Fw: [Mir-forum] Ricordo di Dom Helder Camara a 10 anni dalla morte
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- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Wed, 26 Aug 2009 20:43:51 +0200
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From: Pierangelo Monti
Sent: Wednesday, August 26, 2009 5:03 PM
Subject: [Mir-forum] Ricordo di Dom Helder Camara a 10 anni dalla
morte RICORDO DI DOM HELDER CAMARA, PROFETA
DEL TERZO MONDO, MORTO DIECI ANNI FA Dieci
anni fa, il 27 agosto 1999, moriva Dom Helder Camara, vescovo con una
straordinaria carica profetica, che ha speso la sua vita integralmente per la
giustizia e la pace nel mondo, mettendosi dalla parte dei poveri, come Dio vuole
e Gesù Cristo ha insegnato. Perciò fu denominato arcivescovo delle favelas,
profeta del terzo mondo, Francesco d'Assisi del secolo XX, vescovo rosso. E’
morto a novant’anni nella sua casetta di Recife, coi muri sbrecciati per le
raffiche di mitra, sparate per intimidirlo negli anni sessanta quando in Brasile
e in quasi tutta l’America Latina
dominavano i dittatori. Vescovo prima a Rio e poi dal 1964 a Recife e Olinda, nel
nord-est del Brasile, visse con i poveri, i favelados, rifiutando di abitare in
un gran palazzo, per essere credibile come loro difensore e portavoce. Dopo il
Concilio Vaticano II accolse numerosissimi inviti a parlare in tutto il mondo e
proclamare l’appello alla giustizia distributiva, alla solidarietà, allo
sviluppo per tutti, alla conversione dei ricchi e alla liberazione degli
oppressi senza violenze, alla pace sulla via della giustizia, dei diritti e
della nonviolenza, alla fine dello sperpero di risorse nella fabbricazione di
armi. Nel periodo della contestazione postconciliare e post68, molte sue parole
divennero slogan, ripetuti nelle manifestazioni, come quelle organizzate contro
la fame nel mondo dall’associazione ManiTese: "Non c'è pace senza giustizia",“ Non armi ma
sviluppo per la pace”, “La
prima forma di violenza è la miseria”, “Essere voce di chi non ha voce", “Fare l’opzione preferenziale per i
poveri”. Per le sue prese di posizione
socio-politiche, in particolare per la difesa dei diritti dei poveri della sua
diocesi e per le critiche al sistema
capitalistico e dittatoriale brasiliano, è stato fatto oggetto di minacce e di
insulti. Alcuni suoi collaboratori, sacerdoti e laici, vennero torturati e
uccisi (come il suo segretario nel ‘69). Come egli stesso ebbe a dire:
fin tanto che descriveva la sofferenza dei
poveri e invitava alla solidarietà, veniva accettato da tutti; quando parlava
delle cause della miseria e denunciava le ingiustizie, le violazioni di diritti,
gli sfruttamenti, le violenze, le chiusure egoistiche e le prepotenze, allora
molti lo accusavano di essere comunista. Anche
nella Chiesa cattolica romana ha patito incomprensioni, avversità ed
emarginazione, al pari dei promotori della teologia della liberazione, i quali,
in nome della scelta preferenziale dei poveri, auspicavano e chiedevano anche
cambiamenti della struttura della Chiesa. Come ha detto padre Bartolomeo Sorge,
direttore di «Aggiornamenti Sociali» in occasione del centenario della nascita:
“dalla metà degli anni '70 in poi, egli
subì un crescente ostracismo e
una progressiva emarginazione sia da parte dei politici brasiliani sia da parte
della Chiesa. Ciò lo fece soffrire molto. Lo ferì il fatto che non fosse stato
eletto né chiamato dal Papa al Sinodo del 1971 sulla Giustizia nel mondo, lui che era il
vescovo cattolico che maggiormente si era impegnato a livello mondiale su questo
tema. Nel 1977, andato a Roma due volte per parlare con il Papa, ne fu impedito
dalla stessa Segreteria di Stato.” Tra i
suoi sostenitori da sempre c’è Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea,
che tiene cara la memoria della sua amicizia con Dom Helder, dai tempi del
Concilio Ecumenico Vaticano II. In un colloquio avuto settimana scorsa, mi ha detto così di
lui: “Ovunque nel mondo proclamava la
giustizia, la pace, la solidarietà, con espressiva mescolanza di lingue ed
efficace gestualità. Quando venne a parlare a Ivrea nel 1981 nel teatro gremito di gente,
disse che Dio gli aveva donato due mani napoletane”. (Personalmente ho un
ricordo indimenticabile di quella sera, perché prima di andare tutti insieme
alla conferenza, il vescovo Luigi mi fece il dono di accompagnare Dom Helder in
oratorio alla festa del mio matrimonio; ricordo che nella conferenza invitò i
cristiani a vivere le due dimensioni simbolizzate dalla croce di Cristo: quella
verticale verso Dio e quella orizzontale verso i fratelli, nella preghiera e
nell'amore). “Ho cominciato a
conoscerlo al Concilio, - dice Mons.
Bettazzi - in particolare nel gruppo per
la Chiesa dei poveri promosso a Roma da Padre Gautier”. “Ci sollecitava come
vescovi a un impegno personale di fronte ai temi della povertà e dello sviluppo,
per cui si arrivò a un documento, sottoscritto poi da centinaia di Vescovi, in
cui ci si impegnava ad un maggior distacco personale dal denaro, ad una vita più
sobria, ad un maggior impegno nei confronti dei poveri.” “Prima, durante e dopo
il Concilio, Dom Helder insisteva e denunciava che la stragrande maggioranza
dell’umanità si trova in situazione di povertà e disagio, mentre la minoranza
benestante organizza il mondo secondo i propri interessi, e questa minoranza
corrisponde in gran parte al mondo cristiano.” Sull’attualità del Bispinho (per la sua esile corporatura,
come Gandhi), in particolare per la Chiesa, Mons. Bettazzi prima fa riferimento
alla nuova espressione di disuguaglianza e di sofferenza dei paesi poveri,
rappresentata dai migranti, respinti dai nostri paesi e lasciati morire in mare,
come è accaduto ancora in questi giorni; quindi osserva: “Di quel che auspicava Camara qualcosa è
stato fatto e molto resta da fare. La chiesa paga il prezzo di avere una
struttura molto grande; come un treno con tante carrozze, per cui fatica a
prendere velocità. E’ meglio camminare insieme, ma questo fa rallentare il passo
di chi fa da locomotore. Al termine del Concilio Dom Helder chiedeva che, come
si era formata una Commissione episcopale per la riforma della Liturgia secondo
il Concilio, si facesse una Commissione episcopale per l’attuazione del Concilio, per non
lasciare questo compito alla Curia romana, che si era dimostrata tiepida verso
il Concilio. Anche nella vita civile i governi non amano i parlamenti, dove la
discussione è aperta. Nella chiesa il Concilio è il parlamento e il Vaticano è
il governo.” L’anno scorso Mons. Bettazzi ha scritto la prefazione al
libro “Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II” (Ed. San
Paolo, Cinisello Balsamo 2008), nel quale sono raccolte 297
inedite lettere scritte da Dom Helder di notte, nei periodi dal 63
al 65 trascorsi a Roma durante il Concilio; lettere indirizzate agli amici in
Brasile, per renderli partecipi dei lavori conciliari, degli incontri fatti e
delle sue riflessioni. In una di quelle lettere è scritto: «Ieri mi hanno chiesto quale sarebbe la prima
cosa che farei se fossi Papa … Direi …ai Paesi che hanno accreditato
ambasciatori presso la Santa Sede che, malgrado il Papa ci tenga a mantenere
sempre ottime relazioni personali con tutti i popoli, ormai non hanno ragion
d'essere né gli ambasciatori in Vaticano, né i nunzi presso i Governi [...]. E
ancora, comunicherei la decisione di trasformare il Vaticano in semplici Museo e
Biblioteca, affidati a un'istituzione internazionale che si impegnasse a
mantenere questi organi al servizio della cultura (il prezzo dell'affitto
sarebbe impiegato per i poveri). Manie di Povertà!... Affinché la Chiesa sia serva come Cristo,
affinché non offra al mondo lo scandalo di una Chiesa forte e potente che si fa
servire, mi sembra fondamentale questo inizio [...]. Da lì alla riforma
della Curia romana sarebbe un passo. [...]. Le spese scenderebbero moltissimo:
senza nunziature né nunzi; senza il Vaticano da mantenere (le piccole Guardie
resterebbero a vigilare il Museo, la Biblioteca, la Basilica, mantenute
dall'istituzione affittuaria); con il decentramento effettivo del governo della
Chiesa, il Papa potrebbe togliersi dall'imbarazzo dei beni che scandalizzano
tanto. Forse il prestigio del Papa crollerebbe. Ma è essenziale che abbia
prestigio? Essenziale è che l'umanità non veda nella Chiesa un Regno in più, un
Impero in più .» (pp. 381). Pierangelo Monti Ivrea 26-8-09
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