Re: [pace] Re: [pace] L’ANNIVERSARIO DELLA CREAZIONE DI ISRAELE: celebrare e continuare la conquista





Romolo Cappola ha scritto:

Ho letto il suo lungo articolo. Pienamente d'accordo su molte questioni, ma non penso che affronti il problema dei problemi alla radice. In Palestina ci sono state elezioni e hanno vinto democraticamente coloro che non riconoscono uno Stato di Israele. La maggioranza della popolazione palestinese vuole la distruzione dello Stato di Israele. O io mi sbaglio ? Come si fa, oggi come oggi, a pensare ad uno Stato Unitario dove possono convivere ebrei e palestinesi come una volta di fatto convivevano ? Non sono pertanto d'accordo con Vattimo. Occorrono due Stati, uno Palestinese di diritto e un altro, ristretto, "regalato" agli israeliani, con l'area di Gerusalemme neutrale, ma occorre soprattutto, e questo è il nodo, che i palestinesi riconoscano uno Stato di Israele cosa che ancora non si matura nella maggioranza del popolo palestinese. Io sono per questi due Stati, non sono un negazionista della Storia di Isralele, sono uno di sinistra, socialista di classe, e che vuole mantenere buoni rapporti con le comunità ebraiche di tutto il mondo e che si augura che il martirio e siamo quasi ad un nuovo olocausto, dei palestinesi abbia fine. Con questo riconoscimento reciproco. Ma ognuno a casa propria visto che di fatto non sono riusciti a vivere insieme. Tanto meno potrebbero vivere insieme oggi.
Mi dica dove sbaglio.

Ringraziamenti e saluti.
Romolo Cappola
Neo Pensionato

Non pretendo dire dove sbaglia, dovrei avere la verità.
Una cosa che non mi convince:
"In Palestina ci sono state elezioni e hanno vinto democraticamente coloro che non riconoscono uno Stato di Israele. La maggioranza della popolazione palestinese vuole la distruzione dello Stato di Israele. O io mi sbaglio ? " Credo che Hamas abbia vinto perché è l'unico movimento che ha dato risposte ai bisogni elementari dei Palestinesi, cosa che i movimenti di sinistra non hanno saputo fare. Un po' come la Lega in casa nostra che ha razziato voti di sinistra. Il passaggio dal fatto che "hanno vinto democraticamente coloro che non riconoscono uno Stato di Israele" al fatto che "la popolazione palestinese vuole la distruzione dello Stato di Israele" non è logicamente conseguente. Usare poi la parola "distruzione" non è corretto. Questa parola sottintende quasi un nuovo olocausto. Non riconoscere Israele non significa automaticamente volerne la distruzione, soprattutto non significa volere la distruzione dei suoi abitanti. La soluzione di due popoli in due stati, non mi piace molto, ma sarebbe certo meglio della situazione attuale. Credo si debba riconoscere che se non ci siamo ancora arrivati è perché questa non è una strada voluta soprattutto dai governi israeliani. Non credo si possa ritenere possibile uno stato indipendente circondato da una muraglia di cemento e sbriciolato nel territorio: un Bantustan lo hanno definito. Credo che lo scopo (dichiarato ufficiosamente da molti esponenti del governo di Israele) sia quello di "liberare" la Cisgiordania dai Palestinesi residui. La guerra a bassa intensità che dura da decenni ne è lo strumento. Quello cui si sta assistendo da tempo è una radicalizzazione delle posizioni, soprattutto culturale. La degenerazione della società civile israeliana, così ben descritta da Michel Warshawski, credo sia stata indotta da molti gruppi politici, così come sta accadendo nel nostro paese. Indurre la paura aiuta il controllo sociale e ne favorisce la disgregazione culturale; è con la paura che si inducono comportamenti altrimenti considerati criminali (Verona docet). La paura domina gli Israeliani e i Palestinesi, la loro paura è alimentata dai gruppi dirigenti che hanno in mente soprattutto la gestione del potere. La paura genera odio. L'odio ha bisogno di "strumenti culturali" per essere giustificato: ecco il razzismo, il disprezzo del diverso razionalizzato. Da questa spirale, che ha già attanagliato il Sudafrica, si può uscire solo con una politica di perdono, ma un processo che riconosca lo squilibrio tra vittime e carnefici. In Sudafrica era la popolazione nera la vittima, in Medio Oriente sono i Palestinesi. Queste tesi non sono mie, ma di Tutu e Mandela che riconoscono quella di Israele una politica di apartheid. Non so se questo sarà possibile. Mi contenterei per le vittime di quella guerra (sia Israeliane che Palestinesi) anche di due stati separati, ma non ne vedo la possibilità pratica; non ne vedo nemmeno la giustizia profonda.
A volte l'utopia è più praticabile del realismo politico, diceva Balducci.
Ma come nonviolento sono soprattutto stanco di sentire che ancora ci continuino a dividere tra Italiani, Francesi, Israeliani, Palestinesi, Ungheresi... Io mi sento un essere umano. La mia Patria è ovunque sia un altro essere umano. So che posso vivere accanto a lui senza problema, qualunque sia il colore della sua pelle, dei suoi occhi, qualunque sia la sua lingua. So che avrò problemi a vivere accanto a lui se sarà pieno di paura, se avrà teorizzato la sua differenza, la sua superiorità. Credo dobbiamo avere chiaro il mondo che vogliamo, se vogliamo cambiare anche di poco qeullo in cui viviamo.
Tiziano Cardosi, pensionato anch'io.

p.s. a Torino qualche settimana fa ero ad un presidio per ricordare la Palestina. Ho visto una "ebrea contro l'occupazione", Paola Cannarutto, abbracciare a lungo e in maniera commossa Mariano Mingarelli, un fiorentino come me, dell'"associazione amicizia Italo Palestinese". Era evidente che non si vedevano da tempo, ma l'intensità del loro saluto, i baci che si sono dati sulle guance ripetutamente parlava del loro affetto e della loro reciproca stima. Mi hanno commosso, mi hanno confermato che il sogno di una riconciliazione non è utopia; utopia è prevedere la sopravvivenza dell'umanità facendo politiche di guerra e di oppressione; avrei voluto abbracciarli entrambi assieme. Li ho solo fotografati.