Il nemico



Nel libro “In difesa delle cause perse” Slavoj Zizek ha scritto: “Si deve dunque usare il termine ‘dittatura’ nel senso preciso in cui la democrazia è anche una forma di dittatura, ovvero, come una determinazione puramente formale. Si sottolinea spesso che il mettersi in discussione è un elemento costitutivo della democrazia, che la democrazia permette sempre, anzi sollecita, la costante messa in questione delle proprie caratteristiche. Tuttavia, questa auto-referenzialità deve arrestarsi in qualche punto: anche le elezioni più ‘libere’ non possono mettere in discussione i procedimenti legali che le legittimano e le organizzano, gli apparati statali che garantiscono (con la forza, se necessario) i processi elettorali, e così via. Lo Stato nel suo aspetto istituzionale è una presenza massiccia che non può essere spiegata in termini di rappresentazione degli interessi – l’illusione democratica è che esso possa esserlo. Badiou ha concettualizzato questo eccesso come eccesso della rappresentanza statale su ciò che rappresenta. Ci si può esprimere anche in termini benjanimiani: mentre la democrazia può più o meno eliminare la violenza costituita, essa deve continuamente poggiarsi su una violenza costituente”. 

E in “Metapolitica” Alain Badiou ha affermato: “Il nemico oggi non si chiama Impero o Capitale: si chiama Democrazia”.