Un interessante articolo sulla manifestazione di Gerusalemme, organizzata dai coloni la settimana scorsa per protestare contro il cosiddetto "congelamento".
Traditi da Netanyahu
Di Kieron Monks e Barbara Antonelli
Oltre 10.000 israeliani si sono dati appuntamento mercoledì scorso a Paris Square (Gerusalemme) davanti alla residenza di Netanyahu, per manifestare contro il congelamento della costruzione delle colonie nei territori occupati. Congelamento annunciato dal Primo Ministro Israeliano per convincere l’Autorita’ Palestinese a riprendere i negoziati. Il provvedimento, che sara’ in vigore per i prossimi 10 mesi, non si applica a Gerusalemme Est ne’ alle costruzioni gia’ in corso d’opera.
Alla manifestazione, indetta dallo Yesha Council, l’organizzazione piu’ importante e rappresentativa dei coloni israeliani e da altri gruppi (Mateh Ma’amatz, Mattot Arim), hanno partecipato diversi rappresentanti della destra radicale: proclami accalorati e parole toccanti, accompagnate dai video con le scene dei coloni arrestati dalla polizia nelle scorse settimane. "Giu’ le mani dalla terra di Israele” ha urlato alla folla Danny Danon, parlamentare della Knesset (Likud), riferendosi alle pressioni straniere, soprattutto dell’amministrazione statunitense, che secondo i coloni sarebbero dietro all’annuncio del Primo Ministro.
“Non siamo ghiaccioli, nessuno ci congela cosi in fretta!” lo slogan di Aryeh Eldad della National Union, anche lui membro della Knesset.
Molti giovani, tante famiglie, una folla entusiasta, che non ha smesso un attimo di applaudire, in una piazza gremita di striscioni, cartelli fatti in casa, manifesti. Uno slogan ricorrente: “Obama vuole congelarci, Dio ci ha prescelti” oppure “Nessuno sara’ piu’ cacciato dalla propria terra.”
Nell’ultimo anno circa 4000 palestinesi sono stati sfrattati dalle loro case a Gerusalemme Est, dove i coloni – secondo i dati ONU – sono arrivati a 200.000. Intanto l’amministrazione israeliana ha approvato la costruzione di oltre 3000 unita’ abitative in West Bank.
Eppure i manifestanti in Paris Square non hanno dubbi su chi siano da considerare le vere vittime. “E’un provvedimento fascista e criminale” dice David, avvocato di Gerusalemme. “Che differenza c’e’ tra questa legge e quelle razziali del nazismo prima della seconda guerra mondiale?”
Tra gli intervistati in piazza, pochi sono a favore del processo di pace. Oli, colono di Gerusalemme Est dice “siamo arrivati a un vicolo cieco. Non vogliamo avere nulla a che fare con i palestinesi - aggiunge - non ci sara’ mai pace, vogliono solo che ce ne andiamo ed e’ la stessa cosa che vogliamo noi, che vadano via! Non cambiera’ nulla, niente fermera’ la costruzione delle nostre case, nulla puo’ cambiare quello che e’ scritto nella Torah, ne’ Obama, ne’ Netanyahu, nessuno”.
Yitzhak, 23 anni, vive a Shamron (altra colonia in West Bank)dice; “Netananyahu ha dimostrato la sua totale debolezza; con le armi e il potere per costruire possiamo dimenticare le parole di Netanyahu, Israele e’ uno stato ebraico, compresa la Cisgiordania. Prima di tutto gli arabi non dovrebbero essere qui, ma dato che ci sono, gli daremo una stanzetta, ma non troppo grande. Obama vuole fare pressioni per dare loro piu’ spazio di quello che gli serve.”
Yehuda Shimon, un avvocato di Havat Gilad, (outpost in West Bank) e’ anche lui della stessa opinione: “Quando siamo arrivati qui non c’erano palestinesi, non sono nemmeno nominati nella Bibbia. Possono andare in Giordania o in qualsiasi altro posto. Il potere musulmano vuole uccidere tutti, ci sara’ un genocidio in Europa un giorno.”
Le proteste dei coloni non si fermeranno qui, anzi sono in molti manifestanti a dire che torneranno ogni giorno a far sentire le loro voci, perche’ siano ascoltate. “Se la decisione di Natanyahu non verra’ revocata – dice un attivista che preferisce rimanere anonimo – ci sara’ una guerra tra fratelli con lo stesso sangue. Alla gente che vive a Tel Aviv non importa di noi, ma faremo in modo che gli importi!”
Per chi ripone qualche speranza nel processo di pace, Paris Square mette in guardia sul potere e la determinazione di quanti con forza vi si oppongono.