Lettera aperta di Franco Turigliatto



Perché ho deciso di continuare l'attività in Senato

Questa lettera per spiegare le ragioni per cui ho deciso di accettare la
richiesta emersa dalla grande assemblea di Sinistra Critica di Domenica 15
aprile a Roma di ritirare le dimissioni da senatore che avevo rassegnato il
21 febbraio scorso. Com'è noto, la mia decisione, annunciata prima del voto
sulla relazione  del Ministro Massimo D'Alema e confermata per iscritto
immediatamente  dopo le votazioni a cui non ho preso parte, indicava la mia
volontà di  rimettere nelle mani del Gruppo PRC-SE e del mio partito il
mandato,  come gesto di correttezza di fronte a un dissenso forte sulla
politica  estera del Governo che Rifondazione Comunista aveva deciso al
contrario  di sostenere.
La riunione del Gruppo parlamentare, convocata il 22  febbraio, decideva la
mia espulsione dal Gruppo stesso, mentre quella  della Direzione nazionale
del PRC, convocata il 23 febbraio, decideva  il mio deferimento al Collegio
nazionale di garanzia con l'indicazione  di procedere all'espulsione anche
dal partito (sanzione somministrata  la settimana successiva).
Molte conferenze provinciali del PRC, tra cui  quella che si riferisce al
mio collegio elettorale, hanno respinto il  provvedimento e chiesto alle
istanze preposte di rivedere la decisione.  Ho atteso che la Conferenza
nazionale del partito si pronunciasse in  merito, ma nessuna modifica
dell'atto di espulsione è stata neppure  presa il considerazione.
Il mio gesto di disponibilità a lasciare il  seggio ad altro esponente del
partito per continuare la mia battaglia  politica in altre istanze del PRC
non ha trovato alcuna disponibilità  da parte del gruppo dirigente del PRC.
 Nello stesso tempo ho invece  incontrato, in queste settimane, una
significativa e diffusa  sensibilità politica, sicuramente inaspettata
nella sua dimensione, la  richiesta da parte di tante e tanti di continuare
il lavoro  parlamentare per testimoniare, anche in quella sede, di una
posizione  di alternativa anticapitalista, ma soprattutto di dare un po' di
voce  alle rivendicazioni dei movimenti di massa e alle ragioni dei loro
 protagonisti. E' quanto mi è stato chiesto di fare nelle tante, decine  e
decine di assemblee, che ho svolto, nelle molte migliaia di lettere  che ho
ricevuto a sostegno e infine nella pressante assemblea della mia  area
politica.
Mi sento quindi in dovere di continuare la battaglia  politica intrapresa
all'interno del Senato della Repubblica, portando  quelle sensibilità
politiche che si esprimono in tanta parte del Paese  e che troverebbero
certamente minore possibilità di essere  rappresentate a livello
parlamentare se avessi mantenuto le mie  dimissioni. Non credo che sia
facile e mi auguro che vogliano farlo  anche altre senatrici e senatori
alla luce dei fatti concreti che si  svolgono sia nello scacchiere
internazionale, in primo luogo la guerra  in Afghanistan, che nel nostro
paese, a partire dalle decisive  questioni sociali lotta alla precarietà,
difesa delle pensioni,  risarcimento sociale e salariale, sicurezza sul
lavoro, diritti delle  lavoratrici e dei lavoratori, difesa dei territori e
del futuro delle  popolazioni di fronte allo scempio delle grandi opere. Ma
intendo  impegnarmi anche su un altro terreno: quello dei cosiddetti costi
della  politica, cioè dei privilegi inaccettabili che sono garantiti ai
 parlamentari e agli eletti nelle istituzioni. Oggi questi privilegi
 scavano sempre più un solco incolmabile tra gli istituzionali e le
 cittadine e i cittadini, costituiscono un'ingiustizia inaccettabile e
 alimentano un ceto politico insensibile alle istanze dei movimenti
 sociali e alle legittime richieste delle elettrici e degli elettori.
 Questi privilegi inoltre sono ancor più inaccettabili, perché
 contemporaneamente salari, stipendi e pensioni subiscono da anni un
 progressivo deterioramento, senza che il Parlamento abbia finora  espresso
una seria volontà di intervenire per rovesciare questa  tendenza.
Non è un problema solo individuale. Io prima di essere  espulso dal partito
versavo il 55% di tutti gli emolumenti che un  senatore riceve al mio
partito e mi impegnavo per altri importanti  contributi a strutture di base
e di movimento e alle riviste di  dibattito politico.
Naturalmente questo complessivo impegno economico  sarà da me mantenuto per
aiutare e sostenere coloro che fanno attività  politica e sociale nei
territori, nei quartieri, sui luoghi di lavoro,  e naturalmente a sostenere
l'attività sociale e politica della  Associazione Sinistra Critica che
insieme a tante altre e altri stiamo  costruendo.
Ci troviamo però di fronte a un problema collettivo,  servono nuove leggi
che riducano drasticamente questi privilegi; la  politica non può essere il
luogo della ascesa individuale e personale.  Occorre ristabilire un
rapporto corretto tra le retribuzioni degli  istituzionali (che dovrebbero
essere i rappresentanti e al servizio del  popolo) e quelle dei normali
cittadini, delle lavoratrici e dei  lavoratori. La forbice, che si aperta a
dismisura, deve essere  drasticamente contenuta.
Proverò anche su questo terreno ad aprire una  battaglia politica, forse in
controtendenza in questo ambiente, ma  certo assai ben compresa dalla
maggioranza delle persone.

Franco Turigliatto