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Re: [pace] Patriarca caldeo: cristiani perseguitati da governo iracheno e truppe straniere
- Subject: Re: [pace] Patriarca caldeo: cristiani perseguitati da governo iracheno e truppe straniere
- From: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
- Date: Fri, 20 Jul 2007 08:09:28 +0000
- Bounce-to: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
Dio non gradisce...A caldo, dato anche il clima devo dirti Francesco, leggendo questo documento, che non se ne può più, di religioni, sacerdoti, infedeli e praticanti. E' un commento molto banale, ma sentivo di scriverlo. Solo un'infinita pena per chi si sente così tutt'uno con questo dio che non gradisce. Figuriamoci se gradiva... Doriana In data 20/7/2007, "locascio.francesco at aliceposta.it" <locascio.francesco at aliceposta.it> ha scritto: > >Patriarca caldeo: cristiani perseguitati da governo iracheno e truppe straniere >Dopo un lungo silenzio il leader della Chiesa caldea raccoglie e rilancia con forza gli appelli di vescovi e clero perché i responsabili fermino la "persecuzione interna ed esterna" che colpisce i cristiani in Iraq. Ai politici chiede di non rimanere a guardare, mentre condanna le truppe Usa: "Dio non gradisce quello che state facendo al nostro Paese". > > >Erbil (AsiaNews) - È un'accusa forte, diretta contro autorità irachene e truppe straniere quella lanciata dal Patriarca dei caldei, Emmanuel III Delly, che chiede un intervento deciso del governo e della comunità internazionale per fermare l'emorragia di cristiani perseguitati in Iraq. Appena rientrato da un lungo soggiorno negli Stati Uniti, il capo della Chiesa caldea ha denunciato, per la prima volta dall'inizio della guerra, le colpe di politici ed eserciti nei confronti di tutta la popolazione, sottolineando anche la preoccupante condizione dei cristiani, minacciati di estinzione. "I cristiani vengono uccisi, cacciati dalle loro case davanti agli occhi di chi invece sarebbe responsabile della loro sicurezza" - ha tuonato Delly dall'altare della chiesa di Mar Qardagh, ad Erbil, Kurdistan, dove ha celebrato messa il 6 maggio scorso. La campagna di persecuzione ad opera di estremisti islamici in atto nelle grandi città come nei villaggi ha spinto il clero e i vescovi iracheni a lanciare numerosi appelli in questi ultimi mesi: per l'unità del Paese e in favore dei diritti della comunità, da sempre componente fondamentale della società irachena. >Delly raccoglie e rilancia a gran voce quegli stessi appelli: "I cristiani sono oggi perseguitati in un Paese dove tutti lottano per i propri interessi personali. Essi vivono da sempre in Iraq, e nel tempo hanno fatto tutto il possibile per contribuire al suo sviluppo insieme ai loro fratelli musulmani". Ci batteremo, assicura Delly, perchè vengano rispettati i nostri diritti di iracheni sia a livello regionale che di governo centrale. >Nel suo intervento, riportato in arabo dal sito internet del patriarcato di Baghdad http://www.st-adday.com/, spiega poi la doppia natura di questa persecuzione: interna ed esterna. "La persecuzione interna è quella operata dagli stessi iracheni che stanno cacciando i cristiani dalle loro case e dalle loro terre, e della quale sono responsabili tutti coloro che, al potere, non hanno fatto e non fanno nulla per fermare questa tragedia. La persecuzione esterna è quella che ha toccato la dignità stessa di tutto il popolo iracheno le cui moschee, chiese ed istituzioni sono state distrutte o occupate, senza alcun rispetto per la fede". A questo proposito il Patriarca ha ricordato il caso del Babel College, la cui vecchia sede a Baghdad è stata trasformata dalle truppe americane in una base militare, contro il volere del Patriarcato Quasi a riprova che la comunanza di fede non implica complicità tra le forze straniere e la comunità cristiana, vittima della guerra quanto quella musulmana. >Proprio verso gli Stati Uniti Delly usa parole molto dure: "Gli americani sono entrati senza il nostro consenso in Iraq, Dio non gradisce quello che avete fatto e state facendo al nostro Paese". "Speriamo che il Signore illumini queste persone - ha aggiunto - affinché smettano di violare i diritti di tutti gli iracheni". >Una forte presa di posizione del Patriarca, che ha sempre tenuto il profilo basso in questi anni, era attesa da tutta a comunità, che adesso sente di avere una speranza in più. "Ora possiamo anche morire - dice un sacerdote citato dal sito Baghdadhope - ma almeno lo faremo sapendo di star facendo qualcosa, non solo aspettando la fuga dal Paese o la sparizione della nostra comunità". (MA))
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