Al Qaeda, il
tentato attentato a bordo di un aereo a Detroit, un altro sventato con
la minaccia di dieci kamikaze addestrati e pronti a colpire nel 2010
“al cuore” gli Stati Uniti. Livello di massima allerta come dopo l’11
settembre 2001 e l’attentato alle torri gemelle.
LA
SITUAZIONE
Il presidente americano Barack Obama ha parlato alla nazione in
un breve discorso dopo l’attentato fallito al volo Delta-Northwest «ci
ricorda i pericoli che abbiamo davanti», ha detto nel primo commento
pubblico sull’episodio, che ha riportato il terrore nei cieli
americani. «È un serio promemoria dei pericoli che abbiamo di fronte»,
ha aggiunto Obama. «Il popolo americano deve sapere che stiamo facendo
tutto quel che è in nostro potere per garantire la sicurezza». Faremo
«tutto ciò che è in nostro potere per garantire la sicurezza di ogni
famiglia americana» e «per garantire la sicurezza degli Usa», ha detto
ancora annunciando una revisione delle politiche di sicurezza negli
aeroporti per evitare il ripetersi di incidenti come il fallito
attentato il giorno di Natale. Gli estremisti che complottano contro
gli Stati Uniti sappiano che gli Stati Uniti sono pronti a usare ogni
loro risorsa, e ovunque, contro di loro: «in Afghanistan o in
Pakistan, in Yemen o in Somalia».
«Non abbiamo tutte le risposte su questo ultimo tentativo - ha
detto Obama - ma chiunque uccide uomini, donne e bambini innocenti
deve sapere che gli Stati Uniti non si limitano ad alzare le difese
all’interno»: gli Stati Uniti faranno tutto quello che è in loro
potere contro i nemici che «in Afghanistan o in Pakistan, in Yemen o
in Somalia o ovunque complottano per organizzare attacchi contro il
suolo americano». Obama ha detto poi agli americani di «restare
vigili, ma avere fiducia».
Il presidente ha espresso poi «una dura condanna» delle violenze
in Iran, con morti e feriti, e ha chiesto al regime di rispettare i
diritti del proprio popolo.
C'è ancora qualcuno che vede una
differenza sostanziale tra l'Obama premio Nobel (sic!) per la pace e
George w. Bush?
Scritto
nella notte, il primo testo conteneva diversi errori. Guardare
questo e non quello.
Ciao,
Enrico
Come la Germania anni ‘30
Sentiamoci tutti in debito di vedere
questo film, Welcome, di Philippe
Lioret, francese. Ci mostra
quello che sappiamo, ma cerchiamo di ignorare, più altri particolari
polizieschi, della guerra francese ai migranti. Con le leggi si
cacciano gli umani discriminati, con l’aiuto di cani cacciatori di
umani.
Ma la guerra è quasi uguale da noi.
Si esce dalla sala vergognosi e colpevoli, per il crimine di lesa
umanità perpetrato dai governi, dai legislatori, dalle polizie, e da
noi cittadini sovrani, anche se aborriamo l’infima Lega razzista.
All’uscita, ci guardiamo in faccia, un anziano signore e la moglie,
indignati e colpiti come noi, e ci diciamo: «Come in Germania anni
’30!». Stringo le loro mani senza poter parlare per il nodo alla
gola. Leggete trama e recensioni, ma guardate il film, per rispetto
al dolore che noi causiamo due volte: nei paesi prima dissanguati
dal capitalismo e ora pugnalati dalla
guerra.
Siamo in Francia, 2008, a Calais, e, secondo
le leggi applicate ad arbitrio della polizia, è reato aiutare un
clandestino che cerca di passare in Inghilterra, anche solo
ospitarlo una notte. Sul filo di un amore tra due giovani iracheni –
Bilal che vuole raggiungere Mina in Inghilterra - c’è una storia
orrenda e tragica. È storia nostra, di questi giorni. Anche a Torino
c’è un campo di detenzione di innocenti, colpevoli di essere
stranieri in fuga da condizioni che noi non sapremmo tollerare.
Perciò li rinchiudiamo in corso Brunelleschi e li rispediamo
nell’inferno da cui fuggono. Noi cittadini siamo colpevoli di non
ribellarci. Io sono colpevole. Ho fatto solo qualche manifestazione.
Ho scritto più duro che potevo. Non di più.
Gridiamo che legislatori e governanti sono
colpevoli di lesa umanità, legge superiore alle loro leggi disumane.
Poliziotti, informatori, insegnanti, intellettuali, sono colpevoli
di collaborare, o tollerare, o tacere. Sono colpevoli i predicatori
del vangelo che non dichiarano flagellatori di Cristo tutti i
colpevoli di razzismo, noi compresi. Nell’elenco di tutto ciò che
offende Dio, i preti non dicono che solo offendere e scacciare il
povero schiaffeggia Dio. Filtrano il moscerino e ingoiano il
cammello.
L’Italia manda, tutti i partiti
d’accordo, migliaia di costosissimi militari in guerre chiamate
pace, in onore al falso, che è la lingua del dominio e del prestigio
armato. E neghiamo il necessario per l’accoglienza umana delle
vittime. Per un profugo che cede alla disperazione, li
criminalizziamo tutti. L’Italia razzista si danna il cuore, e le
chiese non lo gridano in piazza, come Giona a Ninive (che oggi è
bombardata).
Ci sono associazioni di legali per
questa causa. Ci sono associazioni di volontari impegnatissimi. Chiedo
a chi vuole di unirci tutti, con l’assistenza professionale dei primi,
per denunciare personalmente alle istanze mondiali ed europee dei
diritti umani gli autori personali del grande crimine di lesa umanità.
I partiti si scambiano accuse personali, e nessuno pone la condizione
assoluta: essere umani.
Noi siamo obbligati a violare queste leggi. La
prigione mi fa paura (forse la eviterei coi miei 74 anni), soldi per
pagare risarcimenti non ne ho l’ombra. Ma dobbiamo violarle insieme,
in tanti. Mostrare sulle nostre persone di cittadini l’offesa fatta
agli extra-cittadini. C’è una sola umanità e una sola cittadinanza
mondiale. Certo, gli afflussi non possono essere caotici, per il bene
degli stessi profughi. Il modo si trova se c’è l’animo. E l’animo
finora è nemico del profugo.
Oggi noi siamo come i tedeschi e i
polacchi che vedevano passare i treni piombati o i prigionieri al
lavoro schiavile, e non gridavano. Anche a loro era facile vedere che
non c’era nulla da fare. I ragazzi della “Rosa Bianca” non
tollerarono. A noi è facile anche accusare Pio XII di silenzio, ma
oggi il diritto umano, che è unico, accusa noi, colpevoli dello stesso
silenzio.
Io cerco con lo scritto, e chiedo
aiuto a chi sa meglio come agire in tutta chiarezza, di trovare
insieme la più frontale sfida personale e collettiva alle leggi
razziste e alla mentalità feroce che le sostiene e la applica. Tocca
anzitutto ai vecchi come me, che hanno meno da perdere, spendere fino
in fondo i dolorosi apprendimenti della vita, per risvegliare nelle
coscienze qualche seme di giustizia.