Invio articolo 29, articolo 30 e
Dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei
gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le
libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti
***
Art. 29
“Responsabilità sociale”
Oggi, lunedì 8 dicembre 2008, leggiamo insieme il ventinovesimo
articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Articolo 29 della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani
“1. Ogni individuo ha doveri verso la comunità, nella quale soltanto è
possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve
essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite
dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti
e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della
morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società
democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere
esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite”.
Segue il commento del
prof. Antonio Papisca.
“Il penultimo Articolo della Dichiarazione
universale ricorda agli individui che ai loro diritti fondamentali
corrispondono altrettanti doveri non meno fondamentali. L’ultimo
Articolo, il 30, farà lo stesso discorso in punto di obblighi agli
Stati.
Nelle conferenze pubbliche che mi capita di
fare, c’è spesso qualcuno che al termine obietta: lei ha parlato
soltanto di diritti, dovrebbe parlare anche dei doveri, anzi dovrebbe
parlare prima dei doveri e poi dei diritti.
La mia risposta, ovviamente, è che diritti
e doveri sono le due facce di una stessa medaglia che si chiama:
responsabilità personale e sociale della persona. Ciascuna persona, in
quanto soggetto titolare, in via originaria, di diritti fondamentali, è
radice di legge fondamentale, dunque grembo, pro quota, di sovranità
popolare.
La consapevolezza di avere doveri verso gli
altri e verso la comunità di appartenenza nel suo insieme, combacia con
la consapevolezza di essere noi, ciascuno di noi, legge fondamentale.
Il ‘soggetto’ destinatario dello Ius positum universale dei diritti
umani è quello con le caratteristiche lumeggiate dal personalismo
comunitario: non è insomma l’individuo isolato ed egoista. La legge
impone “obblighi”, l’educazione fa emergere i “doveri” da declinare,
concretamente, quotidianamente, con assunzione di responsabilità nel
perseguire i beni personali nel più ampio contesto del bene comune a
livello locale, nazionale, mondiale. Il riferimento alla comunità
mondiale è reso esplicito nel terzo comma dell’Articolo 29: i principi
e i fini delle Nazioni Unite sono indicatori di bene comune universale,
da perseguire all’interno delle strategie, fra loro interconnesse, di
‘sviluppo umano’ e di ‘sicurezza umana’.
Nel contesto dei diritti umani,
doveri-obblighi-responsabilità si collegano al tema della cittadinanza
e dei relativi diritti. E’ difficile pretendere l’adempimento di doveri
da parte di coloro ai quali non sono riconosciuti diritti: per esempio,
nel caso degli immigrati regolarmente residenti in Italia, lavorare e
pagare le tasse, ma senza diritto di elettorato attivo e passivo.
Il secondo comma parla di restrizioni che
possono porsi all’esercizio dei diritti dei singoli. Esse sono
legittime in casi eccezionali, se si tratta di salvaguardare gli altrui
diritti e libertà fondamentali e di soddisfare le esigenze della morale
e dell’ordine pubblico nonché il benessere generale in una società
democratica. I diritti fondamentali della persona figurano nell’elenco
della Dichiarazione universale, delle successive Convenzioni
giuridiche, nella Costituzione Italiana: per la loro individuazione non
si pongono problemi. Più delicato è l’accertamento delle “esigenze”
pubbliche e la valutazione della loro “giustezza”. Delicato, perché
tale compito spetta allo Stato e ai suoi “poteri”: legislativo,
esecutivo, giudiziario. E’ di tutta evidenza che si tratta di
un’operazione la cui legittimità sostanziale è direttamente
proporzionale alla democraticità dei regimi e alla specifica competenza
e sensibilità dei governanti e di quanti esercitano funzioni pubbliche.
E’ lo stesso Diritto internazionale a porre dei paletti. Si deve essere
in presenza di circostanze di eccezionale gravità: catastrofi naturali,
dimostrazioni di massa violente, incidenti industriali di portata
maggiore (per esempio, con emissione di sostanze altamente tossiche),
tali da costituire, come recita l’Articolo 4 del Patto internazionale
sui diritti civili e politici, “pericolo pubblico eccezionale che
minacci l’esistenza della nazione” (quindi, non semplice ‘pericolo
pubblico’). In queste circostanze gli Stati possono adottare misure che
comportano la sospensione temporanea delle garanzie di alcuni diritti
fondamentali, a condizione che ciò sia deliberato con ‘atto ufficiale’
(dunque, trasparenza) e che non comporti la violazione del principio di
non-discriminazione.
Il citato Articolo 4 (v. anche l’omologo
articolo 15 della Convenzione europea sui diritti umani del 1950)
portante sui cosiddetti “stati d’eccezione”, stabilisce che la garanzia
di alcuni diritti fondamentali è assolutamente inderogabile, neppure
temporaneamente: diritto alla vita, divieto di tortura, di schiavitù,
di discriminazione, irretroattività della legge penale, riconoscimento
della personalità giuridica. Inderogabili sono anche i diritti alla
libertà di pensiero, di coscienza e di religione, riconosciuti
dall’Articolo 18 della Dichiarazione universale. A proposito di questi
diritti, è il caso di sottolineare che quanto attiene alla costruzione
di una moschea o di altro tempio religioso rientra, in via principale,
nella sfera d’applicazione dell’Articolo 18 della Dichiarazione, non
dell’Articolo 4 del Patto internazionale.
Il Comitato diritti umani (civili e
politici) delle Nazioni Unite, esercitando la sua funzione di
interprete autentico dell’Articolo 4 del Patto, parla al riguardo di
obblighi che hanno la natura di norme perentorie (peremptory norms) di
Diritto internazionale generale. Lo Stato che voglia avvalersi di
questa facoltà di deroga deve informarne il Segretario Generale delle
Nazioni Unite sui motivi e sulla presunta durata della deroga. Presso
le Nazioni Unite è consultabile un apposito registro nel quale figurano
i vari ‘stati d’eccezione’ in atto: la pubblicità come garanzia.
Siamo in presenza di una norma
internazionale che tenta di mettere insieme i diritti innati della
persona e la sovranità degli stati, con una intrinseca illogicità: se
per i diritti umani vale, tra gli altri, il principio della loro
interdipendenza e indivisibilità, non si vede come sia possibile
discriminare fra diritti tutti egualmente fondamentali…
Un aspetto interessante riguarda
l’inderogabilità assoluta del diritto alla vita. Il citato Comitato
diritti umani (civili e politici) delle Nazioni Unite ha affermato che
l’inderogabilità di certi diritti, tra i quali appunto il diritto alla
vita, vale anche nei conflitti armati: saltando qualche passaggio, c’è
qui la conferma che la guerra è vietata e che la pena di morte deve
essere parimenti vietata.
Certamente delicato è anche l’accertamento
della morale pubblica, una materia sulla quale bisogna procedere avendo
in mente il concetto di laicità quale indicizzata da “tutti i diritti
umani per tutti”, compresi dunque i diritti rafforzati dei soggetti più
vulnerabili a cominciare da quelli dei bambini. Nella misurazione della
moralità pubblica, deve pertanto tenersi conto del principio del
“superiore e migliore interesse del bambino” quale principio generale
di qualsiasi ordinamento.
Anche e soprattutto per questa
delicatissima materia dei limiti ai diritti fondamentali della persona,
si rende necessario integrare le funzioni dei tradizionali organi di
garanzia (magistratura ordinaria e costituzionale) con quelle delle
cosiddette Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani: Commissione
Nazionale, Difensore Civico Nazionale, Garante Nazionale dei Diritti
dell’Infanzia, secondo i principi stabiliti dalle Nazioni Unite (in
particolare, indipendenza dall’Esecutivo). Questi organi hanno il
compito di sorvegliare la situazione dei diritti umani, fornire
consulenza al governo e al parlamento, avanzare proposte di
miglioramento della legislazione e degli strumenti di garanzia, rendere
più efficace l’intero sistema di garanzie mediante l’esercizio di
funzioni di prevenzione delle violazioni e di tutela, per via
extra-giudiziaria, dei diritti dei cittadini nelle loro controversie
con le pubbliche amministrazioni.
Anche e soprattutto per l’esercizio delle
funzioni d’autorità delle pubbliche istituzioni si rende indispensabile
l’educazione e l’addestramento del relativo personale per il rispetto e
la garanzia dei diritti umani: dai funzionari civili ai militari, dai
magistrati ai poliziotti.
Naturalmente, l’incipit sta nei programmi
di educazione civica, in ambito sia scolastico che extra-scolastico.”
30 giorni x 30 articoli.
Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un
articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 30
"Non violateli più"
La Tavola della pace rinnova
l'appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Oggi, martedì 9 dicembre 2008, alla vigilia del 60° anniversario,
leggiamo insieme il trentesimo articolo della Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani.
Articolo 30 della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani
"Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato
nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o
persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla
distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati".
Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
"Questo Articolo chiude la Dichiarazione universale. Il commento che ne
facciamo pone la parola fine alla piccola "vulgata diritti umani", che
abbiamo costruito per spunti rapidi di riflessione. Ogni articolo come
la tappa di un pellegrinaggio, o di una piccola Marcia per la Pace
Perugia-Assisi, sulla via della promozione della eguale dignità di
"tutti i membri della famiglia umana". Ogni diritto una sosta, per
interiorizzarne un valore universale e motivarci all'azione.
L'Articolo 30 è particolarmente impegnativo. Innanzitutto perché tra i
suoi destinatari mette insieme gli stati, i gruppi, le singole persone,
tutti accomunati dall'obbligo di non porre in atto comportamenti che
abbiano come scopo la distruzione dei diritti e delle libertà
fondamentali quali riconosciuti dalla Dichiarazione universale e dalle
successive Convenzioni giuridiche che formano il vigente Diritto
internazionale. Questa 'comunanza' di soggetti sta ad indicare che la
persona umana in quanto tale è soggetto di Diritto internazionale. Si
parla di "distruzione", assumendo che ci sono atti privati e pubblici
che possono condurre appunto all'annientamento dei diritti
internazionalmente riconosciuti. Anche una singola persona, se
particolarmente potente, può distruggere la meravigliosa costruzione
universale dei diritti. L'omicidio, la pena di morte, la guerra,
politiche di asservimento all'economia senza regole uccidono i diritti
umani. Chi delibera l'aggressione ad un paese o la realizzazione di una
"guerra preventiva" incorre nel perentorio divieto dell'Articolo 30. Ci
sono teorie e pubblicazioni che, più o meno subdolamente, inneggiano
alle guerre sante o rispolverano l'incubo del bellum iustum o
spiegano (giustificano...) lo scontro delle civiltà: i loro autori
incorrono nella sanzione morale dell'Articolo 30.
C'è anche chi riconosce di aver sbagliato facendo guerre preventive o
strozzando la vita sociale con l'"aggiustamento strutturale": ci si
domanda se non sia il caso di allargare la tipologia dei crimini contro
l'umanità. La guerra preventiva, con tutto quello che ha provocato, non
è una marachella. Lo stesso dicasi per certe decisioni di politica
economica. La logica dei due pesi-due misure è incompatibile con la
giustizia dei diritti umani.
Il contenuto dell'Articolo 30, suffragato da competente dottrina e
giurisprudenza interna e internazionale, dice che i diritti umani e le
libertà fondamentali non sono una concessione degli Stati, non sono
spiegabili con teorie contrattualistiche. I diritti fondamentali sono
innati, una volta formalmente riconosciuti con appropriati strumenti
giuridici (Costituzioni, Convenzioni giuridiche internazionali) non
possono essere cancellati anche se ad esercitare questo compito
barbarico fosse un parlamento. Non è dato tornare indietro. Il
messaggio che l'Articolo 30 rivolge agli stati e a tutti è: andare
avanti, sulla via del perfezionamento degli ordinamenti e delle
politiche avendo come punto di riferimento la centralità della persona
umana e il superiore-migliore interesse dei bambini.
In certi ambienti di erudita supponenza persiste il vizio salottiero di
continuare a disquisire sul fondamento dei diritti umani, nella piena
ignoranza di ciò che si è costruito e sviluppato, in termini di diritto
e di mobilitazione operativa, a partire dalla Dichiarazione universale.
Si fa finta di non essere stati (opportunamente, felicemente) presi in
contropiede dall'Articolo 1 della Dichiarazione. Invece di partire da
ciò che c'è di obiettivamente buono e positivo per passare
all'applicazione delle norme, a fare dei diriti umani un'Agenda
politica puntuale e incalzante, si tenta di rimettere in discussione
tutto e ripartire da zero. Oppure, in ambienti meno salottieri, si
insiste nel denunciare le violazioni dei diritti umani per concludere
che le 'carte' giuridiche sono inutili, i diritti umani sono
un'invenzione dell'occidente, non sono comprensibili in altre culture,
e via dicendo. Anche in questo caso si fa il gioco di quanti, in
posizione di potere, vogliono riportare all'ora zero l'orologio del
Diritto internazionale dei diritti umani. Classi governanti di potenti
stati è come se si fossero pentite di ciò che i loro padri illuminati
hanno "inventato" nel corso degli anni quaranta del secolo ventesimo.
E invece, la strada maestra è quella che, lungi dall'azzerare, parte
dalla conoscenza di ciò che di buono è stato impiantato negli ultimi
sessanta anni: per denunciare le violazioni dei diritti umani - non le
norme che li riconoscono! - e, soprattutto, per fare dei diritti umani
altrettanti punti all'ordine del giorno dell'Agenda politica.
In conclusione sul punto, se la legge è buona e giusta, si parta dalla
legge per applicarla, non dalle sue violazioni per buttarla nel cestino.
Non si abbia reticenza a dire che i diritti umani sono universali: c'è
l'universalità logica (un diritto umano o diritto fondamentale non è
tale se non è universale) e c'è l'universalizzazione reale, sul campo,
dei diritti umani: ovunque nel mondo, dove si attenta alla vita e
all'integrità fisica e psichica della persona, dove ci sono guerre,
violenze sulle donne e i bambini, epidemie, fame, sete, deforestazioni,
sale l'invocazione, anzi il grido: diritti umani, parole percepite come
equivalenti a 'bisogni vitali', a 'urgenze esistenziali'. Certamente,
c'è un problema di inculturazione all'interno delle storie particolari
dei popoli e dei gruppi: i sistemi regionali dei diritti umani -
europeo, interamericano, africano, l'incipiente sistema arabo -
esistono per rispondere a questa necessità. Dal canto loro, gli
studiosi dei diritti umani si sforzano di individuare principi e valori
che sono comuni alle radici delle grandi culture.
La democrazia è certamente un valore e un diritto fondamentale radicato
nella dignità umana, ma la democrazia-metodo varia a seconda dei
contesti. E comunque, il discorso dei diritti umani è quello della
gradualità, della comunicazione, della dialogicità, del dare l'esempio.
Nell'ultima tappa della nostra piccola maratona, c'è una dedica: ai
"difensori dei diritti umani", in particolare ai tanti ragazzi e
ragazze che hanno animato la Marcia per la Pace Perugia-Assisi del 7
ottobre 2007, perché si confermino nella loro determinazione di portare
avanti, con rinnovata lena, la costruzione di un altro mondo, segnato
dal rispetto di tutti i diritti umani per tutti.
C'è la consegna a ognuno/a della Magna Charta dei difensori dei
diritti umani, contenuta nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del
1998 "sulla responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi
della società di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà
fondamentali universalmente riconosciuti".
Il testo è allegato, a complemento della Dichiarazione universale del
1948."
Antonio Papisca
Cattedra UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il
Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova (antonino.papisca at unipd.it).
Dichiarazione sul
diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi
della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i
diritti umani universalmente riconosciuti
Adottata dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite con Risoluzione 53/144 del 9 Dicembre 1998
L’Assemblea Generale,
Riaffermando l’importanza dell’osservanza
dei fini e dei princìpi della Carta delle Nazioni Unite per la
promozione e la protezione di tutti i diritti umani e le libertà
fondamentali per tutti in tutti i paesi del mondo,
Riaffermando inoltre l’importanza della
Dichiarazione universale dei diritti umani e dei Patti Internazionali
sui diritti umani quali elementi portanti dell’impegno internazionale
per promuovere il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani
e delle libertà fondamentali e l’importanza degli altri strumenti per i
diritti umani adottati all’interno del sistema delle Nazioni Unite,
così come di quelli adottati a livello regionale,
Sottolineando che tutti i membri della
comunità internazionale devono adempiere, insieme e separatamente,
l’obbligo solenne di promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti
umani e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di
sorta, incluse quelle fondate sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla
lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di altro genere,
sull’origine nazionale o sociale, sulla proprietà, sulla nascita o su
altro status, e riaffermando la particolare importanza di una effettiva
cooperazione internazionale per adempiere tale obbligo secondo quanto
previsto dalla Carta delle Nazioni Unite,
Riconoscendo l’importante ruolo della
cooperazione internazionale e l’apprezzabile lavoro di individui,
gruppi e associazioni nel contribuire all’effettiva eliminazione di
tutte le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei
popoli e degli individui, incluse le violazioni massicce, flagranti e
sistematiche come quelle risultanti dall’apartheid, da tutte le forme
di discriminazione razziale, dal colonialismo, dal dominio o
dall’occupazione straniera; dall’aggressione o dalle minacce alla
sovranità nazionale, all’unità nazionale o all’integrità territoriale,
e dal rifiuto di riconoscere il diritto di autodeterminazione dei
popoli ed il diritto di ogni popolo di esercitare la piena sovranità
sulle proprie ricchezze e risorse naturali,
Riconoscendo la relazione tra la pace e la
sicurezza internazionale e la possibilità di godere i diritti umani e
le libertà fondamentali, e consapevoli del fatto che la mancanza di
pace e sicurezza internazionale non giustifica l’inadempienza,
Ribadendo che tutti i diritti umani e le
libertà fondamentali sono universali, indivisibili, interdipendenti e
correlati e dovrebbero essere promossi ed attuati in maniera giusta ed
equa, senza pregiudicare l’attuazione di ciascuno di tali diritti e
libertà,
Sottolineando che la responsabilità e il
dovere primario di promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali
risiede nello Stato,
Riconoscendo il diritto e la responsabilità
degli individui, dei gruppi e delle associazioni di promuovere il
rispetto e la conoscenza dei diritti umani e delle libertà fondamentali
a livello nazionale e internazionale,
Dichiara:
Articolo 1
Tutti hanno il diritto, individualmente ed
in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e
la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a
livello nazionale ed internazionale.
Articolo 2
1. Ogni Stato ha la responsabilità primaria
ed il dovere di proteggere, promuovere ed attuare tutti i diritti umani
e le libertà fondamentali, tra l’altro, adottando le misure necessarie
per creare tutte le indispensabili condizioni sociali, economiche,
politiche e di altro genere, come pure le garanzie legali richieste per
assicurare che tutte le persone sotto la sua giurisdizione,
individualmente ed in associazione con altri, possano godere tutti quei
diritti e quelle libertà nella pratica.
2. Ogni Stato deve intraprendere ogni
azione legislativa, amministrativa o di altro genere che risulti
necessaria per assicurare che i diritti e le libertà di cui alla
presente Dichiarazione, siano effettivamente garantiti.
Articolo 3
L’ordinamento giuridico nazionale, nel
rispetto della Carta delle Nazioni Unite e degli altri obblighi
internazionali dello Stato nel campo dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, costituisce la cornice giuridica al cui interno le
libertà fondamentali e i diritti umani devono essere attuati e goduti
ed in cui le attività per la promozione, la protezione e l’effettiva
realizzazione dei diritti e libertà di cui alla presente Dichiarazione
devono essere condotte.
Articolo 4
Nulla nella presente dichiarazione deve
essere interpretato in modo da danneggiare o contraddire i fini e i
principi della Carta delle Nazioni Unite o da restringere o derogare le
norme della Dichiarazione universale dei diritti umani, dei Patti
internazionali sui diritti umani e degli altri strumenti ed impegni
internazionali applicabili in questo campo.
Articolo 5
Allo scopo di promuovere e proteggere i
diritti umani e le libertà fondamentali, tutti hanno il diritto,
individualmente ed in associazione con altri, a livello nazionale ed
internazionale: a) di riunione e assemblea pacifica;
b) di formare, aderire e partecipare a
organizzazioni nongovernative, associazioni o gruppi;
c) di comunicare con organizzazioni
nongovernative o intergovernative.
Articolo 6
Tutti hanno il diritto, individualmente ed
in associazione con altri: a) di conoscere, ricercare, ottenere,
ricevere e detenere informazioni riguardo a tutti i diritti umani e le
libertà fondamentali, incluso l’accesso alle informazioni sul modo in
cui si dia effetto a tali diritti e libertà nei sistemi legislativi,
giuridici o amministrativi interni;
b) in conformità con quanto previsto negli
strumenti internazionali sui diritti umani ed in altri strumenti
applicabili, di pubblicare liberamente, comunicare o distribuire ad
altri opinioni, informazioni e conoscenze su tutti i diritti umani e le
libertà fondamentali;
c) di studiare, discutere, formulare ed
esprimere opinioni sull’osservanza, sia nella legge che nella pratica,
di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali e, attraverso questi
ed altri mezzi appropriati, di attirare la pubblica attenzione su
questa materia.
Articolo 7
Tutti hanno diritto, individualmente ed in
associazione con altri, di sviluppare e discutere nuove idee e principi
sui diritti umani e di promuovere la loro accettazione.
Articolo 8
1. Tutti hanno diritto, individualmente ed
in associazione con altri, di partecipare ed avere effettivo accesso,
su basi non discriminatorie, al governo del proprio paese e alla
conduzione degli affari pubblici.
2. Questo include, tra l’altro, il diritto,
individualmente ed in associazione con altri, di sottoporre agli organi
governativi ed alle agenzie ed organizzazioni coinvolte negli affari
pubblici, critiche e proposte per migliorare il loro funzionamento e
per attirare l’attenzione su ogni aspetto della loro attività che possa
ostacolare o impedire la promozione, la protezione e la realizzazione
dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Articolo 9
1. Nell’esercizio dei diritti umani e delle
libertà fondamentali, inclusa la promozione e la protezione dei diritti
umani di cui alla presente Dichiarazione, tutti hanno diritto,
individualmente ed in associazione con altri, di beneficiare di
effettivi rimedi e di essere protetti in caso di violazione di tali
diritti.
2. A questo fine, tutti coloro che adducano
la violazione dei propri diritti o libertà hanno il diritto, sia di
persona che attraverso un rappresentante legale autorizzato, di
avanzare ricorsi e di ottenerne il pronto esame in una pubblica udienza
di fronte ad una autorità indipendente, imparziale e competente,
giudiziaria o di altra natura, istituita per legge e di ottenere da
tale autorità una decisione, conforme alla legge, che fornisca un
risarcimento, incluso un adeguato indennizzo, ove vi sia stata una
violazione dei diritti o delle libertà di quella persona, ed
all’esecuzione dell’eventuale decisione e risarcimento, senza ritardi
eccessivi.
3. Allo stesso fine, tutti hanno diritto,
individualmente ed in associazione con altri, tra l’altro:
a) di protestare contro le politiche e le
azioni di singoli funzionari e organi governativi con riferimento a
violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tramite
petizione o altri mezzi appropriati, presso le competenti autorità
giudiziarie, amministrative o legislative, o presso qualunque altra
autorità competente prevista dal sistema legale dello Stato, la quale
dovrebbero decidere sul reclamo senza ritardi indebiti;
b) di assistere a pubbliche udienze,
procedimenti e processi in modo da formarsi un’opinione circa la loro
conformità alla legislazione nazionale e agli obblighi e impegni
internazionali applicabili;
c) di offrire e fornire assistenza legale
professionale qualificata o altra pertinente consulenza e assistenza
nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
4. Allo stesso fine, ed in accordo con le
procedure e gli strumenti internazionali applicabili, tutti hanno
diritto, individualmente ed in associazione con altri, di accedere
liberamente e di comunicare con gli organi internazionali dotati della
competenza generale o speciale di ricevere e considerare comunicazioni
in materia di diritti umani e libertà fondamentali.
5. Lo Stato deve condurre un’indagine
pronta ed imparziale o assicurare che si svolga un’inchiesta ogni qual
volta vi sia il ragionevole motivo di credere che una violazione dei
diritti umani e delle libertà fondamentali abbia avuto luogo nei
territori sotto la sua giurisdizione.
Articolo 10
Nessuno deve partecipare, con atti o
omissioni, alla violazione dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, e nessuno deve essere soggetto a punizione o a qualunque
tipo di azione vessatoria per essersi rifiutato di farlo.
Articolo 11
Tutti hanno il diritto, individualmente ed
in associazione con altri, al legittimo esercizio della propria
occupazione o professione. Chiunque, in virtù della propria
professione, possa nuocere alla dignità umana, ai diritti umani e alle
libertà fondamentali altrui deve rispettare tali diritti e libertà e
rispettare i pertinenti standard nazionali ed internazionali di
condotta o etica professionale e lavorativa.
Articolo 12
1. Tutti hanno diritto, individualmente ed
in associazione con altri, di partecipare ad attività pacifiche contro
le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
2. Lo Stato deve prendere tutte le misure
necessarie per assicurare la protezione, da parte delle autorità
competenti, di chiunque, individualmente ed in associazione con altri,
contro violenze, minacce, ritorsioni, discriminazione vessatorie di
fatto o di diritto, pressioni o altre azioni arbitrarie conseguenti al
legittimo esercizio dei diritti di cui alla presente Dichiarazione.
3. A questo riguardo, tutti hanno diritto,
individualmente ed in associazione con altri, di essere protetti
efficacemente dalla legislazione nazionale ove reagiscano o si
oppongano, con mezzi pacifici, ad attività ed atti, incluse le
omissioni, che, attribuibili allo Stato, provochino violazioni dei
diritti umani e delle libertà fondamentali, così come ad atti di
violenza perpetrati da gruppi o individui che incidano il godimento dei
diritti umani e delle libertà fondamentali.
Articolo 13
Tutti hanno diritto, individualmente ed in
associazione con altri, di sollecitare, ricevere ed utilizzare risorse
con il fine esplicito di promuovere e proteggere, attraverso mezzi
pacifici, i diritti umani e le libertà fondamentali, in conformità
all’articolo 3 della presente Dichiarazione.
Articolo 14
1. Lo Stato ha la responsabilità di
prendere appropriate misure legislative, giudiziarie, amministrative o
di altro genere, per promuovere la comprensione dei propri diritti
civili, politici, economici, sociali e culturali da parte di tutte le
persone che si trovano sotto la sua giurisdizione.
2. Tali misure devono comprendere, tra le
altre: a) la pubblicazione e la vasta disponibilità delle leggi e dei
regolamenti nazionali e dei fondamentali strumenti internazionali sui
diritti umani applicabili;
b) l’accesso pieno ed eguale ai documenti
internazionali nel campo dei diritti umani, inclusi i rapporti
periodici dello Stato agli organi istituiti dai trattati internazionali
sui diritti umani dei quali lo Stato è parte, così come i resoconti
sintetici delle discussioni e dei rapporti ufficiali di questi
organismi.
3. Lo Stato deve assicurare e sostenere,
ove appropriato, la creazione e lo sviluppo di ulteriori istituzioni
nazionali indipendenti per la promozione e protezione dei diritti umani
e delle libertà fondamentali in tutto il territorio sotto la sua
giurisdizione, siano essi ombudsman (difensori civici), commissioni sui
diritti umani o qualsiasi altro tipo di istituzione nazionale.
Articolo 15
Lo Stato ha la responsabilità di promuovere
e facilitare l’insegnamento dei diritti umani e delle libertà
fondamentali a tutti i livelli educativi e di assicurare che tutti i
responsabili della formazione di avvocati, personale addetto al
rispetto della legge, personale delle forze armate e pubblici
ufficiali, inseriscano appropriati elementi di insegnamento dei diritti
umani nei loro programmi di formazione.
Articolo 16
Gli individui, le organizzazioni
nongovernative e le istituzioni competenti giocano un importante ruolo
nel contribuire ad una maggiore consapevolezza pubblica delle questioni
relative a tutti i diritti umani e le libertà fondamentali, attraverso
attività quali l’educazione, la formazione e la ricerca in questi campi
per rafforzare ulteriormente, tra l’altro, la comprensione, la
tolleranza, la pace e le relazioni amichevoli tra le nazioni e tra
tutti i gruppi razziali e religiosi, tenendo conto dei diversi contesti
sociali e comunitari in cui svolgono le proprie attività.
Articolo 17
Nell’esercizio dei diritti e delle libertà
di cui alla presente Dichiarazione, tutti, agendo individualmente o in
associazione con altri, saranno soggetti alle sole limitazioni che,
conformi agli obblighi internazionali applicabili, siano determinate
dalla legge con l’esclusivo fine di assicurare il dovuto riconoscimento
e rispetto dei diritti e delle libertà altrui, e di soddisfare i giusti
requisiti della moralità, dell’ordine pubblico e del benessere generale
in una società democratica.
Articolo 18
1. Tutti hanno doveri verso e all’interno
della comunità, nella quale soltanto il libero e pieno sviluppo della
loro personalità è possibile.
2. Gli individui, i gruppi, le istituzioni
e le organizzazioni nongovernative hanno un importante ruolo e
responsabilità nella salvaguardia della democrazia, nella promozione
dei diritti umani e delle libertà fondamentali e nel contribuire alla
promozione e al progresso delle società, delle istituzioni e dei
processi democratici.
3. Gli individui, i gruppi, le istituzioni
e le organizzazioni nongovernative hanno inoltre un importante ruolo e
responsabilità nel contribuire, ove appropriato, alla promozione del
diritto di tutti ad un ordine sociale ed internazionale in cui i
diritti e le libertà sancite dalla Dichiarazione universale dei diritti
umani e dagli altri strumenti sui diritti umani siano pienamente
realizzati.
Articolo 19
Nulla nella presente Dichiarazione deve
essere interpretato in modo tale da implicare il diritto di qualsiasi
individuo, gruppo o organo della società o di qualsiasi Stato di
intraprendere qualsivoglia attività o di compiere qualsiasi atto
mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà di cui alla
presente Dichiarazione.
Articolo 20
Nulla nella presente Dichiarazione deve
essere interpretato in modo tale da permettere agli Stati di sostenere
e promuovere attività di individui, gruppi di individui, istituzioni o
organizzazioni nongovernative contrarie alle norme della Carta delle
Nazioni Unite.
Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul
sito: www.perlapace.it.
Perugia, 8 dicembre 2008
Ufficio Stampa Tavola della pace
Floriana Lenti 338/4770151
tel. +39 075 5734830 - Fax +39 075 5721234
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