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Stiglitz: I costi delle guerre in Iraq ed in Afganistan
- Subject: Stiglitz: I costi delle guerre in Iraq ed in Afganistan
- From: Roberto Vignoli <rvignoli at gmail.com>
- Date: Thu, 06 Mar 2008 00:03:34 +0100
I
costi delle guerre in Iraq ed in Afganistan
Presentazione
del libro “The Three Trillion Dollar War” degli autori in uscita il 28
febbraio per Allen Lane
Di
Joseph Stiglitz e Linda Bilmes (*)
L’amministrazione
Bush ha sbagliato nella valutazione dei benefici e dei costi della
guerra. Il presidente ed i suoi consiglieri si aspettavano un conflitto
rapido e poco costoso. Al contrario abbiamo avuto una guerra che sta
costando molto più di quello che nessuno poteva immaginarsi.
Il costo
delle sole operazioni militari americane – senza considerare, cioè i
costi a lungo termine come quelli relative alla cura dei veterani
feriti – supera già ora quello dei 12 anni della Guerra in Vietnam ed è
più che doppio della guerra in Corea.
E, anche
considerando lo scenario migliore, questi costi saranno almeno 10 volte
maggiori di quelli della Prima Guerra del Golfo, tre volte maggiori di
quelli della Guerra del Vietnam, e il doppio di quelli della I Guerra
Mondiale. La sola guerra nella nostra storia che costò di più fu la II
Guerra Mondiale, alla quale gli Stati Uniti parteciarono con 16,3
milioni di soldati in una campagna che durò quattro anni, sopportando
un costo di circa 5.000 miliardi di dollari (su base 2007, considerando
cioè l’inflazione). Con tutto l’esercito impegnato contro tedeschi e
giapponesi, il costo per soldato fu di 100.000 dollari (su base 2007),
mentre la guerra in Iraq costa più di 400.000 dollari per soldato.
La maggior
parte degli americani ha già coscienza di questi costi. Il prezzo di
sangue è stato pagato dai nostri volontari e dai “contractor” (i
militari appaltati). Il prezzo in denaro è stato finanziato con
prestiti. Le tasse per pagarli non sono cresciute – infatti. le tasse
dei ricchi sono state ridotte. Il deficit sulla spesa dà l’illusione
che le leggi economiche possano essere sospese, cioè che possiamo avere
burro e cannoni. Naturalmente le leggi economiche non sono sospese. I
costi della Guerra sono reali, anche se probabilmente differiti ad
un’altra generazione.
Alla vigilia
della guerra ci fu una discussione sui probabili costi. Larry Lindsey,
consigliere economico del Presidente Bush e capo del National Economic
Council, disse che avrebbero potuto raggiungere i 200 miliardi di
dollari. Ma questa stima fu considerata gonfiata dal Segretario alla
Difesa, Donald Rumsfeld. Il suo deputato Paul Wolfowitz, suggerì che la
ricostruzione post bellica avrebbe potuto ripagare tali costi tramite i
ricavi sul petrolio. Mitch Daniels, direttore dell’ufficio di Direzione
e Budget, e segretario di Rumsfeld, stimò i costi tra i 50 ed i 60
miliardi di dollari (considerando l’inflazione, tra i 57 ed i 69
milioni di dollari), una parte dei quali egli contava che sarebbero
stati finanziati da altri paesi. Il tono dell’amministrazione fu
sprezzante, come se le somme in gioco fossero minime.
Anche
Lindsey, sebbene avesse calcolato un costo di 200 miliardi di dollari,
arrivò a dire: “La vittoriosa prosecuzione della guerra potrebbe
servire all’economia”. Retrospettivamente, si può dire che Lindsey
sottostimò grossolanamente sia i costi diretti per la guerra che quelli
per l’economia. Assumendo che il Congresso approvi il resto dei 200
miliardi di dollari per l’anno fiscale 2008, avremo stanziato un totale
di 845 miliardi di dollari per le operazioni militari, per la
ricostruzione, i costi delle ambasciate, la sicurezza delle basi
americane e gli aiuti all’estero in Iraq ed in Afganistan.
Dopo il
quinto anno di guerra, i costi operativi per il 2008 (per la guerra,
quelli che potremmo definire le spese correnti) sono proiettati a
superare i 12, 5 miliardi di dollari il mese solo per l’Iraq, più dei
4,4 miliardi del 2003, e con l’Afganistan il totale sale a 16 miliardi
di dollari il mese. Il budget annuale delle Nazioni Unite è di 60
miliardi di dollari, oppure, se si vuole, è il budget di 13 stati
dell’Unione. Anche così, questo non include i 500 miliardi l’anno per
le spese normali del Dipartimento della Difesa. Non include altre spese
segrete, come quelle dello spionaggio o degli altri fondi inclusi nei
budget di altri ministeri.
Siccome vi
sono un mucchio di costi dei quali l’Amministrazione non tien conto, il
costo totale della guerra è molto superiore a quello che risulta
ufficialmente. Per esempio, gli ufficiali del governo dicono
frequentemente che le vite dei loro soldati sono senza prezzo. Ma dal
punto di vista dei costi, queste vite senza prezzo compaiono nel libro
mastro del Pentagono semplicemente come 500.000 dollari – l’ammontare
corrisposto ai parenti come risarcimento in caso di morte e per
l’assicurazione sulla vita. Dopo l’inizio della guerra, questi
risarcimenti furono aumentati da 12.240 a 100.000 dollari in caso di
morte e da 250.000 a 400.000 dollari come assicurazione sulla vita.
Anche se queste indennità state aumentate esse sono solo una frazione
di quello che i parenti possono ottenere per la perdita della vita di
un congiunto in un banale incidente automobilistico. Per quanto
riguarda la salute e la sicurezza, il governo degli Stati Uniti valuta
la vita di un giovane al massimo dei suoi futuri guadagni, sopra i 7
milioni di dollari – molto di più di quanto paga per la morte di un
militare. Usando questo dato, il costo dei circa 4.000 soldati
americani uccisi in Iraq supera i 28 miliardi di dollari.
Per la
società i costi sono naturalmente maggiori che quelli indicate nel
budget del governo. Un altro esempio di costi “nascosti” deriva dalla
minimizzazione degli incidenti dei militari. La statistica degli
incidenti del Dipartimento della Difesa riporta gli incidenti che
accadono nelle azioni di combattimento – a carico del servizio
militare. Così se un soldato è ferito o muore in un incidente notturno
col suo veicolo, questo incidente viene indicato “non connesso al
combattimento” – sebbene potrebbe essere troppo pericoloso per i
soldati viaggiare durante il giorno.
Infatti il
Pentagono registra questi dati in due liste separate. Nel sito web del
Dipartimento della Difesa si trovano gli incidenti ufficiali. Altri
dati sono più difficili da reperire e sono disponibili solo alle
condizioni del Freedom of Information Act. Questi dati mostrano che il
numero di militari che dono stati uccisi, feriti o hanno contratto
malattie è doppio di quello dei soldati uccisi in combattimento. Si
potrebbe dire che una percentuale di questi casi è capitato a soldati
non impegnati in Iraq. Ma le nostre nuove ricerche mostrano che la
maggioranza di questi incidenti e malattie deriva direttamente dal
servizio in zona di guerra.
Dall’insana
miscela dei fondi per l’emergenza, della dispersione dei dati e dalla
cronica sottostima delle risorse per proseguire la Guerra, abbiamo
cercato di identificare quanto abbiamo speso – e quanto spenderemo, in
ultima analisi, quanto ancora dovremo spendere. Il dato al quale si
arriva supera i 3.000 miliardi di dollari e i nostri calcoli si basano
su assunzioni conservative. Queste sono concettualmente semplici, anche
se occasionalmente tecnicamente complicate. Il dato di 3.000 mila
miliardi ci sembra ragionevole e probabilmente l’errore è per difetto.
È necessario dire che questo numero si riferisce solo agli Stati Uniti
e non riflette il costo enorme a carico del resto del mondo o dell’Iraq.
Fin
dall’inizio, la Gran Bretagna ha giocato un ruolo cardinale –
strategico, militare e politico – nel conflitto irakeno. Dal punto di
vista militare l’UK ha contribuito con 46.000 soldati, il 10 percento
del totale. Non sorprende, quindi, se l’esperienza britannica in Iraq è
stata parallela a quella degli americani. Aumento degli incidenti,
crescita dei costi operativi, scarsa trasparenza sulle spese, risorse
militari sempre maggiori e scandali sulla squallide condizioni e sulle
cure mediche inadeguate riservate alla maggior parte dei veterani
feriti.
Prima della
Guerra, Gordon Brown, riservò 1 miliardo di sterline per le spese
militari. Alla fine del 2007, la Gran Bretagna ha speso 7 miliardi di
sterline per spese militari dirette in Iraq e in Afganistan (il 76%
delle quali in Iraq). Questi soldi derivano da una speciale riserva
supplementare, a disposizione del Ministero della Difesa.
La riserva
speciale è in cima al regolare budget per la difesa del Regno Unito. Il
sistema britannico è particolarmente opaco: i fondi della riserva
speciale sono usati dal Ministero della Difesa senza una specifica
approvazione del Parlamento. Come risultato i cittadini inglesi hanno
poca chiarezza sulle reali spese di guerra.
Inoltre, i
costi sociali del Regno Unito sono simili a quelli degli Stati Uniti –
famiglie che hanno perso il lavoro per curare soldati feriti e
diminuzione delle qualità della vita per migliaia di invalidi.
Come per gli
Stati Uniti vi sono dei costi macroeconomici per la Gran Bretagna,
sebbene i costi a lungo termine potrebbero essere minori per due
ragioni. La prima è che la Gran Bretagna non ha la stessa politica di
sperpero fiscale e la seconda è che, fino al 2005, il Regno Unito era
al netto un esportatore di petrolio.
Abbiamo
considerato che le forze britanniche sono state ridotte, quest’anno, a
2500 unità e che rimarranno a quel livello fino al 2010. Ci si aspetta
che le forze inglesi in Afganistan cresceranno leggermente da 7000 fini
a 8000 unità nel 2008 e rimarranno stabili per tre anni. Il Comitato
per la Difesa della Camera dei Comuni ha recentemente scoperto che
nonostante il taglio delle truppe, i costi per la guerra in Iraq
aumenteranno del 2 percento quest’anno e i costi per il personale
diminuiranno solo del 5 percento. Nel frattempo i costi delle
operazioni militari in Afganistan è cresciuto del 39 percento. Se
questo piano continua, le stime del nostro modello potrebbero essere
significativamente troppo basse.
Sulla base
delle assunzioni indicate nel nostro libro, il costo di previsione per
il Regno Unito per le guerre in Iraq ed in Afganistan fino al 2010 sarà
superiore ai 18 miliardi di sterline. Se si considerano i costi sociali
supereranno i 20 miliardi di sterline.
(*)
Joseph Stiglitz è stato l’economista capo alla World Bank ed ha vinto
il Nobel Memorial Prize per l’economia nel 2001. Linda Bilmes è una
docente di politica alla Kennedy School della Harvard University
Traduzione
dall’inglese di Giuliano Cappellini per www.resistenze.org
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