Maledetto chi lede il diritto del
forestiero,
dell'orfano e della vedova!
Tutto il popolo dirà: Amen (Dt
27,19)
Quando impareremo
dalla storia?
Animatori di Giustizia
e Pace in difesa dei minori nomadi e migranti, contro la richiesta di impronte
digitali per i rom e la detenzione dei minori
“clandestini.”
In questi giorni stiamo
assistendo a un crescendo di violenza a diversi livelli.
Violenza
xenofoba contro gli immigrati; razzista contro Rom e Sinti; di polizia contro
quanti protestano per difendere il proprio territorio; di Cosa nostra, della
Camorra e della 'Ndrangheta con le loro estorsioni. In questo contesto è
particolarmente esposto chiunque sia "diverso": oggi il rumeno, il nero, il
cinese, come ieri il meridionale, il "terrone".
Questa subcultura
della violenza purtroppo lascia indifferenti o vede complici ampi strati della
società, venendo così strumentalizzata da molta parte del mondo politico, per
fini non solo elettoralistici.
Questa subcultura si esprime e si
fonda nelle paure, di singoli e di gruppo:
che, senza un governo
autorevole, si rifugiano nell'autoritarismo.
Autoritarismo che ha
fruttato al Paese più richiami internazionali: dalla U.E., all' O.N.U.,
alla S. Sede.
In particolare intendiamo
segnalare con scandalo la gravità delle minacce ai i minori nomadi e
migranti.
- Non accettiamo i ventilati
provvedimenti di richiesta delle impronte di identità per i minori Rom e
Sinti, perché ledono la dignità personale attraverso un’operazione di
etichettamento;
- Così come denunciamo, tra le varie
norme del cosiddetto pacchetto “sicurezza”, la possibilità di detenzione dei
minori migranti , accomunati sotto il marchio di “clandestini”, senza il
benché minimo riconoscimento della dignità umana, loro e degli agli
migranti.
Le Chiese, i religiosi
e i laici cristiani non possono stare a guardare !
Bisogna tornare ad
essere "Chiesa Confessante", affermando insieme una Fede non
connivente col potere abusato; una Fede capace di testimoniare la Verità di
fronte a tutti i violenti e nella vicinanza a quanti soffrono e chiedono
giustizia.
Una giustizia giusta, perché coerente, e non del doppio
binario, quale quella che si va profilando: draconiana con i deboli e remissiva
con i forti.
Intendiamo essere quindi Chiesa ricca della
testimonianza dei tanti Puglisi, Romero, M.L. King,
Jagerstatter, Bonhoeffer, Trocmé, Abbè Pierre, don Zeno ..., che hanno saputo tenere
alta la Coscienza di fronte alla violenza dilagante del loro tempo e dei loro
luoghi.
***
Con gli
Animatori di Giustizia Pace e Integrità del Creato (GPIC) della famiglia
francescana, anche noi vogliamo
attirare l’attenzione sul pericolo attualmente
rappresentato da una diffusa attitudine
alle generalizzazioni per cui, a partire da episodi di criminalità compiuti da
singoli individui ed in circostanze spesso ascrivibili alla cronaca locale, si
perviene ad un giudizio negativo su intere etnie.
“Nell’odierno contesto sociale si fa più
diffuso un sentimento di paura e di insicurezza, il quale è spesso amplificato
dai mezzi di comunicazione per ragioni a nostro avviso non sempre
trasparenti.
A
tale percezione di una situazione di ‘emergenza’ si risponde con atteggiamenti
culturali semplificanti, che tendono a risolvere la complessità della situazione
nella ricerca di un capro espiatorio e nella messa in atto di rimedi drastici e
soluzioni che nei fatti non tengono conto del rispetto della dignità e della
storia delle singole persone
Angosciante è l’abbinamento -anche nei titoli dei giornali- dell’
‘emergenza immigrati’, ‘emergenza Rom’ con l’ ‘emergenza rifiuti’, quasi che
essi stessi siano scarti della società semplicemente da
rimuovere dalle nostre città.
Alla base di queste paure vi è forse proprio una forma di
sopravvalutazione del bisogno di sicurezza, la quale in realtà rivela chiusura
al dialogo e all’incontro con l’altro.”
Condividiamo altresì la denuncia della Commissione Giustizia e Pace della
Conferenza Istituti Missionari (CIMI), la dove dichiara
che.
“La
‘criminalizzazione’ dei migranti e il conseguente tentativo di farne il ‘capro
espiatorio’ per una crisi sociale che ha ben altre radici, ci amareggia e ci
spinge a dissentire dallo ‘spirito’ che sembra prevalere nella
società.
Ci
sembra di riconoscere lo stesso ‘virus’ che ha coinvolto, attraverso il
crescente ricorso alla violenza e alla logica della competizione e della
manipolazione mediatico-politica, il nostro tessuto sociale, minandone le difese
‘civili’.”
***
“Riteniamo che non sia “un crimine migrare, ma che
invece criminale è un sistema economico-finanziario mondiale (l'11% della
popolazione mondiale consuma l'88% delle risorse) che forza la gente a fuggire
dalla propria terra per sopravvivere. L'Onu prevede che entro il 2050 avremo per
i cambiamenti climatici un miliardo di rifugiati climatici.
I ricchi
inquinano, i poveri pagano.”
Il missionario Alex Zanotelli ha infatti
dichiarato :
”Mi vergogno di appartenere ad un popolo che non si ricorda che è stato
fino a ieri un popolo di migranti («quando gli albanesi eravamo noi»): si tratta
di oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all'estero. I nostri
migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i
loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a
noi? Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere?
Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi?
Come possiamo
accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il
Mediterraneo per arrivare nel nostro "Paradiso"? E' la nuova tratta degli
schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell'Africa all'Europa.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che si dice cristiano ma che di cristiano
ha ben poco.
Come possiamo dirci cristiani mentre dalla nostra bocca
escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i Rom? Come possiamo
gloriarci di fare le adozioni a distanza mentre ci rifiutiamo di fare le
"adozioni da vicino"?”
***
“Come discepoli di Cristo, rimaniamo sconcertati nel constatare come
episodi di intolleranza, giustizia sommaria, discriminazione ed esclusione
abbiano potuto trovare terreno fertile anche in varie comunità cristiane. Questi
fatti gettano una luce particolarmente inquietante sul tipo di Vangelo e di
‘evangelizzazione’ che in tutti questi anni la Chiesa, cui apparteniamo e di cui
siamo espressione, ha proclamato e testimoniato. Siamo infatti persuasi che il
‘virus’ di cui sopra deve essere combattuto anche attraverso la nostra
predicazione, l’accoglienza evangelica e la testimonianza quotidiana di
ospitalità.” (CIMI)
***
“Si prospetta dunque un lavoro urgente,
tanto più urgente quanto più vorticosamente notizie drammatiche di ogni genere
si scalzano una dopo l’altra sugli schermi televisivi e le pagine di
giornale.
Il lavoro è quello di fermarsi a osservare e studiare. Non studiare
loro – come tante persone, anche animate dai migliori intenti, purtroppo non
sempre adeguati al caso, oggi chiedono. No: studiare noi stessi! Osservare come
funziona la nostra lettura dei fatti, quali sono le paure che ci abitano, per
quale motivo noi reagiamo così e, anche, chi può avere interesse a infuocare e
manipolare l’ancestrale paura della diversità.
Intanto, mentre aspettiamo,
ostinatamente, che un “lavoro” di questo genere prenda forma e si moltiplichi,
non possiamo tacere. Perché, anche questo ce lo ha insegnato a grave prezzo la
storia, certi silenzi sono connivenze, certe omissioni sono omertà.
Non
possiamo accettare le espressioni di violenza e di odio che emittenti di vario
genere riprendono e così fomentano, a propria volta, un linguaggio da bettola,
rilanciato senza più vergogna. (Il paragone con il Rwanda, dove i
mezzi di comunicazione ebbero un ruolo chiave nell’incitare al genocidio del
1994, è senz’altro esagerato; ma il meccanismo rimane, alla base, lo
stesso).
Non possiamo tacere: perché le parole hanno un peso e
formano le coscienze, soprattutto quelle dei giovani, ma non solo le loro. Hanno
un peso e invadono la mente, autorizzando, quantomeno, i gesti violenti che poi
diventano, qua e là, pogrom, pestaggi di gruppo, distruzione di povere cose.”
[Cristina
Simonelli, teologa (specializzata in Scienze patristiche), che fa parte
da trent’anni del Gruppo Ecclesiale Veronese tra i Rom e i Sinti]
***
“Vogliamo quindi esprimere solidarietà e vicinanza ai
nostri fratelli e sorelle migranti assicurando loro che non saranno mai soli in
questo viaggio di speranza comune.” (CIMI)
Giovanni XXIII scriveva, ormai 45 anni fa, nell'Enciclica Pacem
in Terris: «Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e
di dimora nell'interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il
diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre
comunità politiche e stabilirsi in esse (cf. Radiomessaggio natalizio di Pio
XII, 1952). Per il fatto che si è cittadini di una determinata comunità
politica, nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di
membri, alla stessa famiglia umana; e quindi l'appartenenza, in qualità di
cittadini, alla comunità mondiale».
Paolo VI, nel 1965, aveva dichiarato a rom e sinti "voi siete
nel cuore della Chiesa", con le parole di Giovanni
Paolo II, durante il Giubileo del 2000, ha chiesto perdono
di tanti suoi
silenzi; non vogliamo sentirci ancora colpevoli e non
vogliamo che ciò accada di nuovo oggi.