Re: [pace] La Vale sul battesimo di Magdi Allam
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- Date: Mon, 7 Apr 2008 09:16:36 +0200
08 04 La Valle Battesimo
Magdi Allam Per la rubrica “RESISTENZA E
PACE”, Rocca 2008, n. 8 IL CATECUMENO di Raniero La
Valle C’è stato uno scambio di
doni tra il Papa e il giornalista Magdi Allam nella santa notte di Pasqua. Il
Papa gli ha fatto il regalo più grande dandogli il battesimo. Magdi Allam in
quel momento aveva già scritto per il Corriere della Sera l’articolo che
sarebbe uscito l’indomani, in cui diceva dell’Islam che “è fisiologicamente
violento e storicamente conflittuale”; in tal modo il neo-convertito veniva ad
essere il primo a confermare e fare proprio il giudizio sull’Islam che nel
celebre discorso di Ratisbona il Papa aveva evocato citando le parole di Michele
Paleologo, per il quale Maometto non aveva portato che “delle cose cattive e
disumane come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede
ch’egli predicava”. Ma mentre dopo il discorso di Ratisbona tutti avevano
cercato di separare il Papa da tale giudizio (“era solo una citazione”), il
vice-direttore in procinto di battesimo ve lo riconduceva; e ciò doveva
necessariamente mettere in imbarazzo il Papa, tanto più che nello stesso
articolo Magdi Allam aggiungeva, a proposito della “ideologia” da cui si era
separato per approdare alla fede cattolica, che essa giace “nell’oscurantismo” e
che “legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce
all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la
tirannia”. Quello di Magdi Allam era
dunque un regalo avvelenato, che veniva a turbare gravemente il rapporto tra il
Papa e i musulmani, proprio mentre in Vaticano si stava “trattando” per vedere
come dovesse avviarsi il dialogo islamico-cristiano, che i 138 e più
leaders musulmani di tutte le tendenze avevano proposto in quella
straordinaria lettera del 13 ottobre con la quale la comunità islamica, “nel
nome di Dio”, aveva chiesto ai cristiani di tutte le confessioni di trovare “una
parola comune tra noi e voi”, parola che era poi l’amore di Dio e l’amore del
prossimo. Ancora più imbarazzante era
la motivazione del battesimo data da quel catecumeno, in quanto irrompeva nel
pieno di un analogo disagio che si era creato tra la Santa Sede e gli ebrei, a
causa della introduzione nel vecchio rito latino del venerdì santo di una
preghiera nella quale si chiede che, riconoscendo Gesù Cristo, tutto il popolo
d’Israele possa salvarsi. Sembrava introdursi qui la necessità di una
conversione, quando invece la preghiera usata nel rito comune dopo il Concilio
invoca semplicemente che gli ebrei progrediscano “nell’amore del nome di Dio e
nella fedeltà alla sua alleanza”. A scanso di equivoci, si precisava allora che
la nuova preghiera non faceva che citare la lettera ai Romani, per la quale
quando “entrerà la pienezza delle genti”, anche “tutto Israele sarà salvo”; ma
mentre, come ha notato Piero Stefani, nella lettera paolina non si dice dove
questo ingresso debba avvenire, trattandosi presumibilmente del regno di Dio, di
suo la nuova preghiera cattolica aggiunge che si tratterebbe di entrare nella
Chiesa (“in Ecclesiam tuam intrante”). Magari si potrebbe pensare che qui
per Chiesa si intenda la grande Chiesa, anche invisibile ed escatologica; ma noi
sappiamo, da una pronunzia della Congregazione per la dottrina della fede allora
presieduta da Ratzinger, che il Papa non condivide l’idea del Concilio secondo
cui l’unica Chiesa di Cristo “sussiste nella Chiesa cattolica”, senza peraltro
esaurirsi in essa, e ritiene invece che il “sussiste in” significa
semplicemente che la Chiesa di Cristo “è” la Chiesa cattolica romana e solo lei
(le altre non potendo essere dette veramente Chiese); Chiesa nella quale si
entra col battesimo “come per una porta”. Dunque il battesimo, anche
per i musulmani e gli ebrei tornerebbe ad essere una condizione necessaria alla
salvezza: e qui il Concilio sarebbe veramente finito. Anche se poi la
Commissione Teologica Internazionale, con l’avallo dello stesso Benedetto XVI, a
proposito dei bambini morti senza battesimo rovescia una dottrina millenaria
della Chiesa che li escludeva dalla salvezza, e dice che anche loro, invece di
andare all’inferno, come pensava S. Agostino, o al limbo, come si è sostenuto
dopo, si può sperare che vadano in paradiso. Dunque a questo punto, per
fare chiarezza, occorre che il dialogo con gli ebrei e con i musulmani sia
ripreso, ma come vero e proprio dialogo teologico (e non solo sulla ragione e
sul diritto naturale), nel quale la Chiesa sia davvero portata a dire che cosa
pensa di sé e della salvezza degli uomini sulla terra: se Dio vuole che tutti si
salvino attraverso le diverse strade che essi percorrono, o se la via sia solo
una, quella di farsi catecumeni, battezzarsi e così entrare nella disciplina
della Chiesa romana; come del resto per molto tempo è stata dottrina latina e
papale, quale era espressa nella bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII che
rivendicava “la sottomissione al papa di ogni umana
creatura”. Ma se mai dovesse tornarsi a
questa conclusione, bisognerebbe almeno stare attenti a come vengono istruiti i
catecumeni, e con quali idee arrivano alla notte prima del
battesimo. Raniero La Valle
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