che succede in Congo? - NNTP.IT



Ho trovato questo articolo che mi pare faccia precise accuse anche all'ONU.
Se è vero dovremo mobilitarci davanti ai nostri governanti e alle sedi ONU a Roma.
Spero qualcuno sappia smentire.
Comunque quella in Congo è una guerra coloniale.

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http://www.nntp.it/politica-internazionale/1547146-che-succede-congo.html

che succede in Congo?
José García Botía*
I Comitati di Solidarietà con l’Africa Nera seguono da vicino la
situazione del Congo dal 1991, attraverso i contatti con religiosi
spagnoli e i rappresentanti locali di organizzazioni a difesa dei
diritti umani. Ora abbiamo anche delle fonti nella regione di Kivu,
persone che vivono in diretta ciò che appare nei nostri televisori.
Nel periodo 1998-2003 la situazione del conflitto nella regione
orientale del Congo era ben peggiore di adesso, ma la paura della
popolazione è che si ripetano i fatti di quei cinque anni, in cui
morirono circa 4 milioni di congolesi. Ciò che sorprende è che quando
Ruanda, Uganda e Burundi invasero il Congo, quella guerra rimase del
tutto ignorata dai media. Casualità? Perché allora le telecamere
rimasero spente, mentre ora ci informano della massa di profughi in
fuga dalle città occupate dall’esercito del signore della guerra
Laurent Nkunda? Sembra che l’esercito congolese non riesca a frenare
l’avanzata delle forze di Nkunda, e che fra i dirigenti della politica
internazionale circoli l’idea di aumentare la presenza di caschi blu
sul campo. Alcuni dirigenti europei valutano addirittura la
possibilità di mandare una forza d’intervento rapido della UE, per
evitare la catastrofe umanitaria. Credo che l’intenzione di diffondere
l’informazione di un’emergenza umanitaria nell’est congolese, nasconda
una ragione occulta che per ora possiamo solo cercare d’interpretare.
L’idea è aumentare la presenza dei caschi blu. Sommiamo a quell’idea
l’adulazione di Javier Solana per la missione dei caschi blu (si
chiama MONUC) per il suo comportamento esemplare su un terreno tanto
rischioso. Aggiungiamo una contraddizione: le manifestazioni di massa
delle popolazioni di Goma e Bukavu, le capitali, rispettivamente, del
Kivu del Nord e del Sud, per chiedere l’allontanamento proprio dei
caschi blu. Mettiamo in conto un altro elemento: in settembre è stato
nominato al comando di MONUC il Tenente Generale spagnolo Diaz de
Villegas, che adducendo motivazioni personali, si dimette appena due
mesi dopo. Che significa?
Secondo fonti locali, testimoni oculari hanno visto caschi blu
rifornire di armi le forze di Nkunda, cioè rifornire quelle forze cui
dovrebbero impedire le violenze sulla popolazione civile. Altri
riferiscono di traffici illeciti di caschi blu con oro e diamanti; i
caschi blu userebbero gli elicotteri per trasportare minerali in
Ruanda (e il Ruanda che ha creato Nkunda e che lo finanzia). Altri
ancora riferiscono di abusi sessuali su minori a carico di caschi blu.
Questi sono casi che potrebbero essere dei fenomeni isolati,
particolari casi di corruzione di qualche militare dei caschi blu. Ma
c’è ben altro. Le forze MONUC scompaiono se le truppe di Nkunda
vincono, si interpongono se l’esercito congolese sta per avere la
meglio. In altri casi facilitano l’avanzata dell’esercito di Nkunda
sguarnendo all’improvviso le loro posizioni nell’area cuscinetto di
competenza, consentendo alle forze di Nkunda di sorprendere l’esercito
congolese. Inoltre, Nkunda è stato visto usare elicotteri della
missione MONUC per spostarsi. Ma quello che è successo giusto alla
vigilia delle dimissioni del Tenente Generale Villegas, potrebbe
essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le truppe di
Nkunda occupano la base miliare di Rumangabo con un attacco a sorpresa
facilitato dall’uso di uniformi della missione MONUC, ripetendo
l’espediente tattico già usato da Nkunda nell’occupazione di Bukavu
nel giugno del 2004. In entrambi i casi il comando MONUC non ha
avvisato l’esercito congolese dello stratagemma. Non sembra strano,
dunque che i congolesi ritengano che la funzione della missione MONUC
sia proprio evitare che l’esercito congolese sconfigga l’esercito di
Nkunda. Insomma, i caschi blu favorirebbero situazioni in cui possono
perdere la vita centinaia o migliaia di civili innocenti. Perché? Per
capire il conflitto bisogna ricordare che il Congo è uno dei paesi più
ricchi del pianeta in risorse naturali, specialmente minerarie. Oro,
diamanti, rame, cobalto, uranio, stagno e una lunga lista di minerali
che hanno qualità fuori dal comune. Ricco di minerali rari e
strategici; il caso più noto è quello del coltan, indispensabile per
la costruzione dei telefonini e che in Congo è presente in quantità
tali da costituire la riserva mondiale assoluta, quasi una specie di
monopolio. Il coltan ed altri minerali stanno uscendo dal Congo
attraverso il Ruanda (e l’oro dall’Uganda) dal 1998. E per le
multinazionali il sistema funziona bene così. Il problema è che questo
stesso sistema sta arricchendo il clan di Paul Kagame, che ostenta il
suo potere e mantiene milizie ruandesi di vario tipo (hutu ma anche
tutsi, come quella di Nkunda). La volontà del governo congolese è di
farla finita con questo sistema, il cui “beneficio” per i congolesi si
riduce al lavoro schiavile minorile nelle miniere e alle violenze
sulla popolazione civile da parte delle solite milizie. Ma quale
dirigente occidentale è disposto ad appoggiare azioni contro Kagame e
i trafficanti che dominano il traffico di coltan, assumendosi i rischi
per l’economia. Potrebbe collassare il mercato internazionale del
coltan, con gravi conseguenze per le imprese di telefonia e le aziende
ad esse legate. Specie in questo periodo di crisi. Un problema
aggiuntivo è che le forze ruandesi, caratterizzate dalla brutalità e
dalla crudeltà delle loro azioni contro i civili, sono coscienti della
loro posizione di forza ed esigono il totale silenzio da parte della
comunità internazionale. Il FPR (Fronte Patriottico Ruandese) ha
compiuto dei veri massacri in suolo ruandese e congolese, assassinando
centinaia di migliaia di ruandesi - hutu soprattutto - e congolesi.
Eppure i media si sforzano di mantenere pulita l’immagine del Ruanda,
portandolo ad esempio dello sviluppo in Africa. Questo spiega perché
per anni le truppe ruandesi hanno invaso il Congo facendo strage di
civili, senza che il fatto abbia mai assunto il valore di “notizia”.
Un altro aspetto della questione è il ruolo della Cina. La Cina può
soddisfare in Congo l’enorme necessità di materie prime di cui
abbisogna il suo sviluppo economico, e in cambio può fornire l’aiuto
necessario al governo congolese per sostenere la guerra in corso. E’
già stato firmato un accordo in forma di scambio: rame per la Cina in
cambio della costruzione di aeroporti, ospedali, scuole, autostrade…
Si tenga conto del fatto che a causa della debolezza, il governo
congolese non è in grado di difendere il suo territorio, e per questo
le multinazionali europee e statunitensi stanno pagando al Congo tra
il 5 e il 12% delle ricchezze (dichiarate) che sono oggetto di
sfruttamento. I cinesi, al contrario, offrono il 30% di quello che
sfruttano. Questo fatto ha provocato forti pressioni occidentali sul
governo congolese per recidere il contratto con i cinesi, ma in agosto
per tutta risposta, il governo congolese ha dichiarato che quel
contratto sarebbe stato rispettato. Proprio alla fine di agosto
(casualità?) le milizie di Nkunda hanno scatenato l’offensiva con
l’appoggio del Ruanda, alla conquista della regione di Kivu. La
missione MONUC è presente a vigilare sugli interessi della “comunità
internazionale” (o per meglio dire, in questo caso, sugli interessi di
USA, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e altri) e in ultima istanza
risponde agli ordini di Alan Doss, il Rappresentante Speciale del
Segretario Generale dell’ONU per la Repubblica Democratica del Congo,
britannico e capo supremo della MONUC. Ecco perché questa missione non
è lì per proteggere i civili. Un'altra sfumatura della complessa
questione qui esposta, è l’ambizione di Kagame e del progetto che
sarebbe avrebbe ideato: la spartizione di un pezzo del Congo. Il
Ruanda annetterebbe la regione del Kivu e si spingerebbe anche oltre,
in direzione del Kenia.
Quanti milioni di morti ci saranno ancora, nel più completo silenzio
in questa zona d’Africa mentre noi parliamo al telefonino? Tra Ruanda
e Congo il conto è già di 7 o 9 milioni di morti.
Oppure fermeranno Kagame perché vuole andare troppo lontano?

* José García Botía, fa parte dei Comitati di solidarietà con l’Arica
Nera-Umoya - http://www.umoya.org
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=75147