Re: [pace] Alcune tesi di politica di pace, emerse in una discussione elettorale, che credo valide al di là delle elezioni
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- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Mon, 7 Apr 2008 09:22:44 +0200
Alcune tesi di politica
di pace, emerse in una discussione
elettorale, che credo valide ben al
di là delle elezioni. Enrico Peyretti. Mir-Mn, Torino C:\Documents and
Settings\Utente\Documenti\italia\08 04 05 da una lettera sul
PD.doc 1 - a me pare che il
bipartitismo (che oggi si vuole imporre, anche senza il referendum Guzzetta) sia
dannoso e non corrisponda alla realtà storica italiana, di fatto, che è più viva
e ricca dei paesi a due partiti; poi certo occorre uno sbarramento alle
aggregazioni con mire esclusivamente elettorali, mentre devono poter
rappresentarsi quelle con una tradizione culturale e politica vivente, oppure
corrispondenti a problemi nuovi (p. es. ecologia; economia della decrescita;
incontro di civiltà; ...); 2 - in un parlamento a più
posizioni, quindi più veramente rappresentativo, deve esserci la capacità di
aggregarsi su singoli problemi anche senza partiti permanenti contrapposti sui
massimi sistemi (questa tesi di di Simone Weil e M. Ostrogorski e altri, in
verità non mi convince ancora del tutto, ma è molto importante esaminarla); se
non c'è questa capacità, non c'è la politica; un popolo senza politica è in mano
ai briganti; 3 - si deve votare sempre: votare il
meno lontano, il meno dannoso, poi, se c'è, il migliore. Ma sempre si deve
votare. Chi non vota, vota positivamente per chi vince, che può essere il
peggiore; 4 - gli avversari hanno deciso di
non accusare e denunciare il corsaro e falsario della politica italiana
dell’ultimo quindicennio, teso unicamente agli affari privati in ufficio
pubblico, a possedere per sé la cosa di tutti (res publica), e lo hanno deciso
per guadagnare voti da quella parte. Così pensa il "politico-politico" (in senso
riduttivo): il successo, la vittoria, prima della verità! ma a che serve
vincere senza verità? 5 - non è vero (von Clausewitz) che
la guerra prosegue la politica e la diplomazia: la guerra uccide l'una e
l'altra, insieme alle vite umane e alle case che sono il riparo dei vivi: se io
ti minaccio o ti sparo non sono più in rapporto umano con te: “o parola o
pistola” è l’alternativa senza uscita della vita civile; democrazia parlamentare
è solo quella che “parla” e rifiuta di sparare, solo quella che “ripudia la
guerra”; la guerra - che è solo ammazzare e distruggere - è totalmente
antiumana, senza ombra di giustificazione. Possiamo trovarci costretti
temporaneamente a tollerarla, in certi casi maledetti, perché non diventi
maggiore, in attesa del momento utile per farla cessare, ma senza mai smettere
di condannarla, senza mai approvarla o farla. 6 - è verissimo che la violenza
economica è tanto più grande di quella bellica: la guerra è al servizio di
quella violenza, quindi è doppiamente criminale. 7 – l’attuale sistema imperiale, coi
suoi alleati, esattamente come i kamikaze, abusa del nome di Dio per i suoi
delitti. 8 - le armi: non sono solo spreco,
ma causa. Le guerre le fomenta l’industria delle armi, per vendere agli stati e
ai banditi. Al loro confronto, ladri e torturatori di bambini sono
angioletti. 9 – è giusto e necessario il
pensiero della "decrescita felice" (Latouche, Pallante) che non è stare peggio,
ma meglio, avere più beni con meno cose; è quello che cerca di fare su scala
privata ogni persona sensata; ma intanto economisti e politici (quasi tutti;
tutti i maggiori) fanno correre nell'abisso la barca di noi tutti; 10 - con "socialismo estenuato
dall'autopunizione" intendo i comunisti che si vergognano di esserlo stati, si
castrano, si convertono al centrismo moderato (cambiare pochino, per carità!) e
liberista (il liberismo economista è contro la libertà umana, è l’opposto del
liberalismo politico) e buttano via il buono irrinunciabile, insieme al cattivo
della loro storia: tipico oggi il PD, nel quale non c'è più la cultura di
sinistra che fece, con le altre, il grande patto della Costituzione. 11 - certo che tutti dovrebbero
pensare il giusto rapporto giustizia-libertà, ma intanto deve farlo la sinistra.
Solidarietà, certo, ma anche uguaglianza, contro le mostruose disuguaglianze,
contro i privilegi che sono da umiliare. Offende più la disuguaglianza della
povertà. Perciò la giustizia è regola della libertà, non viceversa. Io non ho la
libertà di essere ingiusto con te. Questa libertà non è un mio diritto. E
neppure tuo, di nessuno. Poi, la giustizia va cercata nella libera convinzione,
perché la giustizia imposta non è giusta, ma il primato è della giustizia. Solo
la giustizia realizza la libertà (art. 3 Costituzione). Solo nella libertà
giusta si realizza la giustizia. La giustizia, se è tale, non toglie la libertà.
La libertà, se è tale, non tollera l’ingiustizia, neppure a proprio
vantaggio. 12 - è vero: il bravo politico deve
anche sapere condurre un popolo, senza forzare né imporre: ma per questo deve
avere una cultura dell'umanità, una cultura dei fini e dei valori umani, e
della storia, una qualità spirituale umana superiore alla media, e deve saper
persuadere. Un politico così appare, se va bene, una volta in un secolo. E non
ha neppure bisogno del potere di fare leggi costrittive, perché persuade con la
sua vita, e guida il popolo (anche se poi questo non è capace di restare sulla
sua traccia, come è successo anche a Gesù Cristo; anzi, è quasi una regola di
fatto che i profeti vengano uccisi, ma queste figure rimangono per sempre come
guide che continuano a precedere tutti). Il politico del 900 è Gandhi. I
politici "normali" o violentano la società, oppure, per averne il consenso,
eseguono la volontà della società, anzi la inseguono, qualunque essa sia, perciò
per lo più tutto dipende da come e quale spirito si forma nella società. Le più
grandi guide dell'umanità hanno guidato generazioni e guidano per sempre, senza
avere mai voluto il potere politico. Il potere politico ha corrotto la
maggioranza di chi lo ha avuto. I più grandi delitti della storia sono
stati compiuti per mezzo del potere politico. Esso è finora necessario, ma è
pericoloso in mano a persone che non abbiano una superiore virtù. 13 - proponevo un interrogativo: è più importante gestire il potere o controllarlo ai fianchi? Il problema non è solo tallonare i parlamentari, non è solo fare opposizione invece che governare; ma è la politica senza potere (senza "quel" potere), e questa, come si è visto, è una cosa che un “normale” politico non può capire. 14 - sul "potere" vorrei aggiungere: Martin Luther King non considera negativo o immorale il potere, il quale «inteso in modo corretto, non è altro che la capacità di realizzare uno scopo» (però non cercò mai il potere politico). In questo senso egli ammira anche qualche aspetto di Nietzsche, ma è evidente che King pensa al “potere di”, che deve essere di tutti (la “onnicrazia” di Aldo Capitini), e non al “potere su”, di alcuni su altri, che non può essere di tutti ed è perciò sempre vicino alla violenza. 15 - l'ultima questione
sulla guerra non sta in poche parole: come i conflitti tra persone civili e tra
gruppi di una società sufficientemente civile si risolvono senza ammazzarsi,
così può e deve essere l'obiettivo nei conflitti fra stati e grandi gruppi e
popoli e civiltà. L'Onu, dopo l’immensa tragedia 1939-45, è stata questa
grandissima fondazione civile, la nuova legge internazionale (nonostante
contraddizioni interne paralizzanti come i membri di diritto del Consiglio di
Sicurezza). Gli stati "sovrani" (= insubordinati e ribelli all'umanità) e dunque
terroristi in quanto sovrani, (ben altra cosa è l’autogoverno di ogni popolo),
si ribellano alla nuova legge umana cosmopolita dell'Onu. La polizia è
necessaria, ma se è corretta secondo i fini democratici, riduce la violenza,
mentre la guerra sempre la raddoppia. La differenza è diametrale. A Genova nel
2001 la polizia ha fatto la guerra ai civili nonviolenti. L'Onu, per statuto,
non può né fare né autorizzare alcuna guerra, ma deve condurre in proprio, e non
affidarle a fazioni potenti, azioni di polizia, dopo le azioni civili. Fino ad
oggi, quasi tutti gli stati hanno sabotato l'Onu, cioè la legge per
sopravvivere. Il contenimento della violenza con la polizia internazionale e con
corpi civili di pace è possibile se cambia la cultura politica come richiesto,
per dire solo un esempio, nel 55 da Einstein e Russell, ripresi oggi da
Duerr, premio Nobel pace 1995, nel "Manifesto di Potsdam 2005" (richiedere a:
http://www.uniud.it/irene). Noi dobbiamo lavorare
quanto occorre, anche per decenni o secoli, a cambiare questa cultura.
Altrimenti finisce l'umanità. 16 - M. L. King, come già Gandhi, suggerisce una importante distinzione tra forza e violenza: la forza è una qualità della vita, è costruttiva, moralmente è la virtù della fortezza, mentre la violenza è distruttiva e offensiva, immorale. Questa distinzione è occultata, artatamente confusa e persino capovolta dalla cultura violenta, che affida assurdamente alla distruzione la difesa della vita. 17 - "Pace coi mezzi della pace" è
il titolo del maggiore testo di Johan Galtung, Esperia, Milano 2000. Enrico Peyretti, 7 aprile
2008
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- Alcune tesi di politica di pace, emerse in una discussione elettorale, che credo valide al di là delle elezioni
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