Re:[pace] 30 giorni x 30 articoli: articolo 5



Avrete fatto anche precedenti invii, su altri articoli. Li posso avere? Vi ringrazio e mi scuso.
Gio Pagani





> 
> *30 giorni x 30 articoli.
> *Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un articolo
> della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
> *Art. 5
> **"Senza deroghe"
> *La Tavola della pace rinnova l'appello ai direttori dei TG della RAI:
> bastano pochi secondi al giorno nei TG
> 
> 
> 
> 
> Oggi, venerdì 14 novembre 2008, leggiamo insieme il quinto articolo 
> della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
> 
> *Articolo 5 **della* Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
> *"Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a 
> punizioni crudeli, inumani o degradanti".**
> 
> *Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
> 
> "Non sono ammesse deroghe al divieto, neppure nel contesto di 'stati di 
> necessità'. La tortura figura nell'elenco dei crimini contro l'umanità, 
> come tale perseguibile anche ai sensi del Diritto internazionale penale 
> e del Diritto internazionale umanitario.
> Non c'è bisogno di sottolineare che quanto vietato dall'articolo 5 è tra 
> le cose più ripugnanti che l'essere umano possa mettere in atto a danno 
> dell'integrità psichica e fisica di persone in condizioni di particolare 
> vulnerabilità. Al perentorio divieto sancito dal diritto si accompagnano 
> sdegno, ribrezzo, incondizionata condanna morale.
> La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, 
> inumani o degranti, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite 
> il 10 dicembre 1984, stabilisce all'articolo 1 la seguente definizione 
> di tortura:
> "/Qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una 
> persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine 
> segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o 
> confessioni, di punirla per un reato che essa o una terza persona ha 
> commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione 
> su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per 
> qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, 
> qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della 
> funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, 
> o su sua istigazione, o col suo consenso espresso o tacito. Tale termine 
> non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da 
> sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate/".
> 
> Si evince che per questa fattispecie di crimini occorre che il soggetto 
> che li perpetra abbia uno status, più o meno elevato, di pubblica 
> autorità. Se questo manca, la fattispecie criminologica assume altro 
> nome. Il danno prodotto dai comportamenti interdetti può essere di 
> natura sia fisica sia psicologica. Il comma 3 dell'articolo 2 della 
> citata Convenzione dispone che "l'ordine di un superiore o di 
> un'autorità pubblica non può essere invocato a giustificazione della 
> tortura". In altre parole, il subordinato può rifiutarsi di eseguire 
> l'ordine del suo superiore e questo non può punirlo. Nei primi mesi 
> della guerra nella ex Jugoslavia, all'inizio degli anni novanta, ci 
> furono molti disertori. L'Asssemblea dei Cittadini di Helsinki, la rete 
> di società civile sognata in carcere da Vaclav Havel e da altri 
> difensori dei diritti umani di "Charta 77",, diffuse allora un documento 
> in cui, con puntuale richiamo del comma 3 citato, si sosteneva la 
> legittimità (diritto-dovere) della diserzione dalla guerra civile 
> (fratricida) assimilando questa alla tortura.
> In materia è anche in vigore una Convenzione europea del 1989. In virtù 
> sia di questa sia della Convenzione ONU del 1984 sono in funzione due 
> appositi Comitati formati da esperti indipendenti, col compito di 
> monitorare l'applicazione delle rispettive Convenzioni e, per il 
> Comitato europeo, anche di effettuare visite direttamente nei luoghi di 
> detenzione temporanea (posti di polizia) o permanente (carceri).
> Nonostante la pressione esercitata dai pertinenti organi delle Nazioni 
> Unite, il Codice penale italiano non contiene ancora una norma che 
> preveda, espressamente, il reato di 'tortura'. Nei primi anni 2000, ci 
> furono dibattiti e proposte in Parlamento. Ci fu chi avanzò una proposta 
> con una definizione di tortura per così dire lassista avuto riguardo 
> all'entità delle sofferenze psichiche, nel senso che, perché si 
> configurasse il reato, occorreva che la minaccia di inflizione di danno 
> venisse iterata. Insomma, non sarebbe bastato che il pubblico ufficiale 
> dicesse una sola volta "se non parli, ci saranno gravi conseguenze per 
> tuo padre o tua sorella". Avrebbe dovuto ripetere la minaccia due, tre, 
> quattro volte. Vergogna. Il tentativo era di snaturare il concetto 
> fissato dalla Convenzione Onu. Occorre vigiliare perché in Italia il 
> concetto di tortura sia mutuato alla lettera dall'articolo 1 di detta 
> Convenzione.
> Nei regimi autoritari la pratica della tortura e di atti equivalenti è 
> all'ordine del giorno. Circolano tuttora manuali di addestramento, anche 
> di sofisticato taglio 'medico', su come infliggere tortura che non 
> comporti però la morte dei torturati. Nella storia recente, si 
> ricordano, tra gli altri, i casi del Cile e dell'Argentina. Più vicino a 
> noi, ci sono i casi di Abu Ghraib e di Guantanamo, abbondantemente 
> corredati di testimonianze, fotografie (e qualche blanda condanna).
> Nella situazione di insicurezza che stiamo vivendo, occorre vigilare 
> perché si spengano sul nascere le tentazioni di autoritarismo (v. i 
> /Patriot Acts/), cioè di disinvolta violazione dei diritti umani, 
> compreso quello all'integrità fisica e psichica, e di elementari 
> principi dello stato di diritto. Senza dimenticare che la pratica del 
> razzismo e della xenofobia si traduce in atti inumani, crudeli e 
> degradanti, assolutamente vietati al pari della tortura.
> L'articolo 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici 
> (ratificato dall'Italia nel 1977) dispone: "/1. Qualsiasi propaganda a 
> favore della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi 
> appello all'odio nazionale, razziale o religioso che costituisca 
> incitamento alla discriminazione, all"ostilità o alla violenza deve 
> essere vietato dalla legge/". In sostanza, il razzismo viene equiparato 
> alla guerra. Terreno comune: tortura e comportamenti affini.
> Nei nostri paesi democratici, antidoti efficaci sono l'educazione degli 
> operatori della giustizia e delle forze di polizia (e di custodia) al 
> rispetto dei diritti umani e il monitoraggio capillare condotto dalle 
> organizzazioni di società civile e di volontariato."
> 
> *Antonio Papisca
> *Cattedra UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il Centro 
> interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli 
> dell'Università di Padova (_antonino.papisca@unipd.it_).
> 
> Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul 
> sito: *www.perlapace.it*.
> 
> Perugia, 14 novembre 2008
> 
> Ufficio Stampa Tavola della pace
> *Floriana Lenti* 338/4770151
> tel. +39 075 5734830 - Fax +39 075 5721234
> email: *stampa at perlapace.it* - sito: *www.perlapace.it
> 
> *
> 
> *
> */In ottemperanza al D.L. n. 196 del 30/6/2003 in materia di protezione 
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