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Re:[pace] 30 giorni x 30 articoli: articolo 5
- Subject: Re:[pace] 30 giorni x 30 articoli: articolo 5
- From: "pagani\.minelli\@libero\.it" <pagani.minelli at libero.it>
- Date: Mon, 17 Nov 2008 10:45:43 +0100
Avrete fatto anche precedenti invii, su altri articoli. Li posso avere? Vi ringrazio e mi scuso. Gio Pagani > > *30 giorni x 30 articoli. > *Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un articolo > della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani > *Art. 5 > **"Senza deroghe" > *La Tavola della pace rinnova l'appello ai direttori dei TG della RAI: > bastano pochi secondi al giorno nei TG > > > > > Oggi, venerdì 14 novembre 2008, leggiamo insieme il quinto articolo > della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. > > *Articolo 5 **della* Dichiarazione Universale dei Diritti Umani > *"Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a > punizioni crudeli, inumani o degradanti".** > > *Segue il commento del prof. Antonio Papisca. > > "Non sono ammesse deroghe al divieto, neppure nel contesto di 'stati di > necessità'. La tortura figura nell'elenco dei crimini contro l'umanità, > come tale perseguibile anche ai sensi del Diritto internazionale penale > e del Diritto internazionale umanitario. > Non c'è bisogno di sottolineare che quanto vietato dall'articolo 5 è tra > le cose più ripugnanti che l'essere umano possa mettere in atto a danno > dell'integrità psichica e fisica di persone in condizioni di particolare > vulnerabilità. Al perentorio divieto sancito dal diritto si accompagnano > sdegno, ribrezzo, incondizionata condanna morale. > La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, > inumani o degranti, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite > il 10 dicembre 1984, stabilisce all'articolo 1 la seguente definizione > di tortura: > "/Qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una > persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine > segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o > confessioni, di punirla per un reato che essa o una terza persona ha > commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione > su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per > qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, > qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della > funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, > o su sua istigazione, o col suo consenso espresso o tacito. Tale termine > non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da > sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate/". > > Si evince che per questa fattispecie di crimini occorre che il soggetto > che li perpetra abbia uno status, più o meno elevato, di pubblica > autorità. Se questo manca, la fattispecie criminologica assume altro > nome. Il danno prodotto dai comportamenti interdetti può essere di > natura sia fisica sia psicologica. Il comma 3 dell'articolo 2 della > citata Convenzione dispone che "l'ordine di un superiore o di > un'autorità pubblica non può essere invocato a giustificazione della > tortura". In altre parole, il subordinato può rifiutarsi di eseguire > l'ordine del suo superiore e questo non può punirlo. Nei primi mesi > della guerra nella ex Jugoslavia, all'inizio degli anni novanta, ci > furono molti disertori. L'Asssemblea dei Cittadini di Helsinki, la rete > di società civile sognata in carcere da Vaclav Havel e da altri > difensori dei diritti umani di "Charta 77",, diffuse allora un documento > in cui, con puntuale richiamo del comma 3 citato, si sosteneva la > legittimità (diritto-dovere) della diserzione dalla guerra civile > (fratricida) assimilando questa alla tortura. > In materia è anche in vigore una Convenzione europea del 1989. In virtù > sia di questa sia della Convenzione ONU del 1984 sono in funzione due > appositi Comitati formati da esperti indipendenti, col compito di > monitorare l'applicazione delle rispettive Convenzioni e, per il > Comitato europeo, anche di effettuare visite direttamente nei luoghi di > detenzione temporanea (posti di polizia) o permanente (carceri). > Nonostante la pressione esercitata dai pertinenti organi delle Nazioni > Unite, il Codice penale italiano non contiene ancora una norma che > preveda, espressamente, il reato di 'tortura'. Nei primi anni 2000, ci > furono dibattiti e proposte in Parlamento. Ci fu chi avanzò una proposta > con una definizione di tortura per così dire lassista avuto riguardo > all'entità delle sofferenze psichiche, nel senso che, perché si > configurasse il reato, occorreva che la minaccia di inflizione di danno > venisse iterata. Insomma, non sarebbe bastato che il pubblico ufficiale > dicesse una sola volta "se non parli, ci saranno gravi conseguenze per > tuo padre o tua sorella". Avrebbe dovuto ripetere la minaccia due, tre, > quattro volte. Vergogna. Il tentativo era di snaturare il concetto > fissato dalla Convenzione Onu. Occorre vigiliare perché in Italia il > concetto di tortura sia mutuato alla lettera dall'articolo 1 di detta > Convenzione. > Nei regimi autoritari la pratica della tortura e di atti equivalenti è > all'ordine del giorno. Circolano tuttora manuali di addestramento, anche > di sofisticato taglio 'medico', su come infliggere tortura che non > comporti però la morte dei torturati. Nella storia recente, si > ricordano, tra gli altri, i casi del Cile e dell'Argentina. Più vicino a > noi, ci sono i casi di Abu Ghraib e di Guantanamo, abbondantemente > corredati di testimonianze, fotografie (e qualche blanda condanna). > Nella situazione di insicurezza che stiamo vivendo, occorre vigilare > perché si spengano sul nascere le tentazioni di autoritarismo (v. i > /Patriot Acts/), cioè di disinvolta violazione dei diritti umani, > compreso quello all'integrità fisica e psichica, e di elementari > principi dello stato di diritto. Senza dimenticare che la pratica del > razzismo e della xenofobia si traduce in atti inumani, crudeli e > degradanti, assolutamente vietati al pari della tortura. > L'articolo 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici > (ratificato dall'Italia nel 1977) dispone: "/1. Qualsiasi propaganda a > favore della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi > appello all'odio nazionale, razziale o religioso che costituisca > incitamento alla discriminazione, all"ostilità o alla violenza deve > essere vietato dalla legge/". In sostanza, il razzismo viene equiparato > alla guerra. Terreno comune: tortura e comportamenti affini. > Nei nostri paesi democratici, antidoti efficaci sono l'educazione degli > operatori della giustizia e delle forze di polizia (e di custodia) al > rispetto dei diritti umani e il monitoraggio capillare condotto dalle > organizzazioni di società civile e di volontariato." > > *Antonio Papisca > *Cattedra UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il Centro > interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli > dell'Università di Padova (_antonino.papisca@unipd.it_). > > Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul > sito: *www.perlapace.it*. > > Perugia, 14 novembre 2008 > > Ufficio Stampa Tavola della pace > *Floriana Lenti* 338/4770151 > tel. +39 075 5734830 - Fax +39 075 5721234 > email: *stampa at perlapace.it* - sito: *www.perlapace.it > > * > > * > */In ottemperanza al D.L. n. 196 del 30/6/2003 in materia di protezione > dei dati personali, le informazioni contenute in questo messaggio sono > strettamente riservate ed esclusivamente indirizzate al destinatario > indicato (oppure alla persona responsabile di inoltrarlo allo stesso). > Vogliate tener presente che qualsiasi uso, riproduzione o divulgazione > del testo deve considerarsi vietata. 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