Gilad Atzmon , Ilan Pappé , Stefano Sarfati Nahmad



se ste cose le dicessi io o un qualsiasi altro non ebreo, verrei messa
in croce con l'accusa di antisemitismo. - Ciao da Alessandra


Gilad Atzmon - L'Antico Testamento e il genocidio a Gaza

Gilad Atzmon, nato nel 1963, è un musicista jazz, israeliano, formatosi alla
Rubin Academy of Music di Gerusalemme. La passione per la musica, il sassofono,
il clarinettoŠ da ascoltare e scorrere sul suo sito Atzmon, convivono con
quella della scrittura. E' noto per l'una e per l'altra, date le sue posizioni
fermamente antisioniste.Quello che segue è un articolo da lui scritto il 9
gennaio, tratto dal sito Palestine Think Tank Free Minds for a Free Palestine.
Libere Menti per una Libera Palestina.
Doriana Goracci

Gilad Atzmon- L'Antico Testamento e il genocidio a Gaza
8 gennaio 2009
"Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno dinanzi a voi colpiti di
spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno
diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada."
Levitico, cap. 26, vv. 7-9
"Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in
possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioniŠ quando il Signore tuo
Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo
sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro grazia."
Deuteronomio, cap. 7, vv. 1-2
"Šnon lascerai in vita alcun essere che respiri, ma li voterai allo
sterminioŠ come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fareŠ"
Deuteronomio, cap. 20, v. 16
Gli studiosi della Bibbia non nutrono molti dubbi sul fatto che la Bibbia
ebraica contenga alcuni suggerimenti fortemente impregnati di immoralità,
alcuni dei quali non sono altro che un invocazione al genocidio. Raymund
Schwager, studioso della Bibbia, ha trovato nell'Antico Testamento 600 passi di
violenza esplicita, 1.000 versi che descrivono le violente azioni punitive di
Dio, 100 passi in cui Dio ordina espressamente di uccidere. A quanto pare, la
violenza è l'attività più spesso menzionata nella Bibbia ebraica.
Per quanto possa essere sconvolgente, la saturazione di violenza e sterminio
nella Bibbia ebraica può fare luce sul terrificante genocidio condotto al
momento a Gaza dallo stato di Israele. In pieno giorno l'I.D.F. [l'esercito
israeliano, n.d.t.] sta utilizzando contro i civili i metodi più letali, come
se il suo principale obiettivo sia quello di " votare allo sterminio" la
popolazione di Gaza senza mostrare alcuna intenzione "di fare loro grazia".
E' interessante osservare che Israele guarda a se stesso come a uno stato
secolare. Ehud Barak non è proprio un qualificato rabbino, e Tzipi Livni non è
la moglie di un rabbino. Siamo pertanto autorizzati a presumere che in realtà
non è il Giudaismo in sé che trasforma direttamente capi politici e militari
israeliani in criminali di guerra. Inoltre, i primi Sionisti credevano che all'
interno di una patria nazionale gli Ebrei sarebbero diventati "un popolo come
tutti gli altri", cioè civili e morali. Sotto questo profilo la realtà
israeliana è piuttosto singolare. Gli ebrei laici forse sono riusciti ad
abbandonare il loro Dio, molti di loro non osservano la legge giudaica, sono in
larga misura laici, e nondimeno interpretano collettivamente la loro identità
ebraica come una missione genocida. Sono riusciti con successo a trasformare la
Bibbia da testo spirituale a ufficio del catasto inzuppato di sangue. Sono là,
in Sion, cioè in Palestina, per invadere il paese e metterlo sotto chiave,
affamare e annientare i suoi abitanti nativi. Di conseguenza, sembra che i
comandanti di artiglieria e i piloti dell'aviazione israeliana che hanno
cancellato la parte settentrionale di Gaza due notti fa stiano seguendo il
Deuteronomio cap. 20 v. 16, stiano veramente "non lasciando in vita alcun
essere che respiri."
Eppure, una domanda rimane aperta. Perché un comandante laico dovrebbe
seguire i versi del Deuteronomio o di qualsiasi altro testo biblico?
Qualche sporadica voce ebraica all'interno della sinistra insiste nel dirci
che l'Ebraismo non ha in sé tendenze assassine. Sono propenso a credere che
essi stessi considerino le loro parole schiette e veritiere. Ma allora ci si
può domandare che cos'è che rende lo stato ebraico di una brutalità senza
confronti? La realtà della questione è in verità abbastanza meschina. Per
quanto ci è dato di osservare il Sionismo è l'unico collettivo ebraico
ideologico e politico che si trovi nei paraggi, e come sta accadendo, questa
settimana ha dimostrato ancora una volta di essere genocida fino al midollo.
Per quanto concerne il genocidio, la differenza tra Giudaismo e Sionismo può
essere illustrata come segue: mentre il contesto biblico giudaico è impregnato
di riferimenti genocidi, solitamente in nome di Dio, nel contesto sionista, gli
ebrei stanno uccidendo i palestinesi nel loro stesso nome, cioè di "popolo
ebraico". Questo è certamente il massimo successo della rivoluzione sionista.
Insegna agli Ebrei a credere in se stessi. A credere nello Stato Ebraico. "L'
israeliano" è il dio di Israele. Perciò l'Israeliano uccide in nome "della sua
sicurezza", e in nome "della sua democrazia". Gli Israeliani uccidono nel nome
della "loro guerra contro il terrorismo" e nel nome della "loro America". A
quanto pare, nello stato ebraico, il soggetto ebraico ritorna all'omicidio di
massa appena trova un "nome" da collegare a questo.
Tutto ciò non ci lascia in realtà molto spazio per fare ipotesi. Lo stato
ebraico è la minaccia definitiva verso l'umanità e verso la nostra nozione di
umanesimo. La cristianità, l'Islam e l'umanesimo si presentano come tentativi
di riformare il fondamentalismo tribale ebraico e sostituirlo con un'etica
universale. L'illuminismo, il liberalismo e l'emancipazione hanno permesso agli
ebrei di affrancarsi dalle loro antiche peculiarità di supremazia tribale.
Dalla metà del XIX secolo molti ebrei si sono liberati delle loro catene
culturali e tribali. Assai tragicamente, il Sionismo è riuscito a riportare
indietro molti ebrei. Attualmente, Israele e il Sionismo rappresentano l'unica
voce collettiva disponibile per gli Ebrei.
Gli ultimi dodici giorni di offensiva spietata contro la popolazione civile
palestinese non lasciano nessuno spazio per i dubbi. Israele è il pericolo più
serio per la pace nel mondo. Senza dubbio nel 1947 le nazioni commisero un
tragico errore fornendo a una mutevole identità orientata razzialmente l'
opportunità di stabilirsi in uno stato nazionale. L'obbligo morale delle
nazioni è adesso quello di smantellare pacificamente quello stato prima che sia
troppo tardi. Abbiamo il dovere di farlo prima che lo stato ebraico e le sue
forti lobbies in giro per il mondo riescano a spingerci in una guerra globale
nel nome di una qualunque banale ideologia populista (democrazia, guerra contro
il terrorismo, scontro di civiltà e simili). Dobbiamo svegliarci ora, prima che
il nostro unico e solo pianeta venga trasformato in una bolla che scoppia di
odio.
Traduzione di Mauro Maiorani
http://snipurl.com/9rgym
http://roma.indymedia.org/node/7295
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La "giusta furia" di Israele e le sue vittime a Gaza
di Ilan Pappé
[da "The Electronic Intifada", 2.1.09 - Traduzione di Alberto Pesavento]
La mia visita a casa in Galilea è coincisa con l'attacco genocida israeliano
su Gaza. Lo Stato, attraverso i suoi mezzi di informazione e con l'aiuto del
mondo accademico, ha diffuso un coro unanime - persino più forte di quello
ascoltato durante il criminale attacco in Libano nell'estate del 2006. Israele
è sommerso ancora una volta da una giusta furia che si traduce in delle
operazioni di distruzione nella striscia di Gaza.
Questa sconvolgente autogiustificazione dell'inumanità e impunità non è solo
fastidiosa, ma è materia su cui vale la pena soffermarsi, se si vuol capire l'
immunità internazionale per il massacro che imperversa su Gaza.
È basata in primo luogo su semplici bugie trasmesse in un linguaggio
giornalistico che ricorda i momenti più bui degli anni Trenta in Europa.
Ogni mezz'ora un notiziario alla radio e alla televisione descrive le vittime
di Gaza come terroristi e il loro omicidio di massa ad opera di Israele come un
atto di autodifesa.
Israele presenta se stesso alla propria gente come la giusta vittima che si
difende da un grande male. Il mondo accademico è arruolato per spiegare quanto
demoniaca e mostruosa sia la lotta palestinese, se guidata da Hamas. Questi
sono gli stessi studiosi che in passato demonizzarono l'ultimo leader
palestinese Yasser Arafat e delegittimarono il suo movimento, Fatah, durante la
Seconda Intifada palestinese.
Ma le bugie e le rappresentazioni distorte non sono la parte peggiore di
tutto questo. È l'attacco diretto alle ultime vestigia di umanità e dignità del
popolo palestinese ciò che fa più rabbia. I palestinesi in Israele hanno
mostrato la loro solidarietà agli abitanti di Gaza e vengono ora bollati come
quinta colonna all'interno dello Stato ebraico; il loro diritto a rimanere
nella loro patria è messo in dubbio data la mancanza di supporto all'
aggressione israeliana. Tra coloro i quali acconsentono - a torto, a mio parere
- ad apparire nei media locali vengono interrogati, e non intervistati, come se
si trovassero nella prigione dello Shin Bet. La loro entrata in scena è
preceduta e seguita da umilianti sottolineature razziste e sono accusati di
essere una quinta colonna, gente irrazionale e fanatica. Ma questa non è
nemmeno l'abitudine più indecente. Ci sono alcuni bambini palestinesi dei
Territori Occupati curati dal cancro in ospedali israeliani. Dio sa quale
prezzo abbiano pagato le loro famiglie perchè venissero ricoverati là. Israel
Radio si reca ogni giorno all'ospedale per domandare ai poveri genitori di dire
agli ascoltatori israeliani quanto giusto sia Israele nei suoi attacchi e
quanto malvagio sia Hamas nella sua difesa.
Non c'è limite all'ipocrisia che una giusta furia produce. Il discorso di
politici e generali oscilla senza posa tra l'autocompiacimento per l'umanità
che l'esercito dimostra nelle sue operazioni "chirurgiche" da un lato, e il
bisogno di distruggere Gaza una volta per tutte, in modo umano ovviamente,
dall'
altro.
La giusta furia è un fenomeno costante nell'espropriazione, oggi israeliana e
a suo tempo sionista, della Palestina. Ogni atto, che si trattasse di pulizia
etnica, occupazione, massacro o distruzione è sempre stato ritratto come
moralmente fondato e come un puro atto di autodifesa perpetrato in modo
riluttante da Israele nella sua guerra contro la peggiore specie di esseri
umani. Nel suo eccellente volume  The Return of Zionism: Myths, Politics and
Scholarship in Israel, Gabi Piterberg esplora le origini ideologiche e il
progredire storico di questa giusta furia.
Oggi in Israele, da sinistra a destra, dal Likud alla Kadima, dal mondo
accademico ai mezzi di informazione, si può ascoltare questa giusta furia di
uno Stato che è più occupato di qualsiasi altro nel mondo a distruggere ed
espropriare una popolazione autoctona.
È cruciale analizzare le origini ideologiche di questa attitudine e trarne le
necessarie conclusioni politiche a partire dalla sua diffusione. Questa giusta
furia ripara la società e i politici in Israele da ogni rimprovero o critica
all'estero.
Ma ancor peggio, si traduce sempre in politiche di distruzione nei riguardi
dei palestinesi. Senza alcun meccanismo di critica interna e pressioni dall'
esterno, ogni palestinese diventa un potenziale bersaglio di questa furia. Data
la potenza di fuoco dello Stato ebraico può solo finire inevitabilmente in più
omicidi di massa, stragi e pulizia etnica.
La convinzione a priori di essere nel giusto è un potente atto di abnegazione
e giustificazione. Essa spiega perchè la società ebraica israeliana non si
lascerebbe influenzare da discorsi sensati, punti di vista logici o dal dialogo
diplomatico. E se non si vuole appoggiare la violenza come strumento per
contrastarla, c'è solamente un'altra via davanti a noi: sfidare frontalmente
questa cieca convinzione morale come una cattiva ideologia che si propone di
occultare delle atrocità. Un altro nome di quest'ideologia è quello di
Sionismo, e una condanna internazionale nei confronti del Sionismo, non solo
nei casi di specifiche politiche di Israele, è il solo modo per respingerla.
Dobbiamo provare a spiegare non solo al mondo, ma anche agli israeliani stessi,
che il Sionismo è un'ideologia che appoggia la pulizia etnica, l'occupazione, e
ora l'omicidio di massa. Ciò di cui ora si sente il bisogno non è solo di una
condanna della strage in corso, ma anche della delegittimazione di un'ideologia
che produce quella politica e la giustifica moralmente e politicamente.
Lasciateci sperare che voci significative nel mondo dicano allo Stato ebraico
che questa ideologia e l'intera condotta dello Stato sono intollerabili e
inaccettabili e fintanto che persistano, Israele verrà boicottata e sarà
soggetta a sanzioni.
Ma non sono un ingenuo. So che persino l'uccisione di centinaia di
palestinesi innocenti non sarebbe sufficiente a produrre un tale cambiamento
nell'opinione pubblica occidentale; ed è persino più improbabile che i crimini
commessi a Gaza spingano i governi europei a cambiare la loro linea politica
nei riguardi della Palestina.
Eppure, non possiamo permettere che il 2009 sia solo un altro anno, meno
carico di significato del 2008, l'anno commemorativo della Naqba, e che non ha
mantenuto le grandi speranze che noi tutti nutrivamo per il suo potenziale di
trasformare radicalmente l'attitudine del mondo occidentale verso la Palestina
e i palestinesi.
Sembra che persino i più orrendi crimini, come il genocidio di Gaza, siano
trattati come eventi avulsi dal contesto, svincolati da ogni evento del passato
e da ogni ideologia o sistema. In questo nuovo anno, dobbiamo provare a fare in
modo che l'opinione pubblica riconsideri la storia della Palestina e le
malefatte dell'ideologia Sionista come i migliori mezzi sia per spiegare le
operazioni di genocidio come quello in corso a Gaza che come un modo per
prevenire eventi peggiori a venire.
Nelle realtà accademiche, questo è già stato fatto. La nostra principale
sfida è quella di trovare una modalità efficace per spiegare il collegamento
tra l'ideologia Sionista e le passate politiche di distruzione, fino alla crisi
attuale. Potrebbe essere più agevole farlo mentre, sotto le circostanze più
terribili, l'attenzione mondiale è rivolta ancora una volta alla Palestina.
Sarebbe persino più difficile in tempi in cui la situazione possa sembrare "più
tranquilla" e meno drammatica. In tali momenti di "rilassamento", la soglia d'
attenzione limitata dei mezzi di informazione occidentali marginalizzerebbe
ancora una volta la tragedia palestinese, trascurandola per via degli orribili
genocidi in Africa o per via della crisi economica e degli scenari ecologici da
giudizio universale nel resto del mondo. Sebbene sia improbabile che l'
informazione occidentale sia interessata a fare scorte di storia, è solo
attraverso una valutazione storica che la mole dei crimini commessi contro il
popolo palestinese nel corso degli ultimi sessanta anni può essere esposta.
Quindi, è compito di un mondo accademico militante e dei media alternativi
quello di insistere su tale contesto storico. Queste figure non dovrebbero
sottrarsi, storcendo il naso, dall'informare l'opinione pubblica, e se tutto va
bene persino dallo spingere i politici più attenti a guardare agli eventi con
una prospettiva storica più ampia.
In modo analogo, potremmo essere in grado di trovare un modo più
comprensibile, paragonato a quello accademico e intellettuale, di spiegare
chiaramente che la politica di Israele degli ultimi sessanta anni deriva da una
ideologia razzista egemonica chiamata Sionismo, protetta da infiniti strati di
giusta furia. A dispetto della prevedibile accusa di antisemitismo e quant'
altro, è il momento di associare nella mente pubblica l'ideologia sionista con
gli oramai noti capisaldi storici del Paese: la pulizia etnica del 1948, l'
oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare,
la brutale occupazione della Cisgiordania e ora la strage di Gaza. Tanto quanto
l'ideologia dell'Apartheid ha spiegato le politiche oppressive del governo
sudafricano, questa ideologia -nella sua versione più condivisa e
semplicistica- ha permesso a tutti i governi israeliani del passato e del
presente di de-umanizzare i palestinesi ovunque essi si trovino e di aspirare a
distruggerli. I mezzi sono cambiati da un periodo all'altro e da un posto all'
altro, così come i racconti che nascondevano queste atrocità. Però c'è un
modello chiaro che non può essere discusso esclusivamente nelle torri d'avorio
accademiche, ma che deve fare parte del discorso politico sulla realtà
contemporanea della Palestina oggi.
Alcuni di noi, vale a dire coloro i quali sono impegnati per la pace e la
giustizia in Palestina, eludono inconsapevolmente questo dibattito
concentrandosi, e questo è comprensibile, sui Territori Occupati Palestinesi
(OPT) -la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Combattere là contro le politiche
criminali è una missione urgente. Ma questo non dovrebbe far passare il
messaggio che i poteri presenti in Occidente hanno adottato con gioia su
suggerimento d'Israele: che la Palestina è solo la Cisgiordania e la Striscia
di Gaza, e che i palestinesi sono unicamente le persone che vivono in quei
territori. Noi dovremmo ampliare la rappresentazione della Palestina in senso
geografico e demografico compiendo una narrazione storica degli avvenimenti del
1948, e richiedere pari diritti umani e civili per tutte le persone che vivono,
o un tempo vivevano, in quelli che oggi sono Israele e gli OPT.
Collegando l'ideologia Sionista e le politiche del passato alle presenti
atrocità, saremo in grado di fornire una spiegazione logica e trasparente alla
campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni.
Sfidare con mezzi nonviolenti uno Stato ideologico che non ammette dubbi
circa la propria rettitudine e che si permette, aiutato da un mondo taciturno,
di espropriare e distruggere la popolazione autoctona della Palestina, è una
causa giusta e morale. Sarebbe inoltre un modo efficace per stimolare l'
opinione pubblica, non solo contro l'attuale politica di genocidio a Gaza, ma
se tutto va bene anche per prevenire future atrocità.
Ma in misura più importante di ogni altra cosa, sgonfierebbe la bolla della
giusta furia che soffoca i palestinesi ogni volta che fa la sua comparsa.
Aiuterebbe a far cessare l'immunità occidentale all'impunità d'Israele. Senza
quell'immunità, si spera che sempre più persone in Israele comincino a vedere
la reale natura dei crimini commessi in loro nome e che la loro furia si
rivolga contro chi ha intrappolato loro e i palestinesi in questo inutile ciclo
di spargimento di sangue e violenza.
 www.electronicintifada.net
 www.ilanpappe.com
 http://www.forumpalestina.org/news/2007/Maggio07/29-05-
07Palestinesi_Israeliani.htm
Nota
Propongo un recente intervento dello storico israeliano Ilan Pappé, docente
all'Università di Exeter. Ringrazio l'autore per il permesso a pubblicare e la
testata The Electronic Intifada, vivamente consigliata, sulla quale
l'intervento è apparso il 2 gennaio. [Alberto Pesavento]
http://www.carmillaonline.com/archives/2009/01/002898.html#002898

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Stefano Sarfati Nahmad
GUERRA UMANITARIA
Ascolta, ascolta Israele!
Hai fatto una strage di bambini e hai dato la colpa ai loro genitori dicendo
che li hanno usati come scudi. Non so pensare a nulla di più infame. A distanza
di una generazione in nome di ciò che hai subito, hai fatto lo stesso ad altri:
li hai chiusi ermeticamente in un territorio, e hai iniziato ad ammazzarli con
le armi più sofisticate, carri armati indistruttibili, elicotteri
avveniristici, rischiarando di notte il cielo come se fosse giorno, per
colpirli meglio. Ma 688 morti palestinesi e 4 israeliani non sono una vittoria,
sono una sconfitta per te e per l'umanità intera.
Ascolta Israele!
Io non rinnego la mia storia, la storia della mia famiglia, che è passata
dalla Shoah. Però rinnego te, lo Stato di Israele, perché hai creduto di poter
far valere il credito della Shoah per liberarti del popolo palestinese e
occupare la sua terra. Ma non è così che vanno le cose, non è così la vita. Il
popolo di Israele deve vivere di vita propria e non vivere della morte altrui.
Ascolta Israele!
Io non rinnego la mia storia, la storia della mia famiglia che è passata
dalla Shoah, ma io oggi sono palestinese. Io sto dalla parte del popolo
palestinese e della sua eroica resistenza. Io sto con l'eroica resistenza delle
donne palestinesi che hanno continuato fare bambine e bambini palestinesi nei
campi profughi, nei villaggi tagliati a metà dai muri che tu hai costruito, nei
villaggi a cui hai sradicato gli ulivi, rubato la terra. Sto con le migliaia di
palestinesi chiusi nelle tue prigioni per aver fatto resistenza al tuo piano di
annessione.
Ascolta Israele!
Non ci sarà Israele senza Palestina ma potrà esserci Palestina senza Israele,
perché il tuo credito, ormai completamente prosciugato dalla tua folle e
suicida politica, non era nei confronti del popolo palestinese che contro di te
non aveva alzato un dito, ma era nei confronti del popolo tedesco, italiano,
polacco, francese, ungherese e in generale europeo; ed è colpevole la sua
inazione.
Asolta Israele, ascolta questi nomi: Deir Yassin, Tel al-Zaatar, Sabra e
Chatila, Gaza. Sono alcuni nomi, iscritti nella Storia, che verranno fuori ogni
qualvolta si vedrà alla voce: Israele.
Il Manifesto 9-01-09