Da Rostock a Roma: l'autonomia dei movimenti in cammino



Da Rostock a Roma: l'autonomia dei movimenti in cammino



Un fatto nuovo è accaduto in
questa settimana. Da Rostock ad Heiligendamm, fino a Roma, una nuova
stagione dei movimenti sembra definitavemente affermarsi. I 150.000
della piazza romana rompono ogni indugio, l’autonomia dei movimenti è
la questione ormai decisiva, lo spazio politico dove far emergere una
nuova dimensione di progetto.

Per chi parlava di «politicismo» e di «settarismo»,
invocando l’unità del movimento no-War con chi ha votato il
rifinanziamento della missione afghana e sostiene la guerra
multilaterale del governo Prodi, la risposta dei 150.000 è
inequivocabile, mette all’angolo ogni ambiguità. Politicisti e soli
quelli di piazza del Popolo, soli, ma davvero soli, oltre che pochi. A
piazza Esedra, invece, un grande movimento, una straordinaria
dimensione moltitudinaria, differente ma comune, libera e potente. Un
corteo che non ha accettato divieti e ha imposto la sua presenza nel
cuore della città, dichiarando Bush ospite indesiderato e respingendo
con forza la politica di guerra del governo.

La sfida più difficile, dunque, quella della
partecipazione, è stata vinta, nonostante gli ostacoli non siano stati
né pochi, né di poco conto. La giornata di sabato, infatti, non è
riducibile al corteo, è iniziata molto prima, è iniziata la mattina con
le “zone rosse” nelle stazioni. Mentre per i partiti strada libera sui
binari e pullman semigratuiti – garantiti dalla spesa pubblica (i
famosi costi della politica!) – centinaia di celerini hanno bloccato le
stazioni di Milano, Padova, Mestre, Bologna, Ancona, Napoli. Ma il
blocco ha avuto vita breve, in centinaia abbiamo strappato il nostro
diritto di manifestare, la nostra libertà di movimento. Ci siamo
ripresi le stazioni conquistando “dal basso” un treno speciale che ha
garantito, seppur in ritardo, l’arrivo di oltre mille di noi al corteo,
nello spezzone moltitudinario Push BUSH out. Come promesso non abbiamo
accettato divieti e l’autoriduzione di massa del biglietto è stata
accompagnata alla rottura di un dispositivo assai più pericoloso: la
delocalizzazione delle zone rosse; l’estensione dei meccanismi di
controllo.

È proprio di nuovo dispositivo di controllo e di una
sua pericolosissima diffusione che dobbiamo parlare se vogliamo
comprendere appieno l’interezza della manifestazione di ieri, anche dei
fatti accaduti mentre il corteo defluiva in piazza Navona. Il corteo di
ieri, infatti, è stato segnato da una dinamica di controllo poliziesco
senza precedenti. Non tanto un meccanismo brutale e fulmineo, quanto un
vero e proprio accerchiamento che, partito dalle stazioni la mattina
presto, si è protratto lungo tutto il corteo. Oltre 10.000 uomini,
celere disposta ovunque, contingenti sproporzionati per numero e sempre
pronti, in assetto antisommossa. Qualcosa di molto simile alle pratiche
di controllo delle metropoli europee: deterrenza del numero,
disposizione soffocante, perquisizioni preventive, una permanente
sensazione di assedio e di accerchiamento. Rompere questo
accerchiamento significa aprire la possibilità del conflitto, affermare
che le città non sono prigioni e che le manifestazioni di dissenso
hanno bisogni di spazio per esprimersi. Ieri a Roma c’era un criminale
di guerra e una manifestazione straordinaria posta sotto assedio da un
dispositivo di controllo asfissiante, la rabbia è esplosa anche e
soprattutto di fronte a questo dato. Chi parla d’altro, semplicemente
non era al corteo.

Stesso copione al termine del corteo, con la piazza
completamente accerchiata mentre andavano via i camion, ma,
soprattutto, alla stazione Tiburtina. Almeno trecento celerini a
controllo della stazione per impedire la partenza dei treni. Di nuovo
le condizioni provocatorie di Trenitalia (quanto insopportabili questi
mediocri ex-funzionari pubblici, di un’impresa pubblica piena di
debiti, che adesso si atteggiano a capitani coraggiosi del
neoliberismo, provocatori!), di nuovo i controlli all’entrata e il
blocco dell’intera stazione. Oltre un migliaio di manifestanti hanno
chiesto di partire, la pazienza, dopo oltre due ore, è andata perduta e
ancora il conflitto radicale ha conquistato i treni speciali.

Una giornata molto lunga, al termine di una settimana
ancora più lunga, una settimana dove il movimento ha ripreso a
camminare contro il governo abusivo del mondo, contro la guerra
unilaterale di Bush, contro la guerra nella sua dimensione
multilaterale. Un cammino che ha la qualità di un esodo, oltre e contro
la rappresentanza e la caricatura “riformista”. Un cammino ricco delle
esperienze del No Dal Molin e del No Tav, delle straordinarie
insorgenze che hanno messo in crisi le ambiguità del governo “amico”
ponendo il problema della decisione comune sui territori. Una decisione
che non può essere compressa nei meccanismi della rappresentanza, che
sfida continuamente l’arbitrio del comando, con pratiche diverse e
intelligenti, mettendo in gioco i propri corpi e il proprio desiderio
di libertà. Cosa significa oggi ribellarsi se non esprimere la propria
vita come libertà, in strada come nei propri territori, di fronte al
blocco delle stazioni o di fronte alle ruspe che vogliono imporre ciò
che nessuno vuole, contro i Cpt e le deportazioni del presente? La
crisi della politica inizia da qui, non altrove, la crisi della
politica, in verità, è l’incomprimibile desiderio di libertà dei
movimenti.

Un nuovo ciclo, dunque, articolato e complesso, che
tiene assieme cose diverse, che della differenza riprende a fare punto
di forza e non di debolezza.

La polizia ha operato degli arresti, e sono in arrivo
centinaia di procedimenti penali per gli attivisti che hanno
conquistato i treni. Battersi per la liberazione di tutti e contro
l’accanimento giudiziario, è naturale e giusto. I crimini veri, quelli
contro l’umanità, li compie chi il 9 giugno ha ricevuto grandi elogi e
festeggiamenti dal governo italiano.



Push BUSH out



Global Meeting Network (Esc, atelier occupato – Roma,
Astra19 – Roma, cso Pedro – Padova, CopyRiot Café – Padova, cso Rivolta
– Marghera, cso Morion – Venezia, capannone sociale – Vicenza, s.o.a.
Arcadia – Schio, cantieri di montecioRock – Vicenza, ubik lab –
Treviso, cso bruno – Trento, rete studenti – Trento, cso Crocevia
Alessandria, csoa Gabrio - Torino, cso Terra di nessuno – Genova, cso
Cantiere – Milano, Casa loca – Milano, cs Tpo – Bologna, lab.occ. paz –
Rimini, cs Fuoricontrollo – Monselice, s.p.a.m. – parma, lab. aq16 –
reggio emilia, rete degli spazi sociali – Venezia giulia, Lab.
Insurgencia – Napoli, Lab. Diana – Salerno, Movimento antagonista
toscano, Ass. Difesa lavoratori, tutte le sedi di YaBasta, Metropolis
café – Verona); Comunità resistenti – Marche