Jeff Halper: «Vogliono la guerra, per eliminare Hamas»



«Vogliono la guerra, per eliminare Hamas»
di Michelangelo Cocco

su Il Manifesto del 02/03/2008

L'analista israeliano Halper: l'invasione delle truppe di terra sarà
un massacro che alimenterà lo scontro Occidente-islam. Di fronte a
quest'orribile prospettiva l'Unione europea e gli Usa non stanno
muovendo un dito

«Uno scontro che, alimentando il fanatismo, accentuerà la tensione tra
Occidente e mondo islamico, e potrà portare a compimento lo stato di
apartheid che la leadership israeliana vuole realizzare per i
palestinesi». Jeff Halper guarda con estrema preoccupazione al braccio
di ferro in atto a Gaza tra Israele e Hamas e si chiede come sia
possibile che l'Unione Europea non cerchi una mediazione. Analista
politico e storico pacifista israeliano, Halper ha risposto alle
domande del manifesto al telefono da Gerusalemme.

Come sono percepiti dall'opinione pubblica israeliana i bombardamenti
su Gaza e i massacri di civili palestinesi?

Dal loro punto di vista tutto ciò è giustificato, perché rientra nella
«guerra al terrorismo». Non hanno alcun contatto col contesto
politico, non vedono che l'obiettivo d'Israele è la distruzione della
leadership politica di Hamas. Non vedono nemmeno l'occupazione. Questa
parola negli ultimi tempi non viene più utilizzata nonostante Israele
- dopo il ritiro delle truppe e dei coloni nel 2005 - occupi ancora
Gaza, perché ne controlla completamente il territorio e le frontiere.
In questo contesto i razzi «Qassam» contro Sderot sembrano missili
sparati senza motivo da terroristi contro la popolazione civile. La
gente non vede che Hamas è un attore politico che da tempo offre una
tregua in cambio della fine dell'assedio alla Striscia.

E i «Qassam» contro Sderot? Cosa sta facendo il governo israeliano per
proteggere gli abitanti della cittadina?

La gente di Sderot è ostaggio di politici irresponsabili che adottano
un approccio solo militare. Il lancio di «Qassam» potrebbe finire
domani, se si fosse d'accordo nel raggiungere una tregua con Hamas. Ma
l'esecutivo presieduto da Olmert sta lavorando in direzione opposta,
per distruggere il regime di Hamas. La leadership politico-militare
sta insomma utilizzando il panico di Sderot per attaccare Gaza.

Quali conseguenze umanitarie dovremmo aspettarci, se si verificasse
una massiccia invasione di Gaza da parte dell'esercito?

Con la «gaffe» fatta l'altro ieri dal viceministro della difesa Vilnay
sulla Shoah contro Gaza, l'ha chiarito lo stesso governo: potranno
essere uccisi centinaia, migliaia di civili innocenti. Israele non fa
più distinzione tra civili e combattenti. Nei mesi scorsi il governo
ha inventato per Gaza l'appellativo di «entità nemica», categoria che
non esiste nel diritto internazionale, proprio per giustificare
l'uccisione di centinaia di civili. Olmert da giorni ripete che al sud
c'è «una guerra», ma non dice che si tratta di un conflitto anche
contro la popolazione civile palestinese.

Cosa teme Israele da un punto di vista militare, dopo la sconfitta
nella guerra dei 34 giorni contro Hezbollah dell'estate 2006?

Israele non fa distinzione tra Hamas, al Qaeda, Hezbollah. Da un punto
di vista della propaganda questo funziona: diranno che attaccano Gaza,
perché lì c'è al Qaeda. Ma Israele deve ristabilire il potere di
deterrenza perso dopo l'ultima guerra in Libano. Per questo motivo
deve vincere militarmente. È per questo che ritengo inevitabile
l'invasione. Se non la mette in atto, la sua immagine subirà un crollo
agli occhi sia degli Stati Uniti sia del mondo islamico. L'attacco
dovrà concludersi con l'eliminazione dell'intera leadership di Hamas e
la consegna del potere nelle mani dell'Anp di Abu Mazen o - ipotesi
molto meno probabile - una rioccupazione della Striscia.

Quali le conseguenze sulla politica di entrambi i campi?

La cosa incredibile è, anzitutto, che né l'Europa né gli Stati Uniti
stanno muovendo un dito di fronte a questo dramma. Israele può fare
quindi qualsiasi cosa. Le conseguenze per Israele potranno essere solo
positive: il premier Olmert diventerà popolare, perché potrà riuscire
a fermare il lancio di «Qassam» contro Sderot. E i palestinesi
resteranno prigionieri di uno stato di apartheid. Una volta che Hamas
sarà distrutta, la Comunità internazionale, con l'aiuto di Abu Mazen
che di fatto sta collaborando con Israele, sarà in grado d'imporre ai
palestinesi uno stato «bantustan» composto da Gaza e tre, quattro
cantoni in Cisgiordania, senza continuità territoriale.

Ma Hamas ufficialmente offre una tregua, mentre Israele teme la
perdita di molti soldati a Gaza. Perché non si fermano?

Lo spazio di manovra politica per fermarli c'è. Il problema è che la
Comunità internazionale sta dando a Israele mano libera. L'Europa non
obietta nulla agli Usa, è passiva. Il conflitto può ancora essere
risolto, perché finora viene inteso ancora come uno scontro politico,
ma se Israele invaderà Gaza e ucciderà la leadership di Hamas e
centinaia di persone, la guerra verrà spostata su un piano teologico,
tra occidente e islam, che potrà destabilizzare l'intero Medio
Oriente. Di fronte a questa orribile prospettiva che stanno facendo
l'Europa e la Comunità internazionale?