Re: [reg-piemonte]
- Subject: Re: [reg-piemonte]
- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Tue, 7 Jul 2009 10:42:31 +0200
Cari tutti,
rispondo a Fausto, un amico: non nego
che gli arresti servano a frenare le manifestazioni contro il G8. Ma ridurli a
questo non corrisponde alla realtà, mi sembra.
Mi fido delle dichiarazioni di Caselli sui
fatti di Torino, perché avviene sempre così, anche sabato scorso a Vicenza: c'è
un gruppetto che intende impadronirsi della manifestazione e della visibilità
sui media, perché si autonomina padrone e messia supremo ed esclusivo del
diritto di protesta, e lo fa coi mezzi violenti, utili a soddisfare le proprie
viscere, ma assolutamente inutili e contrari alla causa della giustizia.
E' chiaro fin da Genova 2001: se si vuole
fare una protesta giusta contro una ingiustizia, bisogna farla con la forza
della verità e dell'unità, ripudiando metodi e intenzioni violente, e anche le
sceneggiate della durezza, come le buffonate militaresche dei "catafratti"
(buffa ridicola parola antica che significa i corazzati e portatori di scudi,
tipi da museo che si vedono - se vi piace - nell'Armeria reale di
Torino).
- Contro il militarismo e il superarmismo
si protesta senza armi né corazze, altrimenti si è militaristi, scimmiottatori
dei veri militari, che se la ridono.
- Contro il militarismo si protesta non con
gli insulti, ma con le affermazioni.
- Contro il militarismo si protesta con
l'organizzazione meticolosa e l'addestramento lungo e paziente, in gruppi
preparati psicologicamente a resistere all'eventuale violenza con la superiorità
della nonviolenza, di cui non può far parte chi non fa la scelta nonviolenta.
Per Genova 2001 questa organizzazione in parte ci fu, e servì a dimostrare che
la violenza non veniva dai veri manifestanti.
- Se in queste occasioni c'è violenza, si
deve vedere che viene da un'unica parte, dalla non giustificabile repressione
delle ragioni giuste.
- Gandhi e Martin Luther King vinsero così,
non diversamente che così, perchè sconfessavano e fermavano le manifestazioni
inquinate dai violenti.
- I gruppetti "catafratti" sono utilissimi
a danneggiare la causa della giustizia e della pace: se lo sanno sono traditori
e avversari, se non lo sanno sono... (lo lascio dire a chi legge).
- Ogni manifestazione per cause giuste e
pacifiste dovrà dichiarare in anticipo ai giornali: "Se nella nostra
manifestazione si infiltreranno dei violenti, noi gireremo i tacchi e torneremo
al punto di partenza, lasciando soli i violenti. Questa sarà la nostra
manifestazione". Così fecero i soldati russi,
contadini, che "votarono per la pace con i piedi", tornando indietro,
disubbidendo agli ufficiali, e preparando, prima della rivoluzione,
l'uscita della Russia dalla prima guerra mondiale.
- Chi dice "non solo prenderle ma anche
darle" (o parole simili) ha ben piantato in testa il vecchio pensiero della
guerra, e gli manca del tutto quello nuovo della pace. Tra noi è fuori
posto.
- Certo, ci vuole coraggio, anche fisico,
la capacità di prendere colpi, nell'andare a dire la verità al sistema bellico e
violento, senza imitarne i metodi. E' per questo che occorre una grande
preparazione psico-fisica. Chi non se la sente, lavora per la pace in altri
modi. Io confesso di non avere ancora un sufficiente coraggio fisico, partecipo
quando posso alle manifestazioni nonviolente, e soprattutto cerco di
lavorare per la pace in altri ruoli.
- Ai poliziotti, anche quelli "montati"
contro di noi (Genova 2001), si parla (Praga 1968), si offrono fiori (Portogallo
1975). O comprendono (sono ragazzi condizionati), oppure, se fanno
violenza, perdono la faccia davanti all'opinione pubblica, mentre ci
guadagna la nostra causa.
Più ci penso e osservo, e più mi convinco
che solo la separazione chiara e visibile dei nonviolenti dai "disponibili" alla
violenza potrà rendere manifesta all'opinione pubblica la giustizia del
movimento per la pace e acquistargli appoggi popolari, senza i quali rimane
politicamente inefficace.
Tutti i vari movimenti per la pace
dovrebbero intendersi e collaborare tra loro su queste basi, in una Federazione
Nonviolenta. Non pretendo di avere detto tutto né bene, ma questa è la linea di
ricerca.
Enrico Peyretti, Torino
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