[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Dal Centro Internazionale Studenti G. La Pira di Firenze
- Subject: Dal Centro Internazionale Studenti G. La Pira di Firenze
- From: Marino <marino222 at virgilio.it>
- Date: Fri, 07 Aug 2009 15:08:40 +0200
Gio 6 Ago 2009
Oggi è il sessantaquattresimo anniversario dello sgancio della bomba
atomica sulla città di Hiroshima. Si trattò di un evento terribile
che rappresenta il vero spartiacque della storia.
Con Hiroshima l'idea di guerra cambia totalmente: nessuna guerra
potrà mai più definirsi 'giusta', quando in un attimo, insieme a
tanti innocenti, il mondo intero può essere distrutto.
Su tale argomento la riflessione di Giorgio La Pira diviene molto
ampia, e con lo stile che lo caratterizza, rispondendo a chi lo
accusava di essere un 'sognatore' dirà che 'Utopia' è la guerra e non
la pace, perchè con la guerra, sempre tutto è perduto.
Riportiamo qui di seguito due brani di Giorgio La Pira, il primo
tratto da un suo discorso del 1976, a un anno dalla sua scomparsa; il
secondo è un testo scritto a Leningrado nel luglio del 1970, ed
appartiene alla sua riflessione sul ruolo nuovo delle città.
(Dal Centro Internazionale Studenti G. La Pira di Firenze)
'''''''''''''
'La guerra? Per fare cosa? Per 'affondare' la terra nell'oceano
spaziale? Ma se ciò è assurdo (e lo è), allora l'idea stessa di
guerra nucleare, globale, è destinata a scomparire dalla mente e dal
vocabolario degli uomini. ('). In questa (...) impossibilità
definitiva della guerra e della inevitabilità definitiva della pace,
vanno, dunque, visti ormai i rapporti tra Est e Ovest ed i
conseguenti problemi del disarmo connessi alla Conferenza di Helsinki.
E l'Italia? Come andrà politicamente incontro (per accelerarne la
conclusione) a questa 'pace inevitabile' delle nazioni? (...)
L'immagine che rende bene in un certo senso la nostra risposta è
quella del 'ponte': l'Italia deve costruire un 'ponte sul mondo'; un
ponte che i popoli (...) attraversino per giungere alla 'civiltà
della pace' (...) La politica italiana va vista nella prospettiva di
questa costruzione del ponte di pace sul mondo e della edificazione
della unità politica del mondo (...). Basti pensare alla 'esplosione'
demografica dei prossimi 30 anni (saremo sette miliardi nel 2000) ed
a quella - davvero impensabile - dei prossimi 100 anni. (...) Una
'programmazione' nazionale, continentale, mondiale; a questa esigenza
del piano non ci si sottrae (...) per aprire le porte che danno
accesso politico alle classi lavoratrici ed a tutti i popoli nuovi
della terra; per 'programmare' e realizzare per tutti i popoli una
elevazione sociale ed economica che sia degna della dignità davvero
infinita della persona umana'. (Firenze, 1976)
'''''''''''''''''''..
Le città sono consapevoli di essere il patrimonio del mondo, perché
in esse si incorporano la storia e la civiltà dei popoli, i 'regni'
passano, le città restano; un patrimonio che le generazioni passate
hanno costruito e trasmesso a quelle presenti ' di secolo in secolo,
di generazione in generazione ' affinché fosse accresciuto e
ritrasmesso alle generazioni future. Gli stati non hanno il diritto,
con la guerra nucleare, di annientare questo patrimonio che
costituisce la continuità del genere umano e che appartiene al
futuro. No quindi alla guerra nucleare, No alla politica dello
'equilibrio del terrore', NO perciò alle guerre locali che i popoli
dell' opulenza (per usare una espressione della Populorum Progressio)
conducono contro i popoli della fame.
SI' alla coesistenza pacifica SI' al disarmo generale e completo e
SI' alla conversione delle spese di guerra ( almeno 200 miliardi di
dollari ogni anno) in spese di pace per lo sviluppo dei popoli ('lo
sviluppo è il nuovo nome della pace'). La pace appare tanto più
inevitabile quando si pensa al moto sempre più vasto, irresistibile
ed urgente con quale i popoli della fame interpellano, in modo ogni
giorno più severe, i popoli dell'opulenza. La soluzione di questo
problema è una sola: fare diventare spese di pace per la costruzione
di città nuove ( si pensi ai 7 miliardi di uomini nel 2000), spese
per i piani regolatori nuovi delle città antiche, spese per la
costruzione di case, scuole, fabbriche, ospedali, chiese, impianti
sportivi (spese di civiltà cioè) tutte le spese della distruzione,
'trasformare in aratri le spade'
Eccoci infine alla terza delle direttrici di marcia che ha guidato la
nostra azione di questi tre anni: 'unire le città per unire le
nazioni', quindi compiere i 'gemellaggio' come strumenti di
edificazione delle unità di popoli: creare un sistema di ponti '
scientifici, tecnici, economici, commerciali, urbanistici, politici,
sociali, culturali, spirituali ' che al limite unisce le une alle
altre, in modo organico, continente per continente, le città grandi e
piccole di tutta la terra.
Questa idea semplice potrebbe davvero diventare un tessuto unitivo
destinato a fasciare di pace e di progresso le città, le nazioni ed i
popoli del mondo intero.
Le città unite: ecco un altro volto istituzionale, integratore ' ed
in certo modo essenziale delle Nazioni Unite. ( Leningrado, 1970)
- Prev by Date: interview with Khalida Jarrar
- Next by Date: A voi la scelta!
- Previous by thread: interview with Khalida Jarrar
- Next by thread: A voi la scelta!
- Indice: