Spunti



Spunti (e appunti) messi giù richiamando gli interventi da me esposti a Firenze durante l’Assemblea del 4 luglio indetta da Pensare a Sinistra e in occasione del Seminario del 5 a cura dell’Associazione per una sinistra unita e plurale. Leo  

Il capitalismo è stato il primo, opportuno tema preso in esame dal documento predisposto da Pensare a Sinistra. E durante il dibattito la sensazione era che man mano si passasse da una semplice critica a una spinta verso l’anticapitalismo.
Va ricordato che già nei primi decenni del 1900 era diffusa la teoria del “Tramonto dell’Occidente” e quindi – per l’epoca – dell’intero capitalismo. Dovremo al più presto dare noi (quelli di Un miglior mondo possibile) una spinta a un capitalismo che ad esempio, dai dati diffusi in rete e pubblicati dai giornali, in Italia dichiara in perdita più del 50% delle aziende in essere. 

Oggi, a ben vedere, non è vero che non esistono più ideologie e passioni; lo spirito del tempo è fatto di paure e insicurezza, sesso e tv. L’identità si ricerca difendendosi dagli altri; costringendo in un angolo la loro vita, diamo un senso alla nostra. Questo è “Il mostro mite”; non è un partito come la Dc, è una ragnatela venefica. Se Epicuro filosofava che per vivere bene si deve vincere il dolore, non pensare alle malattie e non temere la morte (perché quando essa sopraggiunge noi non ci siamo più), forse nel XXI secolo si potrebbe affermare che per la buona vita basta crescere dove non si edifica l’identità su capri espiatori. 

La sensazione che spesso si ha in giro per l’Italia, in occasione degli incontri post-voto, è che – nonostante gli sforzi - non si cavi un ragno dal buco; che non abbiamo ancora toccato il fondo. Proviamo a cambiare. Innanzitutto c’è un profondo scollamento fra chi parla  e chi ascolta; mi è capitato di sentir dire fra sé ad alcune persone presenti: “qui mi sento come una marziana”. 
“Abbiamo perso la chiave”, così è stato detto da un altro degli intervenuti. Una delle strade per ritrovarla è quella di dare la parola agli sconosciuti; giovani, adulti, donne; semplicemente alternandoli agli interventi di chi da una vita fa politica e magari sappiamo già come la pensa. E’ uno dei modi per incentivare e far crescere le persone. C’è stato inoltre chi si è augurato che la nostra leadership non abbia più come “prima qualità” quella di essere composta da romani. 
Come afferma Philippe Val in Saper vivere in tempi oscuri: “Se esiste un marcatore fondamentale del livello culturale di una società, questo è la condizione culturale delle donne”. 
Hannah Arendt in Che cos’è la politica: …il mondo si rinnova quotidianamente per nascita, ed è continuamente trascinato nella vastità del nuovo dalla spontaneità dei nuovi venuti. Solo depredando i nuovi nati della loro spontaneità, del loro diritto di iniziare qualcosa di nuovo, il corso del mondo può essere deciso e previsto in senso deterministico. 
Dobbiamo imparare a “balbettare insieme”.

“Il personale è politico”, con questa frase si apriva la riflessione del primo workshop organizzato da Una sinistra unita e plurale. Adesso però son venuti fuori i valori e le passioni della destra su cui si regge l’intera società; son sempre i quattro di prima: paura e insicurezza, sesso e tv. 
Un’altra strada per il cambiamento (oltre che fare spazio agli emeriti sconosciuti) è quella che porta a scavallare i canali istituzionali nazionali; è possibile intravederlo in almeno due modi che non si sottraggono ma sono aggiuntivi l’uno all’altro: 1) tramite un efficace sfruttamento del mondo del cyberspazio, grazie al quale Obama ha battuto la corazzata Clinton (ad esempio Pensare a Sinistra propone di mettere in condivisione i documenti e lavorarci tramite Wiki); 2) cambiare mediante l’agire politico faccia a faccia e la relazione ora dopo ora; fare discussioni nelle città e nelle realtà locali (Vicenza, Napoli, Val di Susa) in cui alla fine “vince” chi cambia idea perché ne esce arricchito.  
Alla fine di questi incontri fondativi sarebbe opportuno che ognuno chiedesse a se stesso e dichiarasse tre cose: il proprio tempo che mette a disposizione per Un mondo migliore; le risorse materiali (cioè soldi e mezzi come fotocopiatrici, sale, ecc); le  capacità acquisite e i settori personali di interesse che si vorrebbero perseguire.  

Nel campo della comunicazione, durante gli ultimi decenni ci siamo baloccati con gli intellettuali, i comici, i professori di sinistra, mentre i mezzi della cultura di massa passavano sotto la disponibilità dello spirito del tempo; si sono perse così le radio libere, i giornali satirici, ecc. Una nota di speranza, la trovo in alcuni articoli apparsi su la Repubblica dopo questi primi giorni del Berlusconi IV (penso ad esempio ai pezzi di Giuseppe D’Avanzo).    

Oggi – a mio avviso – la gran parte di quelli di noi che fa politica attiva non va a votare oppure ci pensa su un bel po’. Siamo passati dalla democrazia rappresentativa a quella elettiva e infine giunti a questa mediatica-plebiscitaria. Diciamoci la verità, fino a ieri Bertinotti e Pecoraio Scanio rappresentavano la sinistra radicale innanzitutto perché “venivano bene” la loro immagine e il modo di fare; comunque meglio di eventuali altri. 
Gustavo Zagrebelsky in “Imparare democrazia” argomenta che la democrazia è fatta di dubbi; intende dire che è la formula capace di mettere in discussione tutto, tranne unicamente se stessa. La democrazia di oggi, però, è quella che ha distrutto l’antifascismo e “bypassa la Carta costituzionale”. Ha scritto Nello Aiello che “Per la gente è diventato più facile immaginare la fine della terra che la fine del capitalismo”. Ma, aggiungo io, in qualsiasi modo li si voglia aggettivare, non vale più la pena viver né dentro il capitalismo né dentro la democrazia.              

Il percorso quindi può essere dall’anticapitalismo all’antidemocrazia per arrivare - come ha affermato Massimo Ilardi - alla “Teoria della rivoluzione per cambiare il sistema”.  

10/7/8 – Leopoldo BRUNO